di Luca Brancher
Il tifo è una predisposizione dell’anima, un delegare alle altrui mani la volubilità della propria conditio essendi: non sarai più tu a decidere le sorti del tuo stare, potrai soltanto sostenere, gioire o mal che vada disperarti. Ma a prescindere non puoi non esimerti dal ringraziare chi ti permette di vivere queste emozioni, belle o brutte che siano. Ed è per questo che io mi sento in dovere di ringraziare Astrid Besser.
Nelle sue vene scorre sangue in parte teutonico, in parte sudamericano (come la musica da lei prediletta), ma la sua parlata è toscana, come i suoi natali: Prato, anche se è da sempre residente a Quarrata, che, pur essendo poco distante dalla città che l’ha vista nascere, si trova in provincia di Pistoia. Cresciuta in questo piccolo centro sotto l’egida di un padre col quale ha creato un connubio tennistico negli anni divenuto indissolubile, la piccola Astrid sin da subito metteva in chiaro di voler arrivare in alto. Ed i fatti le davano ragione: col tempo entrava a far parte di tutte la nazionali giovanili, vinceva la Coppa Lambertenghi – la maggiore competizione under 12 sul suolo nazionale – trovava un importante quanto provvidenziale contratto con la Sasch, la nota agenzia di moda fiorentina.
A 13 anni già era seconda categoria nazionale, a 14 era già tempo dei primi tornei da professionista; in Venezuela, e non per sfruttare un’entry list abbordabile, bensì per fare felice la madre, che proprio di lì era originaria: due tornei, in uno dei quali era riuscita anche a passare le qualificazioni, e poi il rientro in Italia.
Proseguiva sull’onda dell’entusiasmo la carriera della maggiore dei fratelli Besser, prima di una sequela di fratelli tutti ancora giovanissimi (16, 13 e 9 l’età dei minori), conquistava importanti traguardi a livello juniores, esordiva sulle scene dei tornei del Grande Slam: a Wimbledon, dopo aver superato al primo turno Jessica Sweeting, portava al terzo l’ungherese Agnes Szavay, una delle giocatrici più continue in questo scorcio di stagione Wta.
Nel 2006 una piccola svolta: i tornei juniores diventano una piccola parentesi, a fronte di una programmazione che si concentrasse quasi esclusivamente sui tornei professionistici. E l’inizio è incoraggiante, con una peculiarità: più il livello della manifestazione si alza, meglio lei riesce ad esprimersi. Frequenti le sue qualificazioni nei tornei con montepremi elevato, tanto da convincersi a giocare ripetutamente, con diverse soddisfazioni, a questo livello, abbassandosi ai 10.000$ soltanto sul finire dell’annata.
Come premio alla sua costanza ed alla sua persistenza, al suo talento ed alla sua determinazione, la giovane toscana trova ad Ismaning, imminente periferia bavarese, il primo titolo di una carriera ancora in embrione, proprio nell’ultima sua competizione del 2006. Ed è un risultato importante, ma non totalmente inaspettato, perchè Astrid, con le sue lunghe leve e con un servizio che sa fare male, sui campi indoor è pericolosissima. Inoltre il suo gioco, fatto di rischi e di ricerca costante del punto, viene esaltato in queste condizioni.
Dopo tre mesi spesi tra riposo dopo la sfibrante annata e preparazione in vista della nuova, eccola tornare a calcare il palcoscenico internazionale. Purtroppo la stagione, finora, le ha regalato poche luci e molte ombre, tante difficoltà da superare, momenti in parte di confusione, come il continuo mutare l’impugnatura del dritto, che soltanto da qualche settimana pare essersi definitivamente assestato su quella ad una.
I momenti di difficoltà sono per l’appunto momenti, periodi passeggeri che inevitabilmente ognuno di noi è costretto a vivere. Prima o poi questi momenti passeranno e verranno superati, molto probabilmente un giorno sarà quel giorno, il giorno in cui tutto sarà diverso.
D’altro canto la strada battuta sin da piccolina, quando scendeva in campo con una racchetta che era più grande di lei – ed era inevitabile che provasse a colpire tutto a due mani, perchè altrimenti non avrebbe avuto la forza necessaria per spingere la pallina – per cimentarsi col suo gioco preferito, è da sempre delineata. E tutto quanto a tempo debito tornerà a girare per il verso giusto, e non sono frasi fatte. Sono soltanto cose certe.
Ed a me non resta che seguirne le gesta, perchè poi alla fine sarà solo tifo o empatia, ma è come se quando scende in campo le sensazioni che lei vive, le vivessi in prima persona. E sono certo che continuerò a farlo.
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