di Giorgio Giosuè Perri
Fabio Fognini è al centro delle discussioni tennistiche, italiane e non, praticamente da quando ha iniziato la carriera tra i professionisti. Molti parlano di un salto di qualità fatto troppo tardi, altri criticano le scelte a livello tecnico, ma allo stesso tempo è impossibile non ammettere che i problemi fisici, siano stati una costante durante tutte queste annate. Altrettanto vero è, che Fabio non è proprio un ragazzo “facile” da gestire in campo, ma a questo punto va fatta una precisazione, visto che chi lo conosce, sa che è un ragazzo normale. Timido, riservato e molto molto simpatico. Spesso, purtroppo, si confonde il giocatore in campo con la persona fuori dal campo, e tante, troppe volte, si finisce col crocefiggerlo.
Il vero salto di qualità del ligure, è iniziato l’anno scorso, quando con la vittoria contro Dodig in Davis e la semifinale a Montecarlo, si erano iniziati a vedere i primi segnali di crescita. La stagione estiva, ha sancito definitivamente l’esplosione di Fabio, che seppur non abbia trovato seguito nella restante parte dell’anno, l’ha portato nei primi mesi del 2014 a toccare la tredicesima posizione mondiale, a soli 150 punti dalla decima, al tempo occupata da Tsonga. Ed è proprio dal transalpino che possiamo iniziare a parlare di una fase della carriera di Fabio, che sta spaccando il pubblico (ma anche gli addetti ai lavori) in due. La vittoria contro Murray a Napoli è agli occhi di tutti, ma era comunque nell’aria una prestazione di quel prestigio, perché Fabio si era espresso ai massimi livelli sia sul cemento che sulla terra nei mesi precedenti.
Montecarlo 2014 – Cos’è successo?
Alla Davis, è seguito il Masters 1000 di Montecarlo, dove Fabio difendeva una grande semifinale, il miglior risultato ottenuto in carriera in un torneo di quel peso. I primi due turni superati a fatica, poi Tsonga, un primo set portato a casa senza troppi patemi, e un secondo in cui succede l’irreparabile. Su una palla break che avrebbe mandato Fabio sul 4-2, una chiamata arbitrale, a detta di Fabio sbagliata, consente a Jo di impattare sul 3-3. Paradossalmente, il 2014 di Fabio Fognini si è “fermato” lì. Una serie di 9-0 a favore di Tsonga e nell’ultimo cambio campo, un monologo non proprio carino dedicato a qualcuno del suo staff. Lì, si è rotto qualcosa. Ma cosa? Una situazione simile si era verificata postuma alla magica estate precedente. Infatti, archiviate le due vittorie tedesche e la finale ad Umago, era iniziato un periodo di magra inoltratosi fino a ottobre. Quando Fabio viene caricato di troppe pressioni e quando gli si chiede troppo, qualcosa succede. Da un giocatore così fragile mentalmente, era troppo aspettarsi da un momento all’altro diventasse un Nadal o un Ferrer. Le colpe vanno divise a metà tra lui e i media, che tutto hanno fatto, tranne che aiutarlo. Un po’ come Murray, che quando vince è inglese e quando perde è scozzese. Fabio ha collezionato, da aprile, risultati anche abbastanza dignitosi: finale in un 250, terzo turno a Wimbledon, quarti di finale a Cincinnati, ma il punto è che ci si aspettava di più da un giocatore che aveva dimostrato, tennisticamente, di valere anche più della tredicesima posizione.
Allo stato attuale, Fabio è numero 17 del mondo, un risultato di tutto prestigio che al 99% lo porterà a finire l’anno nei 20 per il secondo anno di fila, ma la paura è che si sia un po’ troppo rassegnato all’idea che più di così non si potrà mai più spingere. Forse perché non si aspettava di raggiungere questi livelli, visto che fino a qualche anno fa a malapena riusciva a stare nei 50, forse perché è successo tutto un po’ troppo velocemente, o forse perché Fabio va preso un po’ così. Il primo ad essere amareggiato per i cattivi risultati e i comportamenti in campo non troppo felici, è proprio lui. Il primo a voler cambiare, è lui. Il primo a non voler rassegnarsi, è lui. Ma forse, sia lui che “tutti gli altri” dovrebbero iniziare ad abituarsi all’idea che“Fogna” è questo. Senza voler fare paragoni che non stanno né in cielo né in terra, chiedere a Fabio di non comportarsi più così in campo, sarebbe stato come chiedere a Safin di allenarsi tutti i giorni. Certo è che non fa piacere a nessuno vedere racchette per terra, parolacce e presunti insulti, ma fa parte tutto del pacchetto, prendere o lasciare. L’augurio che si può fare a Fabio è di trovare un centro di gravità permanente, che lo faccia esprimere al meglio delle sue possibilità e che consenta a quel talento e a quelle gambe di esprimersi ancora ad altissimi livelli, perché lo merita davvero.
Non vince un set da agosto, ma ha ancora tutto il tempo, con i 3 tornei rimasti a disposizione, addirittura di attaccare la quindicesima posizione, e per questo motivo, è impossibile reputare la stagione di Fabio, fallimentare. Le critiche sono belle quando costruttive, e in questi mesi se ne sono sentite fin troppo che tutto lasciavano trapelare, fuorché il bene di Fabio.