da Roma, Alessandro Mastroluca
Per una volée, Fognini perse i quarti. E’ alla lunga decisiva la veronica tentata, e mancata, al secondo punto del tiebreak del terzo set. Anche se, dirà, “non è per colpa di quella volée che ho perso la partita”. L’azzurro esce comunque alla grande da una partita ripresa bene e giocata meglio dopo un primo set un po’ scarico contro un Berdych che niente ha regalato, diversamente dallo scontro a Montecarlo due anni fa. “Adesso la sconfitta brucia” spiega in conferenza stampa, “ma penso di non avere niente da rimproverarmi: ho dato tutto e ci ho provato fino alla fine. All’inizio del terzo set ho avuto qualche occasione, quando lui stava facendo un po’ più fatica al servizio anche se poi al tiebreak è con quello che si è salvato. Comunque esco da questo torneo a testa alta, ho trovato un gran feeling con questo straordinario pubblico che mi è stato vicino. Un anno fa non è stato così, avevano tante aspettative, volevano un Fognini che spaccasse il mondo. Io invece voglio un pubblico come quello di quest’anno, ho bisogno di questo tipo di pubblico. Ora vado avanti e arrivo a Parigi con grande voglia e determinazione”.
L’ha interpretata bene, la partita, Fognini, che ha dato sempre l’impressione di sapere esattamente cosa fare, di avere un piano tattico e strategico lucido, chiaro. Anche quando poi l’esecuzione, soprattutto nel primo set, non si è rivelata all’altezza delle intenzioni. In avvio, Fabio rimane un passo indietro di troppo, e qualche volta pure due, già dalla risposta. Perde il servizio al primo turno di battuta e manca tre palle dell’immediato controbreak: sulla prima piazza l’ace Berdych, e non sarà l’unica volta, sulla seconda Fabio può rimpiangere la risposta larga con Berdych che non ha messo in campo la prima. Il ceco, che salverà il game e vincerà tutti i tre game finiti ai vantaggi nel primo parziale, va in difficoltà quando deve abbassarsi sulle palle basse e centrali, e l’azzurro tende a vincere gli scambi lunghi. Riesce a prendere l’iniziativa, e spesso a costringere il ceco sulla difensiva, non appena comincia a mettere i piedi più vicini alla riga. Ma il ceco, che cancella un’altra palla break con l’ace al centro da sinistra, stampa il 6-3 in 43 minuti suggellato da un bel vincente di dritto.
Il pubblico non cede al pessimismo, al contrario gli incitamenti si fanno sempre più alti, più forti. Il Pietrangeli stracolmo trascina Fognini in un’atmosfera “caliente”, tra cori ritmati e “Po Po Po Po Po Po Po” che tanto ricordano la notte di Berlino 2006 (ricordo magari beneaugurante per chi a Berlino ci tornerà per prendersi la Champions League). Ma la magia del match con Dimitrov sembra ancora lontana, e i due rovesci scarichi che portano Berdych avanti subito di un break anche nel secondo set la allontanano ancora di più.
Serve un regalo per scuotere l’azzurro, e il regalo arriva. Da sopra la rete, Berdych affossa lo schiaffo più elementare, Fognini incarta e porta a casa il controbreak del 2-2. E’ l’inizio di un parziale show, 21 punti a 5, con incastonate due perle, il passante lungolinea del 2-2 30-0 e l’inside out di dritto per il 3-2 0-40 che scatenano i tifosi e fanno tremare il Pietrangeli. Fognini si carica, il pubblico si esalta, Berdych fuma rabbia, stanchezza e stupore e stecca la risposta sulla seconda che rimanda tutto al terzo set.
E l’inizio lascia ben sperare. Il ceco si incarta tre doppi falli nel game che si rivelerà il più lungo del match, 16 punti, ma Fognini manca due palle break, anche se solo sulla prima avrebbe potuto far qualcosa in più (arriva scarico su una palla bassa), sulla seconda sono decisamente maggiori i meriti di Berdych che forza, prende campo e toglie tempo all’azzurro. E’ una parentesi aperta e chiusa, però, nel contesto di un set che vede solo un altro game ai vantaggi, l’undicesim0, e una serie di turni di battuta piuttosto rapidi. Fognini, che serve sempre per secondo, apre l’ottavo game perdendo il primo punto (lob corto, smash potente e liberatorio) ma lo chiude con due servizi vincenti. E’ la reazione di chi sente di potercela fare, di chi va a servire la prima volta per allungare il match e si regala il suo punto più bello, una palla corta mascherata e tirata fuori di istinto e talento, di quelle che riescono solo a chi ha innato un senso per la palla e una spiccata propriocezione. Berdych però mette tutte le prime importanti nell’ultimo turno di battuta, prima che il “Juego Fognini” gridato a pieni polmoni dal sempre pittoresco Lahyani rimandi tutto al tiebreak.
L’azzurro gioca un gran punto in apertura, poi tutto si aggroviglia. La volée dorsale è una scelta anche giusta, sul secondo punto, ma finisce per comunicare il messaggio sbagliato all’avversario. Diventa la scelta di chi prova a strafare, una manifestazione di forza che serve a mascherare e finisce per rivelare sensazioni incerte. Così Berdych perde solo un altro punto, esagera a caricare sullo sventaglio di dritto con la palla alta. Il resto è un garbage time, è un parziale di cinque punti a zero per il ceco, che si prepara così a sfidare Federer per la ventesima volta. Lo svizzero ne ha vinte 13, comprese tutte le tre che si sono giocate sulla terra.
A Fabio, resta comunque una settimana di grandi prestazioni e il ritorno in top-30. Una settimana di ottimismo in vista del Roland Garros. “Non vedo l’ora di giocare a Parigi” conclude, “lì ho sempre fatto bene anche per me giocare tre set su cinque può essere un vantaggio. Vado a casa un po’ amareggiato, è vero, ma questo è un Fognini di alto livello”.
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