di Michele Galoppini
La seconda giornata comincia con due constatazioni. Ieri avevo parlato del caldo che aveva accompagnato l’intera giornata di gioco, ebbene oggi devo parlare del fatto che fa ancora più caldo. In aggiunta, la solita “adorata” umidità rende il tutto meno sopportabile, di conseguenza corro a prendermi un posto all’ombra, sperando di poterlo mantenere per tutta la giornata. Secondariamente, ieri ero stato piacevolmente stupito dalla quantità di parcheggi a disposizione, attorno alla fortezza bresciana, ma quest’oggi, col ritorno al lavoro dei bresciani, è stata tutt’altra storia. Con tanta tanta pazienza ed un po’ di doti nelle manovre sono riuscito a ritagliarmi un piccolo, minuscolo spazio ed a correre al circolo, già in ritardo a causa del piccolo disguido.
La prima curiosità di giornata riguarda l’ordine di gioco. Ieri, camminando in lungo ed in largo per il Tennis Forza e Costanza, mi ero imbattuto in una conversazione in cui la presidente del Circolo, Anna Capuzzi Beltrami, sosteneva che avrebbe fatto in modo, ovviamente scherzando, che oggi, durante il match tra Nadal e Djokovic valevole per i quarti di finale del Roland Garros, non ci sarebbero stati match in campo qui a Brescia. Evidentemente la stessa battuta è stata fatta al supervisor, che in qualche modo è stato convinto: guardando l’ordine di gioco, è facile immaginare una pausa in concomitanza col big match parigino.
Tornando al tennis giocato, è Romina Oprandi contro Renata Voracova il primo match che mi accingo a seguire, un po’ perché sul campo centrale e quindi con più spazi all’ombra per il pubblico, ed un po’ perché ricordo bene lo stile di gioco dell’italo-svizzera e soprattutto il tennis vecchio stampo, che a me piace particolarmente, della ceca. È la Oprandi la prima a prendere un deciso vantaggio, portandosi sul 5-2 con doppio break, ma è poi la Voracova a prendere fiducia nei suoi colpi e soprattutto a prendere campo per spostarsi spesso a rete dove è risultata praticamente infallibile, sia con le volée che con gli smash. Sotto 5-6 la Oprandi ha finalmente tenuto il servizio, sebbene visibilmente infastidita dalla situazione. Il fastidio si è poi evoluto in una babele di lamentele in differenti lingue (quantomeno italiano e tedesco, con certezza), a causa di un punto, che lei aveva praticamente quasi vinto, fatto rigiocare a causa di un movimento del raccattapalle, di cui peraltro nessuno aveva avuto cura e che nessuno, giocatrici comprese, aveva notato.
Dopo uno sfogo con il giudice di sedia, la Oprandi ha decisamente alzato l’asticella del suo livello per i successivi punti, e poi chiuso 7-6(5). Il secondo set è poi stato pura formalità: ci ho messo pochi minuti a comprarmi il pranzo, ed in un lampo la svizzera era già sul 4-0! Di lì a poco il match è stato chiuso per 7-6 6-1, con la Oprandi visibilmente contenta e soddisfatta del suo match e del suo torneo finora, come lei stessa mi ha poi detto. La spalla ancora fa male ma lei vuole giocare, ed i risultati sembrano già arrivare.
Dopo la breve intervista post match con la Oprandi mi riporto sul centrale perché, mentre la Vogt sta giocando l’ennesima maratona sul campo 1, sta per cominciare il match tra Katarzyna Piter (la cui pronuncia del giudice di sedia temo sia errata – e comunque mai pareggerà Margalita Chaknashvili che va dall’arbitro a dire che non si chiama Margarita, il noto cocktail, due anni fa) e Vitalia Diatchenko. Nella giornata di ieri la numero 1 del seeding russa non mi aveva fatto una buona impressione, nemmeno fuori dal campo, intenta anche con il sottoscritto ad atteggiamenti un po’ troppo da diva. Nella giornata di oggi le cose non cambiano: dopo 4 game la Diatchenko aveva almeno già segnato 15 errori non forzati, scagliato vari urli e varie lamentele, alle quali facevano seguito gli urli del coach ed i chiari e numerosi tentativi di coaching non ammesso. Basti pensare che mentre l’arbitro faceva notare la cosa alla russa, questa parlava con il proprio coach. Non c’è bisogno di aggiungere altro. Abbandono lo spettacolo di basso livello, decido di passare al campo 3, dove c’è Georgia Brescia ed un match di tutt’altra caratura.
