di Alessandro Mastroluca
“Penso che i casi di partite truccate stiano rovinando questo sport. Non dovrebbe esserci spazio per queste cose. Ma la realtà è diversa”. L’ha ammesso Novak Djokovic, che a USA Today ha anche raccontato di aver rifiutato un’offerta da 100 mila dollari per perdere una partita. Ma quanto è esteso il fenomeno del match fixing e cosa può fare il tennis per contrastarlo? Come si può aumentare il livello di rischio per chi tenta di combinare le partite e rendere la corruzione meno attraente per i giocatori?
L’estensione del fenomeno
Lo sport e le scommesse hanno avuto un rapporto strettissimo da sempre. Basti pensare che nel 1774 le regole del cricket e del golf sono state codificate proprio perché, come si legge su un editoriale dell’epoca, “un passatempo innocente” è stato rovinato “dalle eccessive scommesse”.
Il primo, grande scandalo dell’era moderna è del 1919: otto giocatori della squadra di baseball dei Chicago White Sox, la più forte di tutte allora, si vendono la finale scudetto contro i Cincinnati Reds per 10 mila dollari a testa. Da quel momento è un susseguirsi di combine che coinvolgono tutti gli sport, sia individuali che di squadra.
Per quanto riguarda il tennis, l’ultimo decennio è un fiorire di partite sospette, con un andamento anomalo delle giocate e delle quote che non è condizione sufficiente a identificare la combine, ma è spesso un indizio da cui partire.
Nel 2003 Betfair registra 130 mila euro di scommesse sulla vittoria di Fernando Vicente, quotata 5 a 1, contro Yevgeny Kafelnikov. Lo spagnolo vince 63 62, ma l’inchiesta naufraga per mancanza di prove.
L’ATP inizia a collaborare con le agenzie di scommesse, nello specifico Betfair, nel 2005, a seguito di una serie di giocate contro il tennista georgiano, già a partire dal 2003, del suo amico Martin Fuhrer, uno scommettitore professionista.
Il 2007 non è solo l’anno di Davydenko-Vassallo Arguello: sarebbero almeno 21 le partite dall’andamento sospetto. Il 22 agosto 2008 viene introdotta la Tennis Integrity Unit, che ha comminato 11 sanzioni ufficiali. Nel 2009, a Wimbledon si apre il caso Odesnik-Melzer. L’austriaco è favorito, e come da pronostico vince 61 64 62. Ma a destare sospetti non è il risultato, quanto l’andamento e l’ammontare delle giocate sulla vittoria di Melzer in tre set: sono state giocate 650 mila sterline su questo esito su Betfair, che non ha sospeso le giocate, come invece ha fatto Paddy Power, perché la quota del 3-0 Melzer era scesa in una mattina da 9-5 a 1-4. Odesnik poi viene squalificato per possesso di ormone della crescita: la squalifica viene ridotta in cambio del suo aiuto alla TIU, non è ben chiaro se in materia di lotta al doping o al match-fixing.
Nel 2010 finiscono sotto indagine diversi match, soprattutto nella seconda parte di stagione. Al torneo di Newport, oltre 1 milione di euro viene puntato sul primo turno tra Christophe Rochus e Richard Bloomfield con l’americano, numero 552 del mondo, che diventa inspiegabilmente favorito (e vincerà). A Rosmalen Hernandez batte Koellerer (il primo giocatore poi squalificato a vita per match-fixing) in due set: la sua quota crolla a 1.30 poco prima dell’inizio della partita.
Nel finale di stagione i casi aumentano. Nel primo turno a Mosca Zeballos batte in rimonta Tipsarevic, favorito della vigilia: le quote del serbo, dato a 1.18 prima del match, iniziano inspiegabilmente a salire e anche dopo che ha vinto il primo set si impennano (a 3 e addirittura a un certo punto a 6.50). Abbastanza anomalo anche l’andamento di Volandri-Gabashvili a San Pietroburgo. A Vienna Jan Hajek supera Pere Riba 62 60 in appena 47 minuti. Prima della partita la quota della vittoria del ceco scende da 1.70 a 1.07.
Più di recente, Savic è stato sospeso a vita per aver tentato di corrompere Baghdatis a perdere il primo set, a Pechino e Mosca, contro Dolgopolov nel 2010, in cambio di 30mila euro. Quest’anno la TIU ha squalificato l’ex giocatore (anche se ha partecipato a 4 tornei con il bilancio di 4 sconfitte e nessuna vittoria) e arbitro, francese Morgan Lamri, che ha dichiarato di aver scommesso prevalentemente su match con top player in campo. E in Australia sta andando avanti l’inchiesta nata nel 2013 dopo l’arresto di Matthew Fox, accusato di aver utilizzato informazioni riservate per aver scommesso su due partite di tennis. La prima al Challenger di Toowomba del settembre 2013. Nick Lindahl ha confessato di aver perso apposta contro Andrew Corbitt, senza classifica ATP. E di aver convinto Adam Feeney, numero 386 del mondo, a vendere la sua partita contro il giapponese Bumpei Sato (n. 902 ATP), due mesi dopo. Entrambi, Lindahl e Feeney, hanno lasciato il tennis dopo quelle sconfitte.
