(Marko Osmakcic, classe 1998 e numero 1033 Atp)
di Gianfilippo Maiga
Sta per iniziare la Finale di Coppa Davis tra Svizzera e Francia. Se si guardano le forze in campo (schiena di Roger Federer permettendo) la Svizzera appare una potenza tennistica impressionante, potendo schierare 2 fra i primi 4 giocatori al mondo.
Questa impressione viene fortemente attenuata se si considera che la compagine è completata da Marco Chiudinelli, (33 anni come Federer e classifica ATP oltre il 200, anche se 52 qualche anno fa) e Michael Lammer (32enne, 500 al mondo, mai oltre il 150 in carriera).
In precedenti edizioni ha fatto una breve quanto brillante comparsa Henri Laaksonen, giovane (22 anni) ma in difficoltà nel fare il salto di qualità finale dall’attuale numero 306 dopo una puntata sotto i 200 l’anno scorso e spesso criticato in patria per qualche atteggiamento giudicato non propriamente “elvetico”..
C`è dunque il vuoto dietro i 2 grandi? c`è il buio oltre la siepe? Parrebbe proprio di sì, almeno se si attende il nuovo Federer, o quanto meno se si guarda alle classifiche mondiali. Ma come si è arrivati a questo?
Non è del tutto vero che dopo Federer ci sia stato un vero e proprio vuoto generazionale. È piuttosto giusto dire che, anche se un Federer e un Wawrinka non si ripropongono evidentemente ogni anno, nonostante il traino che i due campioni continuano a esercitare aul movimento svizzero, molti talenti si sono persi per strada. In questi casi si addita la Federazione come responsabile, ma forse non è tutta colpa sua.
Certo, alla stessa, peraltro non provvista di tantissimi mezzi, si può imputare, effettuata una prima selezione di giovani a 11-12 anni, di aver troppo presto ristretto la piramide e puntato per anni su un solo cavallo e di aver qualche volta sbagliato indirizzo.
La verità è che formare campioni non è facile e, anche se il tennis che si insegna in Svizzera è moderno e nella preparazione atletica il Paese è all’avanguardia, la base umana non è numerosisima e il tennis costa, in questo Paese più che in altri, tantissimo.
Mi piace però ricordare qualche nome che avrebbe davvero potuto raggiungere risultati importanti e oggi essere lì, con i migliori.
Roman Valent, innanzitutto. Classe 1983, (2 anni più giovane di Federer), non proprio di un’altra generazione, quindi. 300 del mondo a 20 anni, numero 3 delle classifiche mondiali junior e, soprattutto, vincitore di Wimbledon junior ( e di Roehampton) nel 2001. Un talento vero, classe pura, frenato da seri problemi psicologici e dal troppo stress. Ha chiuso nel 2010, a 27 anni, dopo molti stop and go.
Robin Roshardt (foto a sinistra), classe 1988, da tutti indicato come “der neue Federer”, dopo una carriera precoce a livello svizzero (era N4, cioè seconda categoria a 12 anni) e anche lui eccellente da junior a livello mondiale (n 4 al mondo best ranking). Ha vinto a 17 anni l’Orange Bowl e sembrava davvero che nulla potesse fermarlo. Raggiunta la posizione 500 atp, ha smesso di fatto a 21 anni, troppo presto. Ho visto giocare Robin molte volte e ne apprezzavo la lucidità e la completezza, nonostante un fisico non propriamente statuario. Non ho mai capito se a fermarlo siano stati gli infortuni, molto spesso lamentati, o lo stress derivante da una scarsa abitudine alla sconfitta, una compagna molto presente nel mondo pro.
In realtà, non sono male neanche i cosidetti rincalzi in attività, a prescindere da risultati e classifiche. A parte Laaksonen, su cui si nutrono ancora speranze, mi limiterò a ricordare quelli che hanno ottenuto i risultati migliori.
Ha dato segni recenti di risveglio Yann Marti, del 1988, che tra il 2012 e adesso è passato dalla posizione 1189 alla 227, con un bel successo a Gstaad contro Gimeno Traver. Yann è un altro “piccolo”, ma in questi anni ha pagato dazio soprattutto a se stesso, a un carattere insofferente e ad atteggiamenti decisamente sopra le righe, oltre a motivazioni altalenanti.
A me piace, per la sua compostezza in campo e per la sua grande maturità tennistica, Sandro Ehrat, che tra l’altro ha mamma di origine italiana. Ventitreenne, era salito vicino alla 200 posizione, quando un infortunio lo ha fermato a novembre 2013. Dopo il lungo stop, interrotto in luglio di quest’anno, sta risalendo lentamente la china.
Fra le ultime leve – e forse il prospetto più interessante – c`è anche Marko Osmakcic, 16 anni e già in classifica atp, ma purtroppo anche già segnalatosi per una buona dose di intemperanza in campo.
La galleria è forzatamente incompleta e fa torto agli assenti, tra cui Adrien Bossel, 27 anni, 317 atp un paio d’anni fa, che ogni tanto il cuore abbatte in campo, (ma niente paura, si defibrilla da solo e ricomincia, provare per credere!) e Alexander Sadecky, best ranking circa 300 al mondo a 22 anni, una rara avis del serve and volley, non proprio a suo agio sulla terra…
Infine, qualche giovanissimo interessante c`è, Osmakcic a parte, ma è presto per alimentare eccessive speranze: se son rose, fioriranno!
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