Nel 2001 raggiungeva le semifinali del Fila Challenger, stoppato da Christophe Rochus, mentre due anni dopo sarebbe stato Jose Acasuso a superarlo al secondo turno. Renzo Furlan ha scritto pagine importanti del tennis internazionale e anche a Biella gli appassionati se lo ricordano bene. Con un best ranking da numero 19 e oltre quindici anni da professionista, l’atleta originario di Conegliano Veneto è ora un apprezzato allenatore e al Pulcra Lachiter segue il ventenne Pietro Licciardi.
«Ha cominciato l’anno scorso a fare la vita da professionista e credo occorrano almeno un paio di stagioni per trovare il giusto feeling. Pietro ha partecipato di recente e tre Challenger per fare esperienza e il riscontro è stato positivo: a Como ha perso con Delic, che ha giocato la finale a Genova. L’obiettivo principale è quello di continuare a crescere, poi in questo finale di stagione cercherà di prendere punti nel circuito Itf per entrare nei 500».
In questi dieci anni com’è cambiato il tennis?
«E’ salito molto a livello tecnico, la velocità è aumentata, la parte fisica deve essere curata meglio e ci vuole più potenza. Oggi ci troviamo di fronte ad uno sport in cui tutti tirano forte e sono preparati al top: un esempio lampante arriva dagli Us Open dove Nishikori ha giocato due match tiratissimi al quinto set e poi vinto con Djokovic al quarto, dimostrando una freschezza notevole».
Da un po’ di tempo tanti ex numeri uno si sono affiancati ai top player attuali. Cosa ne pensa?
«Un campione è uno che ha vissuto quella trafila e può trasmettere certe sensazioni. Federer-Edberg è un matrimonio ben riuscito, un mix ottimale; Djokovic-Becker lo capisco un po’ di meno. Anche Ivanisevic-Cilic è una coppia ben assortita, con Ivan che è riuscito a trasmettere le cose buone. In più sono entrambi di Spalato e li accomuna il grande talento e un servizio devastante: Cilic è più ragionato, mentre Goran era più istintivo».
Se la chiamassero Fognini o Seppi?
«Con loro ho un attimo rapporto, ma mi vedo più portato a far crescere un ragazzo giovane».
Al Challenger di Biella torna Filippo Volandri. in città già a segno due volte.
«Filo fa benissimo al tennis, è un esempio di professionalità ed è sempre alla ricerca di un tennis d’effetto. Se hai quelle motivazioni con 33 anni sei un esempio perchè vuol dire che vivi per la competizione. Io ho smesso senza remore, quando il mio fisico era logoro. Ho ottenuto il massimo, semplicemente avevo finito le energie fisiche e mentali».
Quali sono le cose più difficili del suo lavoro?
«Da allenatore devi sapere che ogni giocatore necessita di un linguaggio suo particolare. Devi cercare di capire dove sta andando il tennis, sempre in continua evoluzione, riuscendo a parlare con tutti perché ognuno ha dei tasti diversi che vano sollecitati. Per questo devono esserci delle prerogative fisse: la strategia da adottare, come interagire con l’atleta e poi avere fiducia nei suoi mezzi e godere a tua volta della sua fiducia nel coach. Senza queste basi si va poco lontano e lavorare tanto per farlo produce poco».
Cosa ne pensa del movimento azzurro?
«E’ in crescita e ci sono molti giovani di buon livello: solo da un allargamento dei numeri può uscire il campione. Fognini è vicino ai top ten, ha la potenzialità per starci, ha una velocità e un talento senza pari e credo abbia ancora margini di miglioramento».