Correva l’anno 1987 quando il Foro Italico è tornato ad ospitare le più grandi campionesse del tennis femminile dopo una pausa lunga diversi anni, da allora tutti i grandi nomi di questo sport hanno calcato la terra rossa romana, mentre i marmi ammiravano imperscrutabili le prodezze di eroi destinati ad entrare nella storia. Erano anni in cui l’Italia non era al vertice mondiale delle classifiche per nazioni e sembravano lontane le chance di vedere un’azzurra tra le prime 10 al mondo o sollevare un titolo dello slam, eppure nella cornice del Foro Italico, in 27 anni di tennis, sono state tante le azzurre ad esaltarsi, a trovare il miglior tennis, ad infiammare il pubblico con vittorie inaspettate, performance rimaste indelebili nelle memorie dei tifosi e che hanno portato alla crescita di un movimento, ispirando le nuove generazioni.
Ci sono voluti un paio d’anni, ma la prima azzurra ad infiammare il pubblico di Roma è stata Laura Golarsa, che nel 1990 si è resa protagonista di due match memorabili con cui ha battuto Nathalie Tauziat in due set, prima di arrendersi all’emergente ma già indomabile Jennifer Capriati al termine di una battaglia chiusasi al terzo set.
Due anni più tardi è stata Raffaella Reggi a rovesciare i pronostici dettati dalla classifica e dal nome della propria avversaria, piegando al termine di un incontro brutale Marie Pierce con il risultato di 7-6 (4) 5-7 6-0. Si sarebbe fermata al turno successivo la sua corsa, ma ‘Alea iacta est’ avrebbe detto un latino, perché il segnale dato era chiaro, anche le italiane possono farcela, possono combattere con le migliori al mondo e anche vincere.
Nel 1993 è stata una sola la vera stella degli Internazionali d’Italia: il suo nome era Maria Francesca Bentivoglio, sedicenne di Faenza numero 329 del mondo. Tra gli esperti era già data come una predestinata, perché poche a quell’età presentano un tennis del genere e i risultati tra le junior non facevano altro che confermarlo, quindi gli organizzatori le hanno dato una wild card per il tabellone di qualificazione. Quasi passeggiando contro avversarie dal ranking decisamente migliore, la Bentivoglio ha trovato l’accesso al tabellone principale, dove con il suo tennis, la sua determinazione e il suo coraggio ha scritto uno dei capitoli più memorabili della storia delle azzurre al Foro: con semplicità si è sbarazzata dell’avversaria di primo turno, una Manon Bollegraf che meno di un anno prima aveva raggiunto i quarti di finale sulla terra del Roland Garros. Al secondo turno l’impresa è stata di portata ancora maggiore, perché Jana Novotna era la numero 9 del mondo e in carriera vantava già una finale e una semifinale a livello slam. La ceca ha combattuto fino all’ultimo, con il caratteristico serve & volley, ma l’azzurra si è dimostrata superiore e più concreta nei momenti clou, tanto da chiudere 7-5 7-6(5).
La favola di questa ragazzina sprezzante di ogni gerarchia del tennis non si è arrestata lì, ma anzi, ha vissuto forse il suo capitolo più bello in un match in serale che ancora in molti oggi ricordano, una maratona di quasi tre ore conclusasi a mezzanotte inoltrata con l’azzurra ad alzare le mani al cielo dopo aver piegato 7-5 5-7 6-4 anche Natasha Zvereva, che sulla terra aveva raccolto l’unica finale slam in carriera. Nei quarti di finale la stanchezza e un’indomita Gabriela Sabatini hanno messo fine alla rincorsa della Bentivoglio con un perentorio doppio 6-1. Purtroppo della Bentivoglio questo è stato l’unico capitolo della sua favola nel tennis, perché, dopo un titolo junior raccolto alla fine di quell’estate agli US Open e un secondo turno al Roland Garros dell’anno successivo, la romagnola ha scelto di smettere di giocare per motivi personali legati allo stress e alle aspettative con cui non riusciva più a convivere, ma questa è un’altra storia…
L’anno successivo l’attenzione si è poi spostata dalla Romagna all’Emilia, perché un’altra ragazzina ha deciso di incantare il Foro Italico con un gioco ragionato e tattico, seppur poco ortodosso nell’epoca dei rovesci ad una mano, perché adoperato con dritto e rovescio bimani. È la volta di Adriana Serra Zanetti, allora una diciottenne alle prime apparizioni internazionali, tanto da essere arrivata al tabellone principale passando attraverso le qualificazioni. Dopo un primo turno vinto sull’austriaca Sandra Dopfer, Adriana mise a segno due vittorie che avrebbe poi fatto fatica ad eguagliare in carriera, la prima contro Anke Huber, numero 11 del mondo e quarta favorita del seeding. “Giocammo sul centrale, persi facilmente il primo set ma poi ho rapidamente preso fiducia, aiutata dal pubblico. Ricordo che le feci un sacco di smorzate, furono un po’ la chiave del match. La cosa fu sottolineata anche da Giampiero Galeazzi in telecronaca”. Al terzo turno è poi giunta la difficile conferma, perché Brenda Schultz-McCarthy, numero 27 WTA, serviva costantemente oltre i 200 km/h. “C’era grande tensione perché dopo la vittoria contro la Huber tutti si aspettavano una conferma. Fu una buona partita, sono riuscita a esprimere il mio miglior livello. Fu una vera e propria sfida tra Davide e Golia, ricordo soprattutto la stretta di mano, quando mi trovai davanti un donnone alto quasi 30 centimetri più di me.” Ancora una volta furono i quarti fatali per l’azzurra, sconfitta dalla qualificata Habsudova.