Chiedo ad una signora del pubblico, intenta a tifare con furore la giovane azzurra, l’andamento del match: sembra che Georgia fosse avanti 3-1 prima di subire un’ottima rimonta dalla quasi top100 Rogowska, avanti ora sul 5-3 nel momento in cui arrivo. Forse le avrò portato un po’ di fortuna, ma un gran momento di tennis, addobbato da ottimi scambi vinti dall’azzurra, le permette di recuperare lo svantaggio, salire 6-5 e poi salvarsi al tiebreak, vinto per 7-4. Uno scambio merita di essere indicato: in un punto vinto dalla Brescia, da parte sua ci sono stati 3 dropshot, 2 lob di cui uno conseguente ad una difesa impossibili, altre 2 difese molto toste e 2 attacchi angolati, prima che la Rogowska cedesse per disperazione.
La lotta continua a divertire il pubblico ed a tenere in equilibrio il punteggio fino al 3-2 senza break per la Brescia. Non accade nulla di particolare, ma la Rogowska comincia ora ad essere più incisiva ed a far sentire maggiormente la sua presenza in campo, sia in difesa sia in attacco, dove il dritto comincia finalmente a dare segni di vita. La differenza in classifica decide quindi di farsi sentire e di fatto il match finisce qui. L’australiana chiude il secondo parziale per 6-3 e poi domina il terzo, prima di cedere qualcosa verso la fine, quando l’azzurra tenta un timido recupero che le vale anche gli applausi del pubblico. Finisce l’avventura bresciana della Brescia (eh già) con il risultato di 6-7 6-3 6-2.
Nel frattempo non si erano certo placati gli schiamazzi provenienti dal campo centrale. Piter e Diatchenko se le danno di santa ragione, il giudice di sedia fa anche qualche macello con il punteggio, tanto che sembra sia stato anche chiamato il supervisor. Non vi so dire di più, perché il tutto viene dall’origliare in maniera molto spudorata una conversazione sotto il ristorante tra la russa e l’allenatore della Piter (discussione civilissima, non c’era nessun astio, era solo per spiegarsi a vicenda l’accaduto). Peraltro sempre più pubblico migrava verso il campo 3 con Rogowska e Brescia, tutti lamentosi dei disastri del campo centrale e degli eccessivi drammi, meno interessanti di un ottimo match giocato. E sempre nel frattempo arriva anche la prima vittoria di giornata per i colori azzurri: una convintissima Claudia Giovine distrugge Cindy Burger in due rapidi set e si conquista i quarti di finale del torneo e, a conti fatti a memoria, anche la top400 del ranking. È davvero contenta la pugliese, sia per come sta giocando sia per come riesce sempre, in questi giorni, a sfruttare le lacune delle avversarie. La testa è già proiettata in avanti, prima alla Sorribes Tormo che ha dichiarato di conoscere e sapere come battere, sia a Padova la prossima settimana, dove probabilmente potrebbe entrare direttamente nel MD visti gli ultimi ritiri.