Incentivi e asimmetrie
Quali sono i tornei più a rischio? Per Stefan Szymanski, il maggior studioso di economia dello sport, che ha codificato i parametri che definiscono il competitive balance, il fattore chiave è l’asimmetria negli incentivi alla vittoria. Ma Raul Caruso, analista dell’Istituto di Politica Economica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha scritto nel paper “The economy of match-fixing” che “seppur in presenza di un’elevata asimmetria nella valutazione del valore di una vittoria, il limite tra match-fixing e un’ordinaria mancanza di impegno sia spesso difficile da individuare. Il giocatore che dà meno valore alla vittoria può semplicemente mettere in campo uno sforzo minore”. Per Caruso esistono tre diverse configurazioni del match-fixing: la semplice mancanza di impegno, il match-fixing unilaterale, in cui un atleta si vende la partita, e quello per interesse reciproco, che si verifica per esempio quando in un round robin due atleti sanno che un determinato risultato garantirebbe a entrambi il passaggio del turno e si accordano perché si verifichi quello specifico esito. Nel tennis, escluso il terzo (se non in tornei come il Masters), il più pericoloso è inevitabilmente il secondo.
I rischi aumentano nei tornei di fine stagione del circuito maggiore, che hanno montepremi ricchi ma offrono pochi punti ai giocatori di buona classifica, e ovviamente tutto il sottobosco dei challenger e dei tornei ITF, per l’esiguità dei prize money. Infatti, per convincere un giocatore a perdere apposta, l’offerta deve essere almeno pari a quanto guadagnerebbe in caso di vittoria più un bonus legato ai rischi cui andrebbe incontro in caso fosse scoperto. Con prize money così bassi, anche qualche migliaio di dollari costituiscono offerte allettanti per i giocatori che frequentano il circuito ITF.
Per questo, va sicuramente nella giusta direzione la proposta dell’ITF di alzare i montepremi minimi nel circuito ITF, che sarà discussa dal board a marzo. Ma allo stesso tempo, l’ATP ha deciso invece di garantire aumenti più consistenti alle fasce di eventi più ricchi, i Masters 1000. Con i primi 10 giocatori del mondo che hanno assommato il 48,08% del prize money destinato ai primi 100 in classifica, la sperequazione è destinata così ad aumentare. Già quest’anno Roger Vasselin, numero 87 del mondo, ha incamerato 555.751 dollari in singolare, il doppio di Ricardas Berankis, 207.222 dollari, che gli ha chiuso davanti di una posizione ma ha costruito la sua classifica prevalentemente nei Challenger.
Possibili misure
Cosa può fare il mondo del tennis? Premesso che non tutte le partite con andamenti anomali delle quote sono truccate, che i casi di utilizzo improprio di informazioni riservate non vanno assimilati alle combine vere e proprie, è indubbie che il tennis ha aumentato, e non diminuito, i fattori di rischio negli ultimi tempi. Perché scommettere su ogni incontro, di qualunque livello, è sempre più facile. Perché si può scommettere anche su chi vince un game, un break, un set per cui i giocatori possono lucrare anche su aspetti parziali e non sul risultato finale, con maggiori possibilità di guadagno e minori chance di essere scoperti.
Al di là dell’aumento dei controlli, il tennis può fare molto di più. Con i bookmakers sponsor di tantissimi tornei, ridurre le scommesse sembra una prospettiva lontanissima. Tuttavia, introdurre un sistema di classifica che non si basi solo sui migliori risultati, ma dia uguale significato a tutte le partite, potrebbe essere un primo passo nella giusta direzione.
D’altro canto, poiché è interesse di tutti i soggetti coinvolti, scommettitori compresi, che la credibilità dello sport rimanga elevata, è fondamentale la suddivisione dei premi per massimizzare lo sforzo complessivo. Ma resta qualche zona d’ombra, che si potrebbe ridurre con un sistema di restrizioni graduali per impedire a top-50, top-100 o 150 di entrare nel main draw di Challenger o degli ITF di fascia più alta. Sarebbe comunque un modo per ridurre le asimmetrie negli incentivi. E fronteggiare un fenomeno, la tentazione di barare, che purtroppo è umano. Troppo umano. E per questo così duro da debellare.
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