di Salvatore Greco
Due tennisti spagnoli e una battaglia di cinque set. Dove la immagina ognuno di noi, senza pensarci troppo? A Parigi, naturalmente, sulla terra più nobile, quella del Roland Garros. Effettivamente i nostri protagonisti di oggi sul rosso più rosso che ci sia ci si sono sfidati, nel 1998 in finale, ma in quel caso al più quotato dei due erano bastati tre set per portare a casa il match e quindi il titolo. Lo scontro di cui stiamo parlando, con i cinque set ineffabili da raccontare, è di quello stesso anno ma niente terra rossa questa volta per gli iberici Carlos Moyà e Àlex Corretja nel loro scontro più noto, né altri palcoscenici slam, bensì la finale del Master di quell’anno sul cemento indoor di Hannover. Una partita storica vinta dal catalano Corretja sul maiorchino Moyà a compimento di un Master perfetto per il tennista di Barcellona, passato anche dallo storico scalpo preso a Pete Sampras e compiuto come “vendetta” su Moya dopo tre sconfitte consecutive negli scontri diretti quell’anno (Montecarlo, Roland Garros, US Open).
Insomma, la storia del torneo di fine anno del 1998 è un crogiuolo di grandi storie, avvenute e mancate, di cui la vittoria del giocatore di Barcellona è “solo” la punta di diamante.
Tra le storie mancate spicca certamente quella di Andre Agassi, il 1998 del bad boy di Las Vegas è stato notoriamente l’anno della sua resurrezione con la ripartenza dai Challenger e la scalata del ranking dalla posizione 110 fino alla numero 6 con tanto di qualificazione al Master. Master che per Agassi dura poco più di due set, proprio contro Corretja nel primo incontro del suo girone round robin. Sul 5-7 6-3 2-1 per il catalano, i soliti problemi alla schiena fermano Agassi e la sua cavalcata di ritorno. Un’altra occasione spezzata è quella di Marcelo Rios, il burbero ma talentuoso cileno, che qualche mese prima a Melbourne aveva accarezzato il sogno slam prima di perdere in finale da Korda e che al Master, chissà, avrebbe potuto sperare in qualcosa. Ma la schiena del cileno, tanto quella dello yankee Agassi, non tiene e costringe Rios a giocare solo una partita –persa 7-5 6-1 da Tim Henman- per poi lasciare il posto nel girone alla riserva Albert Costa.
Ancora un’altra storia mancata? Sembra davvero incredibile doverlo dire a proposito di un campione di quel livello, ma è quella del Master di Pete Sampras. Per lui il 1998 è un anno in chiaroscuro, con la prima posizione nel ranking persa per qualche settimana in favore proprio di Marcelo Rios ma la conquista ottenuta dell’ennesimo Wimbledon, a spese di Ivanisevic. Ad Hannover arriva da campione in carica, domina il suo girone lasciando quindici game in tre singolari ai vari Moya, Kučera e Kafel’nikov e tutto farebbe pensare a una rapida consacrazione di fine anno per Pistola Pete, e invece…
E invece arriva la sorpresa. Sampras arrivato in semifinale dopo la cavalcata sontuosa nel round robin affronta Corretja, alla sua prima volta al Master e qualificatosi per la semifinale dopo un girone fortunoso con una vittoria per ritiro contro Agassi, un’altra vittoria contro il connazionale Albert Costa subentrato a Rios e la sconfitta in tre set subita dal britannico Tim Henman. Ma soprattutto, uno di loro è Pete Sampras e l’altro è uno spagnolo terraiolo, c’è davvero da parlarne? Ne è sicurissimo pure il commentatore della tv americana che presenta la partita esclamando ai microfoni: “Welcome to the Pete Sampras show!” E invece Corretja fa proprio un altro show, complice anche un Sampras non centratissimo e spesso non risolutivo, ribalta pronostico e andamento e ne viene fuori in tre set. Nell’altra semifinale, Moyà aveva già superato Tim Henman in tre set confermando lo stato di forma che quell’anno lo aveva portato a conquistare il Roland Garros e a raggiungere la semifinale agli US Open.