La calura è dir poco asfissiante, il richiamo di un gelato bio degli stand dell’hospitality village e di una successiva acqua di cocco gelida è forte, ma prima devo e voglio concentrarmi un po’ su Jasmine Paolini, sconfitta oggi contro Sara Sorribes Tormo. La spagnola gioca un tennis davvero di ottimo livello ed assieme ad una ancora molto buona Jasmine dà vita ad un primo set molto divertente e di ottima qualità. Le accelerazioni di Jasmine e le grandi difese convertite in attacchi si scontrano contro le numerosissime variazioni della spagnola, dalla palla corta micidiale e dalle difese strenue. Il grande equilibrio si trascina fino al 5-5, quando poi un break è deleterio per l’azzurra, che poi cede di schianto nel secondo set. Come da conversazione con Tathiana Garbin, la Paolini ha sofferto in questi giorni e soffre tuttora di un problema ad una gamba; assolutamente niente di grave, ma decideranno in questi giorni se partecipare o meno a Padova, dove è entrata nel main draw proprio oggi. Peraltro, a fine match, bellissimo l’abbraccio con la Sorribes, evidentemente ottima amica. “Io e Jasmine siamo molto amiche, è stata un bella partita ed abbiamo giocato entrambe bene. Io dovevo respingere tutti i suoi colpi, che sono potenti e profondi e rispondere profondo, per evitare che mettesse i piedi in campo e mi facesse il punto” dichiara lei. Una Sorribes, anch’essa zoppicante per un problema alla caviglia che le dà poca noia, si concede volentieri ad un’intervista, chiedendo di poter parlare italiano. La lingua del Bel Paese è ben gestita ed a fine match ha voluto vantarsi della cosa con una Caregaro sorridente, a breve in campo contro la Kucova.
Rispetto al suo tennis ed al suo futuro, la spagnola dichiara: “Sicuramente la palla corta è uno dei miei colpi preferiti ed è un colpo che mi esce anche molto bene, ma anche le volée, i tagli, in generale le variazioni. È un gioco un po’ atipico ma ho sempre giocato così e mi piace giocare così. Non ho specifici obiettivi di classifica e non punto necessariamente a vincere i tornei. Quel che conta ora è migliorare ogni giorno e poi il resto arriverà. Penso a lavorare sodo. E poi mi piacerebbe ricalcare le orme di Sara Errani, per me è un idolo, l’ho vista più volte allenarsi a Valencia, ci siamo allenate assieme e ci ho anche giocato contro a Charleston. È stata un’esperienza bellissima per me ed ho anche imparato molto in quella partita. Lei è semplicemente la migliore.”
Come in tanti stanno facendo oltre a me, mi prendo una sedia nel ristorante, vicino ad una presa elettrica per ridare un po’ vita alla mia tecnologia, che mi accompagna in maniera fastidiosamente pesante durante tutta la giornata. Domani chiederò certamente al direttore Paris un posto sicuro dove abbandonare almeno il pc… L’appuntamento al ristorante si chiama Djokovic vs Nadal, di cui mi interessa relativamente poco (forza Djokovic, solo perché, perdonatemi, sono abbastanza annoiato dal Nadal dentro e fuori dal campo), ma oltre al big match comincio a scrivere questo pezzo ed a sbobinare qualche breve intervista fatta in giornata, per evitare di far tutto stasera sul tardi in condizioni pietose.
C’è anche Stephanie Vogt al bar, che si lancia in una gag con la cameriera e l’allenatore: mentre si mangia una fetta di torta grande come un mio braccio fa cenno alla cameriera di voler pagare, mandando avanti il suo allenatore. Al sorriso della cameriera, pronta a citare la tipica situazione in cui è l’uomo ad offrire, lei vuole specificare: “No no! My money! He’s paying with my money…” scatenando le risate di coloro che riescono a sentire la breve conversazione. Beh, la fetta gigante di torta è più che meritata; anche oggi la Vogt ha vinto una maratona, per 6-7 6-4 6-4. Avanti così e sarà stanca per il resto della stagione…
E così è venuto il momento del match finale di giornata, tra Caregaro e Kucova. Mi siedo di nuovo accanto alla madre di Martina, con cui scambio qualche piacevole parole e, durante il match, anche qualche valutazione tecnica e soprattutto non tecnica. Poco da dire sull’andamento della partita: la Kucova è stata solidissima da fondo campo ed ha spesso girato gli scambi dalla difesa all’attacco; al contrario la Caregaro ha segnato troppi errori, nonostante i numerosissimi vincenti. Nell’equilibrio del match, la slovacca ha però sempre dato l’impressione di poter, a fine match, alzare le braccia al cielo. In una guerra di vincenti e linee spolverate negli ultimi game, la Kucova poi chiude 6-4 6-4.
Tempo di correre a casa e soprattutto di farmi una doccia, che sono letteralmente disciolto.
Trovate le dichiarazioni post match di Romina Oprandi e Claudia Giovine nei link inseriti.
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