di Federico Mariani
Per l’ennesimo appuntamento della rubrica “a tu per tu con…” abbiamo avuto l’onore di poter intervistare chi del giornalismo prestato al tennis ha fatto la storia. Rino Tommasi col suo mezzo secolo di esperienza è un’istituzione, un mostro sacro che ha saputo catechizzare generazioni di appassionati, di fatto un mito vivente. Rino accetta subito di essere intervistato con una disponibilità ed una gentilezza quasi disarmanti. Parlare con lui, ascoltare ed interagire con quella voce, peraltro immutata, che ha accompagnato migliaia di match, è un’esperienza unica, emozionante. Nella mezz’ora di amabile chiacchierata, Tommasi risponde a tutto spaziando a meraviglia tra passato e presente, raccontandoci le sue opinioni sul tennis moderno, sugli italiani, su Federer, Nadal e Djokovic, fino a parlare del giornalismo. L’età non ha sedato la fame di sapere e la voglia di tennis. Oggi, come ieri, Tommasi è tremendamente informato ed attuale.
Partiamo dal tennis italiano. “Il movimento è in salute” viene ormai ripetuto come un ritornello dalla Federazione. Qual è il suo pensiero sul tennis azzurro? E’ veramente in salute?
In salute non credo. Abbiamo visto tempi migliori, come ne abbiamo visti anche di peggiori. Per cui, tutto sommato, siamo nella situazione che ci compete. Non ci dobbiamo illudere col doppio perché il doppio non interessa minimamente. Per quanto mi riguarda il tennis sta diventando sempre di più un gioco individuale e infatti i più forti giocatori del mondo giocano solo in singolare.
A tal proposito, crede che vi siano motivazioni ulteriori a quelle date da Vinci ed Errani sulla separazione?
E’ probabile. Io non vivo accanto alle giocatrici per cui non so con esattezza se ci sono ragioni al di là della noia arrivata. Non so se ci sono ulteriori motivi di carattere personale, ma insomma la questione per me ha relativa importanza visto che le vittorie in doppio non contano nulla. Se mettiamo insieme, ad esempio, le due Williams non ce n’è per nessuna coppia.
Per quanto riguarda il tennis maschile italiano, pensa che Fognini nelle passate stagioni abbia raggiunto il suo picco massimo o crede, invece, che abbia ancora qualcosa da dare come ad esempio raggiungere la top-10?
Parlando fuori dai denti, Fognini dimostra di non essere molto intelligente. E’ un ragazzo che ha avuto la fortuna, per ragioni che probabilmente neanche lui conosce, di arrivare a ricoprire una dignitosa posizione in classifica, ma ha la grave colpa di non riuscire a mantenerla, anzi sta perdendo terreno ad ogni torneo che fa. Io mi auguro che non abbia già raggiunto il suo picco, ma temo sia così.
Nel femminile, invece, qual è la sua opinione su Camila Giorgi?
Dunque, innanzitutto la Giorgi ha un padre un po’ bizzarro, ma non è detto che questo sia un male, anzi può anche darsi che se questa ragazzina è riuscita ad arrivare ad un certo livello sia anche merito suo. La sua posizione attuale comunque è un livello che non ci accontenta, in relazioni ai mezzi che possiede. Non so fino a che punto potrà arrivare in alto, ma per il momento non la vedo paragonabile alle giocatrici più forti della storia italiana.
Quali regole cambierebbe del tennis moderno?
Forse nessuna. Certo, il servizio sta diventando una componente molto importante del gioco, forse troppo. Ma non credo si possa fare niente in questo senso, anche perché è un colpo che tutti i giocatori possono allenare e migliorare. E non è vero che il servizio è solo privilegio di chi è alto due metri.
Passando al tennis di vertice. Visto l’inizio di stagione, tutti si chiedono se Novak Djokovic può riuscire nell’impresa di vincere tutte le prove dello Slam. Qual è la sua opinione a riguardo e, in caso, quale dei restanti tre tornei è l’ostacolo più arduo per il serbo?
