di Marco Mazzoni
Mentre l’intero mondo del tennis (e non) sta celebrando la storica vittoria della Svizzera in Davis, che finalmente regala a Federer l’ultimo grande alloro mancante nella sua incredibile carriera, voglio spendere due parole per quello che reputo il vero vincitore della finale, e per gli sconfitti: Wawrinka e la Francia.
Stan è arrivato “male” a questa finale. Tutti gli occhi erano puntati su Roger, inutile negarlo, e di “svizzera 2” si parlava pochissimo. L’occasione era irripetibile per Roger, ancor più dopo l’ottimo 2014. Ma lo era anche per Wawrinka, che quasi sempre ha tirato la carretta anche in annate più buie, quelle in cui Federer snobbava il primo turno per poi ergersi a salvatore della patria negli spareggi. Ne ha masticate diverse Stan, molto amare, inclusa la recentissima semifinale al Master proprio contro Roger, che s’è scassato sul più bello e gli ha paradossalmente negato l’accesso ad una finale che avrebbe meritato, giocato e chissà… Invece niente. Non si sono fatti mancare nulla gli svizzeri, polemiche intestine ed una rabbia inusuale proprio alla vigilia di un appuntamento segnato in rosso nel calendario. Da tempo. Roger è KO. Dubbi, giocherà? Ancora una volta tutte le attenzioni erano su Roger, e Stan nella penombra. Però l’urna dice che sarà Stan ad esordire, e contro Tsonga. Match non facile, soprattutto mentalmente perché Jo viene da un 2014 bruttino, ma si può esaltare come pochi. Wawrinka è stato forte, fortissimo. Ha servito come un treno, ha ritrovato il dritto e la potenza e precisione di inizio stagione. Eccetto il secondo set, poi mollato, è stato un martello cattivo e preciso, capace anche di non reagire alla intimidazione del pubblico più numeroso di sempre in un match ufficiale. Regala il primo punto al suo team Stan, e fa sì che Roger possa scendere in campo più sereno, nonostante una schiena bloccata, che proprio non ne ha voluto sapere di sciogliersi. Federer è uno zombie, subisce senza mai reagire. E’ 1 a 1 al termine della prima giornata, è Stan a tenere a galla il suo team. Sabato mattina. Luthi rischia tutto: se perdiamo il doppio, è quasi finita. Roger decide di giocare. E come giocherà… da Dio del tennis, ma anche grazie a Wawrinka che non trema mai. Lo sostiene a tutto campo, servendo benissimo, non sbagliando nulla da dietro e chiudendo sotto rete. I due hanno messo in scena un doppio da favola, tecnicamente di livello altissimo, portando uno spettacolo davvero superiore. Quando due campioni giocano così assieme il tennis si avvicina tanto all’arte, alla danza, alla teatralità di qualcosa di alto. Così alto che anche il caldissimo pubblico di Lille è stato costretto spesso ad applaudire. 2-1 Svizzera. 2 Punti portati da Stan, che ha così dato il via alla passerella finale di Roger. Quasi una sceneggiatura hollywoodiana quella di oggi, con Federer che si trova davanti non Tsonga, non la ragnatela viscida di un Simon, le bordate di un Chardy… ma Gasquet. Un talento timido, incompiuto, non all’altezza tecnicamente e soprattutto mentalmente di reggere un match del genere. La partita che ha dato il terzo e decisivo punto alla Svizzera non si è mai accesa. Troppo evidente il gap di classe tra i due, amplificato a dismisura dalla importanza del match. E quando il match conta, la forza di Gasquet diventa inversamente proporzionale. Oltre alla poca pugnacità del transalpino, va detto che la sua racchetta non riesce a generare potenza e rotazione sufficiente a mettere in difficoltà Roger; idem alla battuta, dove ha insistito tutto il match tirando quel mezzo kick che faceva saltare la palla all’altezza ideale per “sua altezza”, che infatti ha risposto meglio di un Agassi doc. Momenti di bellezza tecnica, ma senza mordente perché Roger era troppo più forte, e in campo s’è visto di tutto, ma tutto dalla parte svizzera. Game set match, apoteosi per i rossocrociati, una giornata che resterà indelebile per il tennis mondiale e svizzero. Anche per i francesi, ahi loro…
Facile fare ironia su Clement e sulle sue scelte, addirittura ipotizzando per lui una soluzione “fatale” in piazza della Concordia come si è letto sui social, oggi roventi… In realtà la sensazione è che in questo weekend di errori ne abbia commessi parecchi, e probabilmente anche ben prima.
Senza dilungarsi in un’analisi che potrebbe includere decine di fattori e diventare troppo prolissa (magari ci sarà tempo per ritornarci), è bene partire da una premessa: se Roger e Stan giocano al meglio, sono più forti di tutti i francesi, su ogni superficie. Quindi la speranza per Clement e l’intera Francia era quella di trovare un paio di match della vita da parte dei loro tennisti, di creare condizioni tecnicamente il più possibile sfavorevoli per gli svizzeri, e magari una sorta di bolgia agonistica – anche con il pubblico dei 27mila – in modo da mettere alle corde la classe superiore di Roger, la potenza e minor stabilità psicologica di Stan. Il piano, purtroppo per loro, è fallito su tutta la linea.
