Giacomo Bertolini
Non solo superpotenze, incassi faraonici, tornei sfavillanti e popolarità alle stelle. Il tennis che ti porta in alto, si sa, parte dal basso e allora ecco la nuova rubrica di Spazio Tennis che, con un occhio ai paesi outsider del circuito, si propone di svelare quei numerosi scenari sommersi ma fortemente radicati nei “sobborghi” del tennis. Altre realtà, altre difficoltà, altri eroi… altro tennis!.
Sbarca in Antigua e Barbuda la nuova tappa di Spazio (all’altro) Tennis per raccogliere la testimonianza del giocatore di punta dello stato caraibico, il 31enne mancino di Antigua Kevin Gardner…
Gli inizi con il colpo di fulmine in tv: “Ciao a tutti, il mio nome è Kevin Gardner e sono originario di St. John, Antigua, l’isola con una spiaggia per ogni giorno dell’anno! Ho iniziato a giocare a tennis quando avevo circa quattro anni. Non ho mai amato particolarmente guardare la tv come un bambino normale, ma un giorno sono incappato in un match di Coppa Davis degli USA che vedeva impegnato John McEnroe e, come ipnotizzato, non riuscivo a staccarmi dalla televisione. Mio padre si accorse di questa reazione e così due giorni dopo mi portò alla mia prima lezione di tennis. Fu incredibile, era come se