di Michele Galoppini
Nella stagione che si è appena conclusa, balzano facilmente agli occhi tanti exploit. I tifosi italiani non si dimenticheranno presto Flavia Pennetta che vince Indian Wells, o la Bouchard che irrompe violentemente in top10, o ancora le giovanissime Bencic e Diyas che si assestano in top40 nel loro vero primo anno nel circuito maggiore. Eppure, per altre il 2014 sarà un anno da archiviare in fretta, un passaggio a vuoto a cui trovare un rimedio al più presto.
Sicuramente una di queste è Sorana Cirstea, suo malgrado protagonista di un 2014 poverissimo di vittorie di valore, ma anche di vittorie “normali” per una giocatrice teoricamente del suo calibro. La classifica attuale enuncia un pesante 93 dovuto ai soli 606 punti accumulati durante la stagione (il 45% dei quali ottenuti in due soli tornei).
La rumena non è nota per la costanza nei risultati, ma questa passerà come una delle stagioni più complesse della sua giovane carriera. Già, sono passati tanti anni da quel 2009 quando raggiunse i QF del Roland Garros. Eppure la rumena è solamente una classe 1990 e già a 17 anni aveva raggiunto la prima finale WTA della carriera sulla terra rossa di Budapest, dove partendo dalle qualificazioni e vincendo al terzo set ogni match del main draw aveva raggiunto l’ultimo step prima di essere stoppata dalla Dulko. A fine anno si era già issata nei pressi della top100 e nel 2008 è arrivata l’esplosione definitiva: primo titolo WTA della carriera a Tashkent (vinto sulla Lisicki 7-6 al terzo set) e numerosi altri risultati di un certo calibro: Jankovic, Radwanska, Chakvetadze, Kirilenko, la nostra Flavia e numerose altre. Viene raggiunta la top40 che, a parte un momento di crisi datato 2010, diventa la sua classifica stabile assieme alla top30.
Il miglior risultato della sua carriera è, a parere di chi scrive, la finale del Premier5 di Toronto dello scorso anno, dove, seppur sconfitta in finale nettamente da Serena Williams, aveva battuto nei turni precedenti Wozniacki, Jankovic, Kvitova e Li, esprimendo un livello di gioco che non le si era mai visto attuare e che se portato anche in finale avrebbe potuto piegare anche l’ottima Serena di quell’estate. Così non fu, ma sembrava il trampolino per la definitiva esplosione, a 7 anni esatti dal primo main draw WTA di carriera. Quel picco ha dato il best ranking alla 21esima posizione, ma ha poi significato il definitivo addio ai buoni tornei giocati dalla rumena, che dopo aver finito in malo modo il 2013, ha cominciato forse peggio la stregata stagione appena terminata.
A livello WTA, nel 2014 la Cirstea ha vinto solo 13 delle 37 partite che ha giocato, non ha mai raggiunto alcuna semifinale e salva la sua classifica solo grazie al terzo turno al Roland Garros ed ai quarti di finale nel torneo Premier di Dubai, dove peraltro ottiene le uniche due vittorie annuali contro giocatrici top40, nello specifico Roberta Vinci e Sara Errani (nostro malgrado). Batte solo altre due top50 nel corso dell’anno, Watson e Riske, in una stagione che peraltro ha dato loro, soprattutto alla Watson, pochissime soddisfazioni. Volendo cercare qualcosa di positivo, Sorana ha vinto 4 dei 5 match giocati in FedCup, ottenendo contro la Ivanovic la vittoria più importante di stagione. Inoltre, più di una volta ha messo in forte difficoltà una giocatrice attualmente ben più in alto in classifica: si pensi ad esempio al primo turno di Madrid, perso 7-6 al terzo contro la Kvitova od al primo turno agli Us Open, dove ha trascinato al terzo Eugenie Bouchard, vincente solo per 6-4 dopo un lungo match. Ma è fin troppo poco rispetto al fallimentare resto della stagione, che a malapena l’ha tenuta nelle top100 (ne era perfino uscita, prima di rientrare grazie ai quarti di finale di Tianjin).
Quali sono le chiavi di tale caduta libera? Dotata fisicamente di 176 centimetri di altezza e di una struttura abbastanza potente, la rumena basa il suo gioco su colpi generalmente piatti, estremamente potenti (forse troppo?) e tendenti alle righe del campo, e si può affidare anche ad un ottimo servizio e ad una discreta copertura a rete. Un gioco sostanzialmente che non ha un piano B, che è poco ragionato, e che dipende all’inverosimile dall’essere o meno nella classica giornata-no e, più professionalmente parlando, dalla fiducia che sta caratterizzando le tue partite. Basta poco ad entrare in un circolo vizioso in cui poi è difficile trovare lo spunto per ritrovare gioco, fiducia e vittorie, anche contro giocatrici con un potenziale nettamente inferiore. Una seconda motivazione potrebbe essere ricercata nell’esplosione di Simona Halep, che ha guadagnato molto velocemente la numero 1 di Romania, scalzando proprio Sorana Cirstea, che può aver sofferto psicologicamente questa situazione. Questo potrebbe spiegare anche gli ottimi match in FedCup da parte della giocatrice di Targoviste: in una competizione dove la Halep non è una rivale ma una compagna (che peraltro ha sulle spalle tutto il peso della sfida), la Cirstea ha ritrovato il suo gioco e una tranquillità che le hanno permesso di vincere anche il match più complicato contro la Ivanovic.
Sorana Cirstea ha già mostrato, probabilmente, qual è il suo massimo livello, in quel meraviglioso torneo canadese, e quel livello è da sicura top10, ma come spesso accade nel tennis è la costanza a darti, a lungo termine, quelle soddisfazioni e quei traguardi che solo le grandi campionesse possono vantarsi di aver ottenuto.
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