La pioggia, caduta copiosa nella notte milanese, sembra concedere una tregua nelle prime ore del mattino.
Telefono alla segreteria del torneo e mi informano che alcuni match sono stati trasferiti presso il Tennis Club Giussano, che evidentemente dispone di campi indoor, ad una trentina di chilometri a nord di Milano e che, qualora non re-iniziasse a piovere, entro un oretta alcuni campi potrebbero essere praticabili.
Quando riesco a collegarmi con il live-score sono iniziate le prime partite e così, appena riesco a liberarmi, faccio una capatina al circolo che dista solo cinque fermate di autobus dal mio luogo di lavoro per scoprire che si sta giocando da un po’ di tempo, se Kolodzejova (CZE – ‘97- tds 9) sta stringendo la mano a Torelli ed il tabellone indica un impietoso 60 61.
Quando più tardi saluterò il simpatico babbo di Beatrice in procinto di far ritorno a casa, mi dirà che oggi la ragazza ha giocato piuttosto male, ma che anche in caso contrario ci sarebbe stato poco da fare contro una ragazza che giudica già pronta per il piano superiore.
Seppur giustamente amareggiata per lo score pesante, Bea è comunque soddisfatta del suo torneo e del fatto che è in procinto di partire per Parigi dove per la prima volta prenderà parte ad un torneo dello Slam.
Attualmente è fuori di qualche posto dal main draw e quindi giocherà probabilmente il tabellone di qualificazioni, come anche Samsonova, mentre Bianca Turati sarà l’unica azzurra che godrà dell’accesso diretto. Mi sembra un bellissimo modo di chiudere (probabilmente dopo Wimbledon) la sua esperienza junior e penso che debba costituire motivo di soddisfazione il fatto che, delle tante che sono partite, soltanto queste tre ragazze possano godere di questo privilegio e di questa soddisfazione.
La Kolodzejova proseguirà il suo torneo disputando domani un incontro di ottavi di finale che promette di essere il più interessante dell’intero programma. Affronterà infatti la russa Maria Paigina (’99), che mi ha fortemente impressionato fin da quando ho avuto di osservarla in una partita di qualificazioni per le quali ha “misteriosamente” e giustamente ottenuto una wild card, in considerazione del fatto che non ha classifica junior, ma che ha già al suo attivo due vittorie in tornei ITF 10000, uno in in Kazakistan e l’altro in Israele, ottenute entrambe prima di aver compiuto sedici anni. Se ci fosse un picchetto, ad una quota discreta, ci butterei più di qualche euro.
Fisicamente è impressionante: con una persona cercavamo di valutarne l’altezza e la disputa era se superasse o meno il metro e novanta perché, all’incirca, siamo lì. Ma il fatto eclatante è che la statura è distribuita su un corpo armonico e non le preclude, se non in minima parte, una facilità di spostamenti come raramente si vede. Credo che potrebbe eccellere in qualsiasi sport in cui avesse deciso di applicarsi, potrebbe diventare una pallavolista di livello assoluto con una certa facilità, oppure una decatleta.
Evidentemente ha scelto il tennis e, mi voglio sbilanciare, sarà un crack a breve termine, di una tipologia di atleta che non abbiamo mai ammirato nel nostro sport, una sorta di Lebron James per lo strapotere fisico che riuscirà ad imporre tra qualche anno, tenendo conto del fatto che ci sono margini di miglioramento in molti aspetti. Non è detto che vinca il torneo, ma se dovessi indicarne una in proiezione futura, per quello che si può fare con delle ragazzine, prenderei questa.
Negli incontri svoltisi altrove devo segnalare la vittoria per 60 60 della testa di serie più alta rimasta in classifica, Vondrousova, un’altra rappresentante della Repubblica Ceca (’99, tds 2) e la bella conferma della “Pierona” che domani affronterà Bianca Turati nel match che catalizzerà l’interesse degli italiani e che promette di essere interessante soprattutto dal punto di vista tattico.
Parliamo di maschi perché ho una storia interessante.
Lo sconosciuto, come lo ho definito ieri, altoatesino Alexander Weis del ‘97 (un ragazzo che fino ad un mese fa non aveva giocato una sola partita in un torneo under 18 e, come ho più tardi appreso, neppure under 16 o under 14, limitando la sua attività agli Open nel suo ambito territoriale), dopo aver firmato per entrare nelle qualificazioni, averle superate senza perdere un set contro un rappresentante di Taipei, un boliviano ed un croato, aver battuto al primo turno l’australiano Delaney (ranking junior 45) con il punteggio di 62 61, stava affrontando il suo coetaneo e testa di serie 2 Taylor Fritz, per darvi un idea un giocatore che sei mesi fa ha vinto la Yucatan Cup battendo in finale in due facili set un certo Andrey Rublev (numero 1 junior, proprio quello che ha battuto Verdasco a Barcellona, che ha avuto wild card a Roma Garden, il vincitore del Roland Garros Junior e di cui qualcuno ipotizza possa addirittura diventare top 10), che è a sua volta il terzo giocatore junior del mondo al momento.
E, quel che è ancora più clamoroso, se la sta giocando: se non fosse per i colpi di inizio gioco (servizio, ma ancor più risposta), quando lo scambio si svolge su più colpi ha spesso la meglio.
