di Alberto Cambieri
37 mesi: tanto ci é voluto a Sabine Lisicki per tornare a conquistare un torneo WTA. Dopo Dallas 2011, la potente teutonica é riuscita a conquistare la prima edizione del torneo WTA di Hong Kong, il quarto della carriera (curiosamente, l’ormai defunto torneo del Texas era alla sua prima apparizione in calendario) al termine di una settimana (e, in generale, di un periodo) che la vedono, forse, finalmente ritrovata e pronta per essere competitiva a 360°, ossia non solo durante le due settimane dei “Championships” di Wimbledon. A Londra quest’anno é riuscita, solo per la seconda volta in stagione dopo Madrid, a vincere 2 partite di fila nello stesso torneo (saranno poi 4 al termine della sua bella cavalcata fino ai quarti, stoppata dalla Halep e dalla stanchezza accumulata nei turni precedenti contro Ivanovic e Shvedova); questo suo andamento all’interno della stessa stagione non é certo inusuale per la tedesca classe ’89, ex promessa fin dai tempi dei tornei juniores e giocatrice capace di giungere ad alti livelli in breve tempo ed in modo convincente. Dal 2009, anno della sua definitiva esplosione ad alti livelli con il primo titolo WTA conquistato a Charleston, torneo dalla prestigiosissima storia nel quale batté giocatrici del calibro di Venus, Bartoli e Wozniacki, e dei primi quarti Slam (guarda a caso) a Wimbledon, il suo rendimento durante l’intera stagione é stato all’incirca lo stesso: tornei giocati in modo altalenante e spesso caratterizzati da sconfitte imprevedibili e contro pronostico anche in palcoscenici importanti alternati a sporadiche vittorie convincenti contro atlete di vertice, il tutto accompagnato dalla solita e sfortunata tendenza ad infortunarsi, salvo poi “risorgere” e dare il meglio di sé sui prati londinesi, indipendentemente dai risultati raccolti nei tornei precedenti e dalla classifica. Il suo 2014 sembrava, almeno fino a quest’estate, ricalcare le stagioni precedenti (escludendo il 2010, trascorso prevalentemente su una sedia rotelle e in riabilitazione in seguito ad una delicata operazione alla caviglia): le sconfitte contro Niculescu (a Melbourne) e Wozniak (a Indian Wells) in tornei importanti e i “withdrawal” a Brisbane (appena il primo torneo della stagione!), Pattaya City, Miami e Roland Garros sembravano rappresentare l’ordinario per lei, così come la sua bella e “solita” corsa londinese ai “Championships”.
Record e risveglio
Dopo i quarti londinesi ci si poteva attendere una sua classica flessione come é successo nelle stagioni passate al termine dei quarti (2009 e 2012), semifinali (2011) e finale (2013) raggiunti a Wimbledon; tuttavia Sabine, giocatrice potente ma allo stesso tempo discretamente mobile e dotata di buon tocco, sembra aver cambiato marcia. A Standford, durante il primo turno contro Ana Ivanovic, ha scagliato la prima di servizio più potentedella storia della WTA (con tanto di riconoscimento sul “Guinness Word Record”) a 211 km/h (nel 2009 a Bali durante il “Master B” contro la Czink tirò una battuta poco meno veloce perdendo però il punto, a conferma del preoccupante contrasto tra potenzialità enormi e prestazioni a dir poco al di sotto delle aspettative) uscendo però sconfitta dalla serba in due set. Questo episodio poteva rappresentare, vista la sconfitta con record, l’essenza di Sabine ma, dopo aver cambiato per l’ennesima volta coach (abbandonata la Hingis, non ancora del tutto pronta a lasciare il circuito da giocatrice per occuparsi al 100% al ruolo di allenatrice) e sempre sotto lo sguardo vigile del padre (così diverso però, fortunatamente, dagli altri esempi di padri-padroni che si trovano spesso in giro per il circuito), sembra aver raggiunto una nuova serenità interiore e ciò si é visto in campo durante il resto della stagione americana sul cemento: le vittorie su Errani (2 volte), Vinci e Keys non sono state affatto ofuscate dalle sconfitte contro Radwanska (a Montréal e Cincinnati) e Sharapova (Us Open), in quanto il livello di gioco espresso non si é allontanato così tanto da quello mostrato su erba e ciò le permetterà di tornare a ridosso della top 20 WTA da lunedì (risvegliando ambizioni di guadagnare un posto tra le Top Ten e di conquistare titoli importanti: a questo riguardo brucia ancora la sconfitta in finale a Wimbledon lo scorso anno, quando si arrese in finale alla Bartoli, all’inesperienza e alle sue ansie nonostante una splendida cavalcata con tanto di vittorie al termine di match lottatissimi contro Serena e Radwanska). Il titolo conquistato a Hong Kong testimonia come possa essere competitiva ad alti livelli anche sul cemento ed in condizioni non facili, in quanto si é giocato per tutta la settimana con alte temperature e umidità elevatissima acuita dalle piogge che hanno sconvolto il programma dei quarti nella giornata di venerdì; inoltre il sofferto successo in rimonta (era sotto 6-3 4-2) al primo turno contro la Niculescu, giocatrice assai atipica, ha dimostrato, insieme alla vittoria in semifinale contro la Schiavone (tornata su buoni livelli questa settimana), la sua prerogativa di riuscire ad imporsi e uscire vincitrice da situazioni complicate, in particolare quando i punti sono lunghi ed “incasinati” (ricchi cioé di variazioni di ritmo, lunghezza dei colpi e traiettorie strette), distinguendo Bum-Bum Bine (soprannome legato al suo servizio-bomba) dalle classiche alte e potenti colpitrici uscite dall’Accademy di Bollettieri.
Il futuro é adesso
Proprio vista la sua completezza dovuta a colpi potenti e penetranti da fondocampo, un servizio che ha ben pochi eguali nel circuito femminile (e che é invidiato, per potenza e coordinazione, da molti colleghi maschi), buona mobilità e discreto tocco, uniti ad una naturale propensione al gioco d’attacco ed in spinta, Sabine sembra avere ancora tutte le carte in regola per poter diventare una giocatrice di vertice e non solo uno spauracchio per tutte le Top Players nel momento in cui la testa (storico suo tallone d’Achille) e il fisico (altro suo celeberrimo “nemico”) la supportano. Le belle rimonte contro Niculescu e Schiavone (contro la vincitrice del Roland Garros 2010 era sotto di un break nel terzo prima di vincere gli ultimi 5 giochi consecutivamente) e la serenità dovuta all’aver recuperato in finale da 1-5 (prima di chiudere 7-5 6-3) nel primo set contro l’emergente e pericolosa ceca Karolina Plyskova (i cui progressi quest’anno sono stati molto interessanti e non legati esclusivamente all’ambito del servizio) possono essere piccoli ma significativi segnali su cui porre le basi per lavorare bene per resto della stagione asiatica e per ripartire e dare il massimo nel 2015 e, si spera, anche nelle prossime stagioni: del resto i suoi tanti tifosi, appassionatisi alla sua storia fatta di infortuni, cadute, risalite e imprese sui prati londinesi e al suo naturale sorriso (mostrato non solo off-court ma spesso anche durante i match) non vedono l’ora di esaltarsi per le sue vittorie durante tutti i mesi dell’anno, non solo a Wimbledon o in seguito a record che, in termini di risultati concreti sul campo, contano tutto sommato poco.