Il Grande Slam è una questione anche di fortuna. Djokovic può riuscirci quest’anno perché, come abbiamo visto, è palesemente il più forte giocatore del mondo e uomo da battere in tutti i tornei. Penso che, tra i restanti, quello in cui potrebbe avere qualche problema in più è Wimbledon perché è un torneo imprevedibile e quello in cui è più facile che si verifichi una sorpresa.
Più Wimbledon che Roland Garros? Quindi dà per spacciato Nadal.
Bisogna vedere quante energie siano rimaste allo spagnolo. Nadal si è un po’ consumato, o comunque si è forse accontentato perché ad un certo punto ci si può annoiare a giocare troppo bene per troppo tempo. Nadal è un esempio di grande volontà e grande qualità agonistica, però il tennis ideale non è quello dello spagnolo. Non sceglierei Nadal come miglior prodotto tennistico degli ultimi tempi; Djokovic, invece, è più equilibrato, ha qualità meglio distribuite.
E Federer?
Federer è chiaramente in declino perché gli anni sono quelli che sono ed è una cosa normale. E’ straordinario come stia riuscendo a rallentare il tramonto, lo ha rallentato talmente bene che oggi forse gioca meglio rispetto a quattro anni fa. Probabilmente negli anni passati si è un po’ addormentato accontentandosi di amministrare il suo talento e questo gli bastava a vincere un paio di Slam l’anno. Adesso gli è venuta voglia di allungare la carriera. Federer resta comunque il miglior tennista degli ultimi 50 anni.
Potesse scegliere una partita da commentare nuovamente, senza conoscere l’esito ovviamente, quale sceglierebbe?
La finale di Dallas del 1972 tra Laver e Rosewall, vinta da quest’ultimo. Non vorrei fare la figura del nostalgico che crede sempre che siano stati migliori quelli che sono passati, ma ritengo che quella partita qualitativamente sia irripetibile.
Si sente più giornalista o telecronista?
Credo che le due cose possano andare insieme. Io mi diverto col tennis, nel senso che per me è divertente sia fare la telecronaca di una buona partita, sia scrivere un articolo. Forse, tra le due, mi diverte di più scrivere che commentare.
Lei che è il pioniere delle telecronache di tennis, coniando peraltro moltissimi termini che ormai sono ampiamente nel vocabolario di ogni appassionato, chi preferisce tra gli attuali telecronisti?
Non perché l’ho scoperta io, ma Elena Pero è molto brava. Tuttavia, non ha il background tennistico che le consentirebbe di parlare a “voce più alta”.
Pensa dunque che sia importante essere stato un buon giocatore per poter essere poi un buon telecronista?
E’ importante fino ad un certo punto, però ha una sua valenza. Non vale l’equazione buon giocatore uguale buon telecronista, ed abbiamo molti esempi che dimostrano il contrario. Essere stato giocatore può senz’altro aiutarti, ma non è certo sufficiente. D’altra parte, gli ex giocatori che sono diventati telecronisti non hanno dalla loro il background culturale che gli consentirebbe di fare un salto in avanti.
Vista l’enorme mole di informazioni che ormai viaggiano in tempo reale tra siti internet e social network, crede che sia più difficile riuscire ad emergere oggi in questo mestiere rispetto al passato?
Difficile dare una risposta univoca. Oggi c’è sicuramente molta più concorrenza ed è tutto molto diretto ed immediato, forse troppo. Però, d’altra parte, chi si tuffa in questo mestiere adesso ha dei mezzi decisamente superiori a quelli che avevo io ai miei tempi. Per me, ad esempio, era estremamente difficile riuscire a vedere le partite da casa, erano poche quelle trasmesse. La nuova generazione, invece, accendendo il pc può vedere, di fatto, tutti i match del mondo.
Leggi anche:
- None Found