Seguirono poi anni in sordina per le azzurre del tennis, onorevoli comparsate di molte che però faticarono a lasciare il segno, esclusion fatta per Francesca Lubiani, che nel ’97 ha eliminato nuovamente Anke Huber, lasciandole solamente quattro giochi. Nel 2000 invece è un’altra wild card a tenere il pubblico di Roma con il fiato sospeso. Giocatrice potente, ma dal potenziale prima di allora mai espresso, Giulia Casoni ha approfittato anche di un pizzico di fortuna per approdare ai quarti di finale degli Internazionali, perché favorita dal ritiro di Lindsay Davenport prima del terzo turno con l’azzurra, ma per giungere fino a quel punto questa aveva battuto Maureen Drake in tre set in rimonta 3-6 7-5 6-4 e poi demolito la numero 15 del mondo Dominique Van Roost 7-6(6) 6-0. Non riuscì l’impresa ai quarti, seppur di poco, alla Casoni, arresasi all’americana Corinna Morariu 3-6 6-4 7-5.
Nel 2001 Francesca Schiavone aveva 21 anni e per accedere al tabellone principale degli Internazionali d’Italia aveva dovuto passare le qualificazioni. Come in un film già visto molte volte, l’azzurra ha lottato ed incantato trovando il primo quarto di finale a Roma piegando Magdalena Maleeva al tiebreak del terzo set e poi liquidando Nadia Petrova prima di arrendersi a Conchita Martinez.
Tre anni più tardi, i segnali che il tennis azzurro al femminile stava arrivando ad una stagione come ma prima si era vista erano nell’aria, la Schiavone ha raggiunto il secondo quarto di finale sui campi del Foro Italico, sconfitta solamente dalla sua nemesi Vera Zvonareva. Mentre Silvia Farina batteva un’emergente Maria Sharapova, che da lì a breve avrebbe vinto il primo slam in carriera, e per poco poi non aveva la meglio di Amelie Mauresmo, vittoriosa solamente 7-5 al terzo set e poi incoronata campionessa del torneo. Nello stesso torneo si palesa anche la stella di una giovane brindisina, Flavia Pennetta, per la prima volta veramente competitiva con le grandi. È sul Pallacorda che ha ribaltato le sorti di un match dove per un set è stata demolita dalla potenza di Nadija Petrova, numero 6 del mondo. “Il secondo set inizia allo stesso modo,” ha raccontato nella sua biografia Dritto al cuore. “Finché, sul 3-1, non mi viene in mente una cosa: non voglio fermarmi al secondo turno e l’unica persona che può fare qualcosa per evitarlo sono io. […] Il pubblico prende vita. Non mi è mai successo di sentirmi in uno stadio: oggi sì. Il Pallacorda straborda e fanno tutti il fifo per me: applaudono, urlano il mio nome, si alzano in piedi ad ogni punto.” Per me quello fu il primo match che vidi, ma molti si innamorarono della pugliese che con grandi difese, coraggio e una presuntuosa tattica di palle corte e passanti chiuse il match 1-6 7-6 6-4.