Così d’acchito, per “ricevermi”, si aggiudica un bellissimo e prolungato scambio con un rovescio lungolinea che mi lascia basito che peraltro ripete poco dopo lasciandomi intuire che è il suo colpo migliore.
C’è qualche federales a bordo campo e non posso non sentire Mosè Navarra esclamare ad alta voce rivolto al suo vicino: “ ma vi rendete conto che di questo ragazzo nessuno di noi sapeva l’esistenza?”.
Individuo quello che dovrebbe essere il suo maestro che incontro dopo il match al bar e gli chiedo se gli andrebbe di fare due chiacchiere per raccontare qualcosa del suo allievo ai lettori di spaziotennis.
“Molto volentieri”, mi risponde, aggiungendo che ci legge spesso: ho così modo di rivolgergli la domanda più ovvia; “ma questo, da dove salta fuori?”.
Ne esce una bella chiacchierata perché è proprio piacevole ed interessante il mio interlocutore a cui vorrei dedicare uno spazio maggiore in un pezzo riservato alla fine del torneo; per soddisfare la curiosità che immagino aver suscitato nei miei 10 lettori vi voglio però anticipare qualcosa, compreso che dopo averlo sentito parlare mezz’ora di tennis e non solo gli affiderei domattina mio figlio tennista se l’avessi, il mio circolo sempre se l’avessi e che da lui comprerei volentieri una macchina usata.
Innanzitutto la persona con la quale ho il piacere di conversare è il maestro Nicola Bruno, lodigiano che opera a Trento.
Apprendo dal web che è stato 169 ATP nel 1992 e buon doppista con tanti e diversi partner, da Pozzi a Santoro; in coppia con Massimo Ardinghi ha preso anche parte al torneo di doppio di Wimbledon vincendo qualche match.
Mi racconta che il ragazzo è arrivato da lui da poco più di sei mesi spontaneamente, che non ha approfondito più di tanto il pregresso come è solito fare soprattutto per evitare di giudicare e mettersi in competizione con dei colleghi, ma ha iniziato a lavorare dal punto in cui si trovava.
Concorda che la lacuna più evidente soni i colpi di inizio gioco e mi dà una motivazione sensata: al livello a cui ha finora giocato non erano necessari e quindi non si era mai applicato in questo senso.
Mi dice che comunque già intravede dei progressi sul servizio e che è felice che abbia fatto questa esperienza soprattutto perché serve a lui come maestro, ma anche al ragazzo, per valutare il livello attuale che anche lui fa fatica a giudicare dai solo allenamenti e dai tornei vicino a casa.
Alex è un ottimo ragazzo, di buona famiglia; la madre è insegnante e il padre un business man, insistono perché si applichi nello sport ritenendolo uno strumento educativo fondamentale. Gli hanno dato carta bianca con la condizione che termini la scuola superiore (frequenta il liceo sportivo che gli concede una certa autonomia) con buoni voti e sostenga l’anno prossimo l’esame di maturità. Poi sceglierà il ragazzo il cammino che ritiene.
Se gli chiedi che cosa vuole fare da grande ti risponde il tennista, anche se non ha un idea precisa di che cosa significhi. Per darvi un idea dell’ingenuità del ragazzo ha riferito al maestro che un signore argentino che lo conosceva gli ha fatto i complimenti . Era Infantino.
E stato il maestro che ha consigliato ad Alex, che non era convinto, di prender parte al torneo di Salsomaggiore dove il ragazzo ha voluto andar da solo in treno dicendo che male che fosse andata e non fosse potuto entrare ne avrebbe approfittato per studiare che non ha mai tempo.
Così come a Prato, ha vinto facile le quali e giocato due incontri di main draw ed ha, a questo punto e dal momento che si è divertito, voluto provare il Bonfiglio, dove il maestro era giunto solo oggi anche per incontrare le persone alle quali, un paio di mesi fa, aveva fatto una telefonata (prima ha pensato di lavorarci un po’) per segnalare che stava allenando un giovanotto interessante.
Alex ha un viso da bambino in un fisico decisamente aitante, frangetta anni 70, apparecchio ai denti ed è sempre sorridente. Si applica con molta serietà negli allenamenti. E gioca proprio bene a tennis. Senza nessuna pressione.
Che strani e diversi possono essere i percorsi in questo sport, mi viene da dire.
Nel campo accanto, una lunga maratona ha permesso a Bonacia di superare in rimonta un altro ragazzo uscito un po’ dal nulla proveniente dalla quali e dalla vittoria decisamente contropronostico con il forte russo Bublik (questi della tipologia alti, magri e servizio al fulmicotone). Giacomini è un furetto piccolo di statura, molto frenetico e velocissimo che ha sorpreso il più completo rivale con una partenza a razzo, ma poi la maggiore completezza di Bonacia ha avuto la meglio.
Perentoria affermazione di Pellegrino che ha messo il pilota automatico per superare con autorità il cileno Barrios Vera (tds 7).
Al momento (quando scrivo è circa mezzanotte), a Milano non piove da stamattina, ma le previsioni sono pessime. Sarebbe un peccato dover giocare fuori sede gli ottavi di finale che si preannunciano decisamente interessanti , con tre ragazzi, i due citati e Summaria, oltre alle due ragazze italiane ancora in gara.
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