Gli stop per problemi fisici sono spesso molto difficili da assimilare per il corpo e la mente di un giocatore. Alcuni atleti riescono a porsi immediatamente certi guai alle spalle, mentre per altri, che proprio con le spalle hanno avuto seri problemi, il ritorno ai livelli pre-infortunio o pre-operazione non è affatto semplice. In questo senso la storia di Maria Sharapova insegna che le spalle, a maggior ragione per un tennista, sono più che delicate e quindi ci vogliono cure e anni prima che la fiducia nel giocare i propri colpi come un tempo sia ritrovata; il servizio in particolare è affetto dai lunghi stop e dai dolori accumulatisi nel tempo ed esso induce nella testa degli atleti dubbi per quanto riguarda l’intero gioco. Alla russa più famosa di sempre del mondo della racchetta e non solo servirono due anni di “assestamento” dopo il ritorno alle competizioni nel 2009 per ritrovare appieno il proprio gioco e con esso una classifica simile a quella prima del lungo stop, ma per la connazionale Vera Zvonareva i problemi da risolvere sembrano essere ancora parecchi.
La moscovita è stata costretta a fermarsi una prima volta nel 2012, salvo tornare in tempo per giocare i due Wimbledon di quell’anno (torneo classico ed Olimpiadi); in seguito alla manifestazione dei cinque cerchi però è stata nuovamente costretta a rimanere ai box fino ad inizio 2014 in seguito alle varie operazioni subìte alla spalla destra. Il 2014 però non è stato l’anno del suo auspicato rientro nel tennis che contano: 5 tornei appena (Shenzhen, Melbourne, Pattaya, Indian Wells e Wimbledon), un bilancio tutt’altro che esaltante di 3 vittorie e 5 sconfitte e un fisico che faticava a riassestarsi sui ritmi frenetici del tennis di vertice. Il riacutizzarsi di problemi fisici e una fiducia ridotta ai minimi termini l’hanno convinta a fermarsi ed allenare il proprio fisico e la propria mente fino ad inizio 2015. Non deve essere facile per una ex Top Ten vedersi rilegata su campi secondari, alla ricerca di un livello che a 31 anni potrebbe non essere più nelle sue corde, specialmente se si ha una psiche complicata come quella di Vera: molti anni nel tennis di alto livello sono serviti affinché il suo nome fosse accostato più volentieri e frequentemente ad un numero 2 WTA e finialista Slam piuttosto che alla tennista piagnona e psicolabile del passato, nomea che l’ha accompagnata per una lunga parte della sua carriera.
Il 2015 è, ad oggi, decisamente più positivo rispetto al 2014 ma non ci ha ancora riconsegnato la Vera dei bei tempi: i quarti a Shenzhen, Pattaya e il secondo turno all’Australian Open (terminato con una onorevole sconfitta di fronte alla futura campionessa Serena Williams) sembrano rappresentare un buon viatico per un ritorno almeno tra le prime 100. Il tempo però passa, l’età avanza e la Zvonareva sembra non riuscire più a tenere il ritmo delle picchiatrici come Serena e a prolungare gli scambi “sporcandoli” utilizzando le sue traiettorie liftate che sono state alle base delle sue vittorie passate. La finalista di Wimbledon e Us Open 2010 sembra poter ancora dire la sua, a patto che il suo gioco torni ad essere fluido come un tempo e la mente non la porti ad inoltrarsi in pensieri eccessivamente negativi che possono definitivamente allontare i buoni propositi di un ritorno ad alto livello.
Il suo miglior tennis potrebbe valere ancora almeno le prime 20 e spesso, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo visto atlete raggiungere l’apice della loro carriera intorno ai 30 anni; non sappiamo quale sarà il futuro della Zvonareva, ma i fan dello sport della racchetta si augurano che la russa riesca a tornare su buoni livelli, perché il suo gioco e la sua personalità spumeggiante divertono sempre e rendono accattivanti i suoi match contro qualsiasi avversaria e su qualsiasi superficie.