Nel 2005 si rivide un film già visto, con Silvia Farina sconfitta, questa volta quasi agilmente, dalla futura vincitrice Amelie Mauresmo, mentre Francesca Schiavone si è fermata nuovamente ai quarti e nuovamente per mano della sua bestia nera Zvonareva, nonostante aver battuto la numero quattro del mondo Serena Williams al secondo turno con uno spettacolare 7-6 6-1. Sarebbe stata l’ultima apparizione della milanese tra le migliori 8 del torneo romano, ma la storia d’amore tra lei e il rosso sarebbe andata oltre, scrivendo forse la pagina più bella del tennis azzurro in tempi recenti con la vittoria del Roland Garros.
L’anno successivo altre due ragazze sono giunte ai quarti di finale, ma ancora una volta senza che quel muro venisse abbattuto. Aiutata da un tabellone liberatosi dal ritiro della numero uno del mondo Amelie Mauresmo, Flavia Pennetta ha catturato il primo quarto di finale a Roma uscendo vittoriosa da match di carattere contro avversarie ostiche ma non irresistibili, salvo arrendersi a Martina Hingis, fresca di ritorno alle competizioni dopo il ritiro di qualche anno precedente. La favola della settimana è però targata Ticino, perché, proveniente dalle qualificazioni, Romina Oprandi ha dato vita ad una storia simile a quella delle già citate Serra Zanetti e Bentivoglio. A colpi di palle corte, discese a rete ed accelerazioni improvvise, la giocatrice ad oggi tornata sotto i colori della svizzera aveva letteralmente stregato il pubblico romano e annichilito avversarie come Sam Stosur e Vera Zvonareva, a cui in terzo turno ha lasciato solo un gioco. Ma nemmeno la ticinese è riuscita a sfatare il tabù dei quarti di finale, uscendo sconfitta da una maratona contro Svetlana Kuznetsova, chiusasi 6-4 5-7 7-6(4) per la russa.
Si susseguirono anni di grande tennis e grandi sorprese sui campi più prestigiosi d’Italia, ma mancarono gli acuti delle giocatrici di casa, fino ad arrivare al 2012. Flavia Pennetta era una giocatrice completamente diversa da quella del match contro la Petrova di otto anni addietro. Lei ha rotto la maledizione della top 10, diventando la prima italiana di sempre ad essere classificata tra le prime dieci del mondo, non c’è più Carlos Moya nel suo box e al rientro dall’ennesimo problema fisico era lanciata verso una sfida personale e contro il destino. Privata di una testa di serie da un ranking a lei non consono, ha battuto Maria Kirilenko al primo turno e poi spazzato via anche Sloane Stephens e Petra Cetkovska, giocando il suo miglior tennis, tanto che sembrava un’ottima occasione per battere Serena Williams ai quarti e finalmente rompere la maledizione delle azzurre in quel turno. L’americana infatti non era in condizione ottimale, tanto che non era nemmeno certa la sua partecipazione all’incontro. Le bastarono però tre punti per capire che avrebbe vinto quell’incontro, perché il polso della brindisina ha ceduto di schianto costringendola al ritiro e poi ad un lungo periodo di convalescenza.
Lo scorso anno è stata finalmente la luce infondo al tunnel, perché Sara Errani, dopo le imprese sui campi di Parigi, ha finalmente rotto l’incantesimo e portato un’azzurra più in là dei quarti di finale, portandosi fino alla finale, purtroppo segnata da un infortunio e poi persa da Serena Williams. La cavalcata dell’azzurra è stata trionfale fino ad un passo dalla fine, perché per giungere all’ultimo atto ha dovuto piegare giocatrici come Ekaterina Makarova, Li Na e Jelena Jankovic, giocando un tennis tatticamente ineccepibile, quel tennis da terra rossa che sempre più sta scomparendo nelle alte fasce del tennis femminile.
Così, a pochi giorni dall’inizio degli Internazionali BNL d’Italia, questa è la storia dell’imprese delle nostre giocatrici, di come l’aria di Roma le abbia ispirate a compiere forse anche il meglio delle loro carriere e di come con le loro vittorie abbiano ispirato le generazioni future, in una crescita che speriamo un giorno possa portare un’italiana ad alzare il trofeo della vincitrice davanti ad un sempre pieno pubblico Foro Italico. Chissà, magari già una delle giovani WC potrebbe emulare i tanti precedenti di cui vi abbiamo appena raccontato, d’altro canto, alla storia piace ripetersi…
Leggi anche:
- None Found