di Marco Mazzoni
Primo pomeriggio di lunedì 18 agosto. Rafa Nadal accende il suo ipad (o simile), entra nella sua bacheca Facebook e scrive poche righe, apparentemente accorate, con cui annuncia il suo forfait dagli US Open, al via lunedì prossimo. Era il campione in carica, come dei recenti Master 1000 del Canada e di Cincinnati. 4000 punti in classifica spazzati via da una stecca di rovescio che gli ha “scassato” in modo non grave l’articolazione del polso, costringendolo a tenere un tutore e sperare in un recupero lampo che non c’è stato.
Non è la prima volta che Rafa da Manacor salta l’intera stagione sul duro USA, oppure ci arriva in condizioni imperfette, senza la condizione fisica adeguata a sprigionare il massimo del suo tennis vigoroso ed intenso.
Mentre il web è più o meno “in fiamme” tra la delusione dei tanti supporters dell’iberico e gli attacchi di chi mal digerisce il cyber-tennis di Rafa, molti pensieri arrivano in modo disordinato sulla questione, guardandola da vari punti di vista.
Intanto la prospettiva del torneo: uno Slam che inizia senza il suo campione in carica non parte bene, sia che il tennis ed il personaggio Nadal piaccia o no. Rafa ha vinto 2 titoli a Flushing, è a pieno titolo un campione anche sul cemento. Senza di lui, il tabellone sarà probabilmente sbilanciato, anche se i feedback dai tornei estivi americani sono a dir poco contraddittori. A parte un Federer quasi commovente per come lotta con il suo tennis classico contro l’avanzare inesorabile del tempo, quasi tutti gli altri big hanno deluso o, più probabilmente, hanno giocato a carte coperte. Difficile ipotizzare che a New York vedremo il Djokovic balneare dei due Master 1000; probabile anche che Murray si faccia trovare assai più pronto, visto che proprio a NY ha spesso giocato molto bene (qua ha vinto il suo primo Slam e fatta la prima finale in assoluto in un major). Possibile anche che qualche emergente possa fare le voce grossa, e magari sbocciare il volo definitivo verso la consacrazione (Raonic?). Ma in mezzo a tutte queste incertezze, forse l’incertezza per eccellenza sul reale valore di questi eventi estivi deriva proprio dall’assenza di Nadal, che ha pesato tantissimo.
Eppure appena uscita la notizia (condita da foto del polso fasciato dal tutore) della rottura di Nadal, ero abbastanza convinto che avrebbe saltato l’intera leg americana, US Open incluso. Nessuna velleità di esternare una mia qualche dote divinatoria… ma la semplice evidenza storica dei fatti. Nadal in carriera ha affrontato spesso l’estate del cemento USA o al 100% dominando (o comunque ottenendo moltissimo) oppure l’ha proprio saltata/snobbata. Non una via di mezzo. C’è una spiegazione logica e tecnica in tutto questo, ed al perché i suoi successi siano sempre arrivati dopo una cavalcata estiva quasi trionfale, come quelle del 2010 e soprattutto 2013, dove Nadal fu totalmente inarrestabile. Per vincere sul cemento l’iberico deve esser nella migliore condizione fisica, ancor più che sul rosso, dove anche altri fattori meno fisici e più tecnici spostano la bilancia a suo favore, rendendolo quasi imbattibile (soprattutto sulla lunga distanza). Se non sta bene, se ha accumulato troppi acciacchi o se la benzina è prossima alla riserva, lui ed il suo team preferiscono guardare oltre, magari ai lussureggianti tornei asiatici (dove gli impegni personali/commerciali sono ancor più importanti di quelli tecnici…) ed al lavorare per la stagione seguente. Non lo dichiarerà mai, ma è l’evidenza dei fatti a dimostrarlo. E pensando ad una lunga e vincente carriera, può anche essere considerata una scelta non così sbagliata. Tecnicamente il tennis di Nadal ha tutto per esser dominante anche sul cemento non velocissimo; ma è indispensabile che il suo corpo sia così veloce e reattivo da velocizzare ancor più il tempo di arrivo sulla palla e quello di scarico della sua enorme potenza. Questo significa massima efficienza psico-fisica. Senza questo status di Nirvana sportivo, il tennis di Nadal è attaccabile sul cemento, e lui lo sa benissimo.
Il team di Rafa non sarà eccellente sul piano della comunicazione, ma su quello della gestione/programmazione lo è eccome. Basta ripensare al suo rientro nel 2013. “Che Nadal avremo? Potrà tornare a vincere un torneo?” Ricordo benissimo quel sabato pomeriggio di febbraio, con la telefonata a Spazio Tennis mentre uscivo dallo stupendo Corridoio Vasariano di Firenze (andateci, merita!): “Che Nadal avremo? Non solo torna… sarà dominante dopo essersi riposato e ricaricato”. Il tennis di Nadal è il massimo concentrato mondiale della storia del nostro sport per usura. E’ normale e naturale che produrre un gioco così sbilanciato sul piano fisico e della continuità Rafa chieda al proprio fisico tantissimo, forse troppo. Così che è normale che necessiti delle pause, che sia sottoposto a problemi vari (quale parte del suo corpo non si è infortunata in questi anni???), con un tempo medio lungo per tornare. E Nadal ogni volta è prontamente tornato, se possibile ancor più forte di prima. Perché? Perché Nadal è agonismo, è forza, è una fiamma che brucia vivacissima e che ha bisogno di un pieno di carburante enorme per tenere il calore così intenso da alimentare la sua macchina da tennis infernale. Pause lunghe dopo infortuni, tempi dilatati e pronti via per una nuova cavalcata, ancor più forte e intensa, con grandi successi.
Pazienza se si salta uno Slam, meglio guardare avanti, a nuove sfide, perché perdere un torneo scoccia, ma la strada davanti è lunga ed è quello il vero obiettivo, competere e vincere nel tempo. La sua storia è questa, e si è ripetuta tante volte. Così che se mi si chiede sulla sfortuna di Nadal per i suoi infortuni, rispondo che a mio avviso è stato “fortunatissimo”, perché non esiste altro tennista nella storia moderna del gioco ad aver chiesto così tanto al suo fisico ed allo stesso tempo sia riuscito a durare così tanto con un tennis così fortemente improntato sulla efficienza psico-fisica. Tutto merito della sua costanza, abnegazione e mentalità vincente, nel bene (vittorie) e nel male (infortuni e sconfitte), cose che l’hanno reso uno dei giocatori più forti di sempre.
Difficile dire adesso che ne sarà del 2014 di Rafa. Probabilmente rientrerà benino in autunno; deve difendere alcune finali, ammesso che poi gli interessi davvero difendere quei tornei. Difficile dire anche per quanto tempo sarà in grado di contenere l’usura del suo fisico, e ripartire ancora una volta più tosto, riposato e “affamato”. Forse la risposta non la conosce nemmeno lui.
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