di Alberto Cambieri
E’ ormai un anno che Victoria Azarenka non riesce più ad esprimersi ai suoi livelli; tutto sembra essere cominciato al termine della sconfitta in finale agli Us Open 2013 contro Serena Williams, partita splendida per livello tecnico mostrato dalle due giocatrici nonostante il vento e per pathos. Il finale della passata stagione è stato per la bielorussa, all’epoca saldamente al numero 2 del ranking WTA alle spalle della minore delle sorelle Williams, tutto fuorché indimenticabile: sconfitta all’esordio a Tokyo contro Venus (mai battuta e alla quale non ha mai strappato un solo set in quattro precedenti) e Pechino (contro la rientrante Petkovic, non ancora ai livelli del 2014 e soprattutto del 2011), e un Master giocato col freno a mano tirato a causa di un infortunio alla schiena (vittoria faticosa portata a casa ai danni della Errani e sconfitte senza appello contro Jankovic e Li). Ci si aspettava da lei un inizio di 2014 scoppiettante, proprio come avvenuto nel 2012 e 2013 quando portò a casa il primo Major dell’anno a Melbourne, ma lo Slam australiano si è invece rivelato per lei un’enorme delusione: dopo l’eliminazione precoce di Serena agli ottavi (stoppata dalla rediviva Ivanovic) e di Sharapova (appena rientrata sul circuito dopo 5 mesi di stop) contro Cibulkova allo stesso turno, sembrava lei la netta favorita per la vittoria finale, ma ai quarti è incappata in una giornata non troppo positiva per lei e in una Radwanska più che mai vogliosa di vendicarsi delle tante sconfitte subìte per mano della bielorussa nelle ultime stagioni (da Sydney 2012 a Doha 2013, nel giro di 13 mesi, la Azarenka ha vinto tutti e 7 gli incontri diretti tra le due perdendo appena 2 set) ed è uscita sconfitta con un punteggio quasi umiliante per lei (6-1 5-7 6-0). Dopo questa dolorosa sconfitta si è fermata a causa di un infortunio al piede, provando a rientrare a Indian Wells, dove però è stata bloccata subito dalla Davis e dove è parsa decisamente fuori forma; la sconfitta l’ha convinta a fermarsi nuovamente ai box a causa dello stesso problema ed é rientrata a tempo pieno sul circuito solamente in occasione della stagione su erba nel mese di giugno. Il rientro è stato però assai travagliato e ci ha restituito una giocatrice che pare essere insicura e meno solida delle ultime stagioni a livello mentale e ancora non del tutto al 100% dal punto di vista fisico.
A livello di preparazione atletica, la bielorussa non è decisamente la stessa giocatrice delle passate stagioni, in particolare se paragonata a quella del triennio 2011-2013; prima di compiere il definitivo salto di qualità era stata spesso vittima di infortuni (non si contano i ritiri avvenuti a tornei o partite in corso) e ciò l’aveva convinta ad investire moltissimo sul suo fisico, sulla prevenzione e sulla cura degli infortuni; grazie a questo tipo di programmazione è riuscita a migliorare di molto la sua mobilità ed è stata proprio questa la ragione che l’ha portata ad essere competitiva anche contro un giocatrice quasi imbattibile come Serena Williams. Se Li, Sharapova e Kvitova possono vantare peso di palla e numero di vincenti mediamente superiore a quello della Azarenka, è la condizione atletica, la capacità di recuperare palle in difesa senza perdere troppo campo o provando soluzioni azzardate il motivo per cui la bielorussa è riuscita ad avvicinarsi (almeno fino allo Slam statunitense del 2013) a Serena, tanto da uscire vincitrice al termine di due battaglie in finale (stadio dei tornei in cui l’americana è, se possibile, ancora più invulnerabile del solito) a Doha e Cincinnati e da metterla in difficoltà in altre situazioni come le due finali a New York del 2012 e 2013. Attualmente sembra essere sempre acciaccata, vuoi per i risentimenti per il lungo stop per infortunio al piede o per l’infortunio al ginocchio destro patito durante il secondo set della sfida di secondo turno a Montréal contro la Cornet e ciò sembra limitarla parecchio negli spostamenti sia in avanti che lateralmente.
