di Salvatore Petrillo
Analizzare e dare un giudizio critico alla carriera di un tennista, per quanto possa sembrare un lavoro banale, che si limiti a intabellare una serie di risultati, numeri e statistiche, è uno dei compiti più complessi per gli esperti del settore. Potenzialità, talento, caratteristiche tecniche, fisiche, mentali, colpi, esperienza, fortuna: sono tante le variabili che entrano in gioco quando si vuole parlare/scrivere di un giocatore, qualunque sia il suo livello.
Insomma, già il lavoro è difficile di per sé, quando poi questo lavoro va fatto su un personaggio come Nicolas Almagro, la difficoltà aumenta esponenzialmente. Spesso si parla di alcuni giocatori dicendo: “se mettesse la testa a posto, con un po’ di continuità sarebbe tra i migliori”, dimenticando che continuità e testa sono parte integrante di un tennista e non un semplice contorno a qualità tecniche più o meno evidenti. Tra i giocatori che attirano questo tipo di giudizio, il 29enne di Murcia ha sicuramente un ruolo preminente.
Venuto fuori già con la pesante nomea del predestinato, Nicolas raccoglie i primi punti a soli 14 anni, quando nel 2000 ottiene qualche piccolo risultato nei Futures spagnoli. La sua crescita prosegue nei tornei minori, quando nel 2003 arriva addirittura, a soli 18 anni, al primo Challenger, conquistato sul territorio nostrano, ad Olbia. Nel 2004 arriva il primo, vero salto di qualità: irrompe per la prima volta nella Top-100, conquista tre Challenger, uno dei quali ancora in Italia, Barletta, e debutta in un torneo dello Slam, da qualificato, perdendo poi al primo turno da Kuerten.
Almagro è ora un tennista stabilmente tra i primi 100, e comincia a dare una certa continuità ai suoi risultati a livello ATP. Anche dal punto di vista tecnico affina molto le sue qualità: il rovescio è uno dei più belli del circuito (ancora oggi), il dritto diventa un colpo risolutivo e col servizio sa far davvero male. Caratteristiche che permetterebbero allo spagnolo di essere potenzialmente pericoloso sulle superfici veloci, ma i suoi successi arriveranno tutti sull’amato mattone tritato.
Nel 2005 arriva la prima vittoria su un Top-10, battendo Safin a Roma, e nel 2006 entra per la prima volta tra i primi 50 giocatori del ranking, grazie soprattutto al primo titolo ATP in carriera. Sulla terra di Valencia Almagro elimina ancora una volta Marat Safin e in finale ha la meglio in due rapidi set su Gilles Simon. Arrivano anche un’ottima semifinale a Barcellona, dove però deve arrendersi al 19enne Nadal, e un quarto nel Masters Series di Roma, nel quale lascia strada a Roger Federer. Nel 2007 ripeterà il titolo a Valencia, raggiungendo la posizione 28, ma è il 2008 l’anno della sua consacrazione.
Arriva una stagione da ben 35 vittorie, in particolare due titoli nei primi tre mesi di stagione, Costa do Suipe e Acapulco, nei quali batte giocatori come Carlos Moya e David Nalbandian. E’ anche la stagione del primo quarto Slam, ovviamente al Roland Garros, dove deve arrendersi ancora una volta a Rafa Nadal. Un intervento alla mano destra lo fermerà durante l’estate americana, ma raggiungerà comunque un buon terzo turno a New York, chiudendo la stagione per la prima volta nella Top-20.
L’anno seguente non è paragonabile a quello appena concluso, Almagro disputa una buona stagione ma arrivano anche i primi segni di discontinuità, passando dalla vittoria su Monfils ad Acapulco alla sconfitta con Gil di Acapulco. E anche la sudditanza psicologica fa capolino, visto che a Parigi spreca ben cinque match-point prima di lasciare strada al solito Nadal.
Il biennio 2010-2011 porterà comunque grandi soddisfazioni al murciano: vince 5 titoli su 7 finali raggiunte (tutte, sottolineiamo, su terra), e nonostante i Major non portinograndi soddisfazioni riesce a issarsi addirittura in Top-10, precisamente al numero 9, grazie a un pazzesco parziale di 60-20 in due anni sulla terra battuta. Tuttavia è ben evidente il limite principale di Nico: la tenuta mentale non è delle migliori, soprattutto contro i big, contro i quali non riesce a imporsi con continuità. Spesso e volentieri dà anche luogo anche a scene non proprio sportive, come il colpo a Berdych (involontario?) che sfocia nella mancata stretta di mano di un comunque freddo Berdych. Tuttavia il 2012 si chiude ancora nella Top-15, ottiene 58 vittorie in stagione, due titoli su 4 finali ma, a conferma di quanto detto, chiude con un brutto 3-14 contro i Top-10.
Gli ultimi due anni, per un motivo o per l’altro, non sono stati all’altezza, pur raggiungendo alcuni picchi, a dimostrazione, qualora ce ne fosse ancora bisogno, delle grandi qualità di Nicolas. Arrivano i primi quarti in uno Slam sul veloce, all’Australian Open, chiude al quarto posto per numero di aces nel 2013, ben 622, eppure non arriva alcun titolo, perde 8 volte su 10 dai Top-10. Il resto è storia recente.
Probabilmente non bisogna andare troppo lontano per trovare l’emblema della carriera di Nicolas Almagro: precisamente torniamo indietro al Torneo Godò dello scorso aprile. Nico disputa un ottimo torneo, fatica ma batte con autorià l’ottimo Klizan, elimina con facilità Verdasco e nei quarti incotra Nadal. Dopo il 2-6 subito nel primo set, sembra ripetersi la solita storia, ma qui Almagro tira fuori il meglio del suo repertorio: gioco profondo e incisivo, servizio che funziona a meraviglia, dritti penetranti e passanti di rovescio da stropicciarsi gli occhi. Finisce 2-6/7-6/6-4 per un grande Nico Almagro, che in semifinale si ritrova Santiago Giraldo, che è in una disceta condizione, ma appare assolutamente alla portata dello spagnolo. Ma in semifinale ci va l’Almagro sbagliato, il giocatore nervoso, scostante, discontinuo, che infarcisce il match di unforced e imprecazioni. Il colombiano la spunta in due set, e per Nicolas sfugge l’occasione di giocarsi il titolo con Kei Nishikori.
Dopo ciò, Almagro ha cominciato ad avere qualche problemino, fino alla pessima notizia di una fascite plantare che l’avrebbe tenuto fuori un bel po’. All’inizio si parlava di 4-6 settimane, invece Nico è costretto a passare sotto i ferri per un’operazione di allungamento dei muscoli plantari.
Del Potro è sicuramente uno dei tennisti più attesi al ritorno, ma non va sottovalutato il rientro del murciano, da valutare sia fisicamente che, come ben sappiamo, mentalmente. Se Almagro tornerà con voglia, atteggiamento e quel pizzico di attitudine in più a chiudere i match, anche i più difficili, la sua risalita dalla casella 71 del ranking sarà più rapida, ma se così non fosse potremo avere ancora, anzi forse ancor più, un giocatore alla ricerca del vero sé stesso.
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