di Sergio Pastena
Ci sono dei momenti in cui ti senti stupido e piccolo, come piccole e stupide sono le cose umane.
Ad esempio prendiamo Elena Baltacha: gliel’avevo giurata dal 26 giugno del 2012, giorno in cui battè 4-6 6-4 6-0 una Karin Knapp che non riusciva più a muoversi. Esultanza smodata, “come on” a ripetizione contro un’avversaria impossibilitata a reagire, quanto bastava per farmi iniziare a coltivare un’antipatia personale contro di lei. Quanto successo sul campo non mi era piaciuto e a caldo quante gliene dissi, anche belle pesanti…
Sul momento magari era comprensibile, ma ben presto mi resi conto che la cosa era andata oltre: ad ogni livescore o refresh del sito Wta buttavo un occhio al suo risultato e quando perdeva ero più contento. Altro che antipatia, ero ai limiti dell’odio.
Poi un giorno leggi che la Baltacha si ritira e la prima cosa che pensi è “Ah, finalmente non ti vedro più”. Non ti suona strano, tante tenniste appendono la racchetta al chiodo prima dei trent’anni, ma apri lo stesso l’articolo distrattamente per leggere il motivo del ritiro, pensando a qualche infortunio cronico o qualcosa del genere. E infatti… “Il mio fisico ha detto basta”, motivazione standard. Esci dalla pagina web rallegrato e convinto che non sentirai più parlare di quella tizia brutta e antipatica.
Passa qualche mese. Per la precisione è marzo quando apri Facebook, vedi un post condiviso con la sua foto e la scritta “Forza Elena!” e pensi “Ancora? Torna a giocare? Ma non si era ritirata?”. Clicchi sul link, sempre distrattamente e anche con una punta di acidità, ma resti pietrificato. Già, resti proprio come uno stronzo quando leggi che le hanno diagnosticato un tumore al fegato e il suo problema più immediato non sarà certo tornare a giocare, gestire la sua Academy o godersi il milioncino vinto in carriera.
E l’odio fa spazio alla speranza: ha un fisico d’atleta, è giovane, si riprenderà, guarda la Kleybanova e tanti altri esempi. Ma sai benissimo che ci sono anche casi come quello di Luzzi o della Klemenschits, e non vuoi pensarci. Ti imponi di non pensare neanche al fatto che il cancro al fegato è tra i peggiori. Sei coinvolto emotivamente ed è strano, in fondo a parte l’affaire Knapp non l’hai mai seguita e ci sono tanti sportivi che muoiono giovani, come tante persone comuni. Ma mentre per loro ti dispiace e basta, per la Baltacha hai il groppo in gola.
Anche queste, però, sono piccole cose da piccolo umano egoista: la realtà è che ti senti in colpa per tanta antipatia immotivata ed immeritata per una ragazza che, magari, quel giorno non era stata proprio decoubertiana ma come tutte ha buttato in campo impegno e litri di sudore per arrivare dove è arrivata. Ma sì, deve farcela, non fare scherzi Elena, vediamo nei prossimi mesi come va…
Prossimi mesi un corno. Un lunedì mattina di maggio apri il sito Wta per vedere se c’è il ranking nuovo e vedi la sua faccia in bianco e nero. Stavolta non hai bisogno di cliccare né di leggere il titolo per capire cosa sia successo. E ti senti un nano di fronte a una ragazza che a trent’anni se ne va mentre tu, che ne hai quattro di più, sei ancora lì in salute a leggere.
Guardi la foto in primo piano, come se anche lei stesse guardando te, e in quel momento ti sembra più bella e gentile che mai. Vorresti aprire il livescore e vedere che è un equivoco, che quel giorno stesso ha giocato le qualificazioni a Madrid. Vorresti vederla in campo e fare il tifo per lei anche se pochi mesi prima gioivi delle sue sconfitte. Vorresti quanto meno saperla ancora viva per incoraggiarla. Ma non si può. Il groppo in gola si scioglie in una lacrima d’addio che hai persino paura a raccontare per non risultare patetico.
Quanto sono piccole e stupide le cose di noi umani… ciao Elena.
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