Adesso è scontato criticare tutte le scelte (o quasi) dei padroni di casa, ma quella di giocare su di una terra indoor lenta e umida era errata come concetto. Quelle condizioni infatti erano quasi ideali per Wawrinka, che infatti ha giocato molto bene a Monte Carlo, dove si gioca su di una terra lenta e spesso pesante, che regala a Stan quell’attimo in più per aggredire la palla con tutta la sua potenza. Forse sarebbe stato più “smart” provare a mettere tecnicamente in difficoltà Stan (forse l’anello debole) e non Roger! Inoltre con una superficie così lenta, Tsonga era totalmente un pesce fuor d’acqua, come infatti si è visto in campo. Non Monfils, che ha ripagato la fiducia con una prestazione convincente, a tratti gladiatoria (pure troppo…). Però visto che Monfils non poteva portare 3 punti essendo il doppio la cosa più lontana dal suo gioco, allora perché non convocare e fare giocare un “super Doppio” di specialisti? Guarda caso avevano la coppia vincitrice a Roland Garros… ma si è preferito “premiare” Gasquet, che per il 2014 non se lo meritava affatto – eccetto che per la vittoria netta su Berdych in semifinale Davis – piuttosto di Roger Vasselin. Scegliere due doppisti puri è sempre un rischio, ma in questo caso sarebbe stato un rischio più calcolato. Se hai davanti Roger e Stan in doppio, che pure giocano bene, pensare di metterli in difficoltà è complicatissimo. Come ci si può provare? Giocando un doppio “vero”, all’arrembaggio, sfruttando al 101% le peculiarità della disciplina, la risposta, il servizio, il rischio massimo nell’entrare sotto rete, angoli e lob improvvisi. Cose assolutamente aliene e Gasquet e pure a Tsonga. C’è riuscito infatti in parte Benneteau, che si porta sulle spalle la zavorra del brutto record di finali perse, ma che invece è una Treccani del tennis per come, con mezzi modesti, è riuscito a durare negli anni con risultati eccezionali, anche in doppio. Sabato la sensazione era che Benneteau giocasse… 3 contro 1! Ripeto, sono ipotesi, ma visto l’andamento in campo forse schierare un doppio affiatato e più specialista poteva essere un tentativo onesto, invece che sperare in un calo degli altri.
Tuttavia il vero peccato originale di Clement credo sia stato non convocare Gilles Simon. Il nizzardo è il francese che ha chiuso meglio la stagione con il gran torneo di Shanghai. E’ notoriamente un animale da battaglia, uno che ha messo alle corde più volte Roger e Stan, che ti fa giocare tanto e spesso giocare male. Se volevi buttare la sfida sulla lunga distanza, sulla “garra”, lui era il cavallino adatto. Serviva però una scelta coraggiosa, di rottura, che non c’è stata. Clement ha provato a fare l’equilibrista, tra il peso dei suoi ragazzi, loro storia e probabili affinità di spogliatoio (è noto che Gilles non sia amatissimo con quella lingua mordace…), finendo però per cadere malamente. Se si vuol puntare su Tsonga in gara, allora fai un campo davvero rapido per premiare il suo servizio; un campo rapidissimo su cui tutto sommato anche Monfils si sarebbe difeso vista la sua battuta (…e ricordiamoci che allo scorso US Open LaMonf arrivò ad un passo da battere Roger!) e forse avrebbe potuto mettere in difficoltà gli spostamenti non sempre rapidi di Stan, che ama il veloce ma non velocissimo.
Tirando le somme, il lavoro di Clement e di tutto lo staff francese non era facile. Avevano di fronte due tennisti migliori, ed in casa un serie di opzioni molto valide ma che per esser assemblate in modo coerente necessitavano di scelte molto coraggiose, totalmente votate ad un piano tattico-tecnico relativo alla superficie. Si è arrivati – probabilmente anche per politica interna al gruppo – ad un compromesso perdente. Tuttavia è giusto sottolineare che i meriti della Svizzera sono stati a mio avviso ampiamente superiori ai demeriti della Francia.
Chiudo un con sincero applauso al pubblico, incredibile. Con un applauso al movimento francese, la scuola più importante e nobile al mondo, che con continuità produce ottimi giocatori. Un applauso enorme alla Svizzera, che finalmente si è regalata un sogno. Ed un fortissimo applauso alla Coppa Davis. Vecchia e pesante quanto volete, ma le emozioni che regala una finale di Davis sono pari a quelle di una grande edizione di Wimbledon. Tennis 3 set su 5, nazioni in gioco, tradizione. Le emozioni non si comprano, e non hanno prezzo.
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