di Alessandro Mastroluca
“Magari si vivesse solo di inizi, di eccitazioni da prima volta quando tutto ti sorprende e nulla ti appartiene ancora”. Magari, come nelle parole di Niccolò Fabi, Filippo Baldi avesse giocato tutto il match contro Montanes come nel primo game. Lo spagnolo è di fatto l’avversario più difficile che abbia affrontato nella sua giovane carriera, anche se non in termini di classifica: è infatti sceso al numero 134 del mondo e l’azzurro ha perso da Facundo Arguello, n.116, al secondo turno del Challenger a Milano di giugno. Il 6-3 6-2 finale perciò non deve preoccupare per la forma del punteggio. Tra l’azzurro, numero 786 del mondo, e lo spagnolo che è stato numero 22 ci sono diverse categorie di differenza, e sarebbe ingeneroso interpretare la sconfitta come un esito deludente. E’ una sconfitta che fa crescere, è una sconfitta che palesa potenzialità e limiti del gioco di Baldi, una sconfitta che consente di disegnare con più chiarezza la road map per il futuro immediato e a medio termine.
L’impatto di Baldi è più che incoraggiante. Serve and volley su tutti i punti del primo game e servizio tenuto a zero. Peccato che non si viva di soli inizi, però. Appena cala un po’ con la prima, emergono limiti e punti deboli di un tennis ancora da costruire. Il servizio lo porta a fare un passo dentro il campo in chiusura di movimento, anche per effetto di un lancio di palla sbilanciato in avanti sulla prima. Ma appena Montanes fa a sua volta un passo avanti in risposta, lui che tradizionalmente aspetta la battuta parecchi metri dietro la riga, trova il modo di metterlo in difficoltà con traiettorie profonde e centrali. E con la palla nei piedi, Baldi consegna l’iniziativa nello scambio all’avversario.
Montanes, spagnolo tra i più sottovalutati anche nelle sue stagioni migliori, fa valere la maggiore varietà e la migliore tenuta sulla diagonale sinistra. Un rovescio più sicuro e “pesante” gli avrebbe certamente consentito di trarre più vantaggi in risposta, considerato che Montanes quando serve da sinistra si posiziona con i piedi all’altezza della riga laterale. Ma l’azzurro non rischia mai l’attacco in lungolinea, subisce la palla dal rimbalzo alto e velenoso, e lascia l’iniziativa all’iberico. Con la furbizia dell’esperienza, alza e sporca le traiettorie, aggira il rovescio per tenere Baldi a distanza col dritto anomalo da sinistra, lo chiama avanti con palle basse su cui l’azzurro deve piegarsi con risultati troppo spesso negativi. Così dal 3-2, dopo aver vinto il primo dei tre game finiti ai vantaggi, Baldi perde quattro game di fila e il primo set va in archivio.
Il secondo inizia peggio del primo per l’azzurro, che deve subito recuperare un break. Il parziale, e nella sostanza la sua partita, si esaurisce nel nastro che aiuta Montanes a salvare la palla del controbreak del possibile 2-3. Baldi si concede solo la piccola soddisfazione di vincere un secondo game ai vantaggi ma si inchina al dritto dal centro che chiude la partita.
Una sconfitta così rimane una tappa inevitabile di un processo di crescita. E come tale va letta e valutata, con l’equilibrio che spesso manca nelle reazioni ai risultati dei giovani che si affacciano al circuito. Un equilibrio di cui ha bisogno il milanese fresco di semifinale junior a Wimbledon, di cui ha bisogno ancor di più Quinzi. Un equilibrio che servirebbe anche a dare il giusto peso, tanto in positivo quanto in negativo, agli exploit e alle successive ricadute di Kyrgios, di Kokkinakis, di Coric o di Zverev che hanno caratterizzato queste ultime settimane. Con una certezza: costruire è sapere rinunciare alla perfezione.
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