Ed ecco dunque che ad Hannover si compone la finale spagnola senza terra. Moyà parte favorito per molti, dopotutto ha vinto uno slam ed è arrivato in semifinale in un altro, Corretja dal canto suo ha la finale di Parigi persa proprio da Moyà, ma anche le vittorie a Gstaad su Becker, a Indianapolis su Agassi e a Lione sull’allora giovane promessa Tommy Haas.
La partita inizia all’insegna dei pronostici: Moyà conquista il primo set per 6-3 e poi fotocopia il risultato nel secondo, sembrerebbe a un passo dal chiudere la partita e portare a casa il bottino contro un Corretja un po’ spaesato. Nel terzo set a Moyà manca la capacità di chiudere il match, inutile dire che gli sarà fatale: sul 6-5 per Corretja, il maiorchino non riesce a tenere il servizio e cede all’avversario il terzo set. Sul 3-6 3-6 7-5 inizia un’altra partita, sembra quasi giocata da altri tennisti. Tanto per dirne una, sul primo punto del quarto set Àlex spazza-fondo Corretja serve una gran prima, si apre il campo con un rovescio a sventaglio, va a rete e chiude con una voleé. Da lì in poi le cose si “normalizzano”, iniziano scambi interminabili da fondo impreziositi dal bel rovescio a una mano di Corretja che con quel fondamentale riesce a irretire l’avversario. Tutto tranquillo fino al 3 pari quando il catalano strappa il servizio, va 5-3 e manda in estasi il suo angolo che si esibisce in un coretto da stadio vagamente calcistico che si rivela di buon augurio: Corretja tiene il suo ultimo servizio e, con qualche difficoltà, chiude il set 6-4 e porta la sfida al quinto. Che si sarebbe giocato gli ATP Championships al quinto set contro Moyà dopo aver battuto Sampras un paio di giorni prima non l’avrebbe pensato nemmeno il più accanito dei suoi fan, probabilmente nemmeno lui in persona.
Tanto non lo avrebbe pensato che infatti inizia il quinto set malissimo: subisce un break nel quarto game e Moyà vola avanti 3-1 e servizio. Per sua fortuna però il ragazzo di Barcellona è un tipo tenace, recupera il break e in men che non si dica si porta avanti 5-4 e servizio: Àlex Corretja serve per il Master. Inizia questo pesantissimo turno di servizio indossando di nuovo la maschera di Sampras, serve bene, apre il campo, gioca la voleé, solo che la racchetta gli vola via dalla mano. Concede poi una palla break a Moyà che, dopo uno scambio-maratona, la sbaglia tirando pochi millimetri oltre la riga e va quasi nel pallone per la frustrazione. Corretja conquista allora il suo primo match point ma Moyà lo annulla a rete dopo aver spinto l’avversario qua e là lungo la linea di fondo e poi si riprende il break grazie a un errore di rovescio di Corretja. 5-5 al quinto set.
Il turno di battuta successivo Moyà lo spreca malamente, di stanchezza e frustrazione. Dopo quella che sembra (ed è) un’eternità, Corretja serve di nuovo per il Master. E di nuovo non sembra intenzionato a farlo bene. Da 30-0 si fa raggiungere 30 pari prima giocando inspiegabilmente corto sulle mazzate di Moyà poi affossando in rete un rovescio non impossibile. Poi il maiorchino gli regala un altro match point, Corretja serve bene, gestisce lo scambio, viene avanti e costringe Moyà a un pallonetto difficile. E Moyà, per rispetto della fisica, lo sbaglia. Corretja è il campione dell’ATP Championships 1998: incredulo, si inginocchia, prega una qualche divinità del tennis stringendo la racchetta tra i pugni e guardando il cielo, la gioia grandissima è quella dell’impresa conquistata con il coltello fra i denti, contro ogni pronostico, probabilmente irripetibile, e difatti mai ripetuta, anche se ovviamente sul momento lui non ne aveva idea.
La storia del tennis è piena di campioni incompiuti: vincitori di slam mai diventati numero 1, career grand slam non completati per un soffio, numeri 1 del mondo mai vincitori di slam… e così via. Corretja uno slam non l’ha mai vinto e il tetto del ranking l’ha visto da vicino senza mai raggiungerlo, ben difeso com’era da quel Pete Sampras che pure da Corretja ci aveva perso in quella notte di preludio alla grande festa di Hannover, la sera che consacrò il catalano incredulo “Maestro” di fine anno del 1998.
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