Ciò che più colpisce è però il fatto che, dal momento del suo rientro sul circuito a Eastbourne, non è più in grado di uscire da campionessa dalle situazioni più complicate all’interno dei match e questa disabitudine a giocare partite importanti l’ha portata a perdere punti delicati e, in molti casi, i match; a chi scrive vengono in mente 3 episodi simbolici a questo riguardo:
1) al secondo turno di Wimbledon, opposta ad una giocatrice da sempre attesa ad alti livelli ma mai del tutto esplosa come Bojana Jovanovski (mai nemmeno entrata tra le prime 30 per ora), è stata costretta al terzo set e sul punteggio di 5-6 è andata a servire per impattare sul 6 pari (non si sarebbe giocato nessun tie-break in quanto a Wimbledon il regolamento è diverso dai normali tornei WTA), issandosi sul 40-0. La poca abitudine a giocare match, men che meno partite delicate e così tirate, l’ha portata a farsi rimontare e perdere 5 punti consecutivi, senza particolari meriti della serba classe ’91, regalando così l’accesso al turno successivo alla Jovanovski.
2) nei quarti a New York (risultato che, a posteriori e visto il periodo di forma e fiducia, suona come un mezzo miracolo) contro la Makarova è stata per tutta la partita sotto con il punteggio, non riuscendo mai a staccare la sua avversaria; anzi, nei momenti più delicati, è stata la bielorussa a concedere alla mancina di Mosca la possibilità di prendere il largo: nel primo set, sul 4 pari, Victoria è stata avanti per 0-30 sul servizio della russa, non riuscendo però ad ottenere un fondamentale break e sul 4-5, dopo aver avuto qualche palla per impattare sul 5 pari, ha mostrato segni di cedimento commettendo un grave doppio fallo e spedendo un dritto in rete sul set point. Nel secondo set ha provato a rimanere aggrappata alla sua avversaria ma, dopo aver salvato palle break in entrambi i suoi turni di servizio d’apertura, ha perso i successivi due mostrando segnali di nervosismo e sfiducia, cedendo alla fine per 6-4 6-2.
3) al secondo turno di Tokyo, contro una giocatrice ritrovata come la ex numero uno del mondo Ana Ivanovic, è stata nuovamente sempre indietro con il punteggio (0-3 sotto in entrambi i parziali), ma quello che desta maggior preoccupazione al suo clan e ai suoi tifosi non è tanto la sconfitta finale (la Ivanovic ad oggi ha già vinto 50 partite nel circuito WTA nel 2014 e in questo senso è stato più grave l’aver ceduto il primo parziale della match di primo turno contro la sempreverde Date-Krumm), quanto la poca lucidità tattica nei momenti importanti. Nel secondo set, dopo aver recuparato da 0-3 a 3-3 (era sotto di due break), ha avuto, col servizio a disposizione, l’occasione di issarsi 4-3, ma non ha saputo approfittare di certe opportunità: su un vantaggio interno in particolare ha (giustamente) insistito sulla diagonale del rovescio (sulla quale è nettamente superiore alla Ivanovic), ma ha esagerato cercando il colpo bimane della serba anche con un dritto in corsa in contropiede che non le avrebbe portato il punto e che difficilmente avrebbe messo la mora di Belgrado in condizione di doversi difendere. Con quel dritto finito largo in corridoio (e con il successivo break subìto) è di fatto terminata la partita della giocatrice di Minsk, in quanto è sembrata risentire delle scelte errate degli scambi precedenti (come avveniva molto spesso fino al 2010), mentre fino ad un anno fa era quasi sempre in grado di dimenticare gli errori commessi e di pensare solo ai punti successivi, anche se questo tipo di maturazione è stato per lei un processo piuttosto lungo nel tempo.
E’ di qualche ora fa la notizia, data dalla stessa giocatrice attraverso i social networks, che la bielorussa non prenderà parte ad alcun evento da qua alla fine del 2014, in modo da recuperare del tutto dagli infortuni e di ripartire nel 2015, si spera, con una ritorvata condizione psico-fisica.
Noi tutti, tifosi della giocatrice in questione o in generale appassionati di tennis, speriamo di rivederla competitiva ad alti livelli (ora è scesa al numero 25 del ranking, suo peggior ranking dal 2007) in quanto il suo gioco di anticipo e pressione quasi asfissiante da fondo campo, la sua rivalità (on-court) con Serena e quella (on e off-court) con Maria sono alcuni tra i tratti distintivi del tennis femminile del secondo decennio del nuovo millennio e, in fondo, nei tornei sul cemento, compresi il primo e l’ultimo Slam dell’anno, tolta Serena, è stata lei negli ultimi anni la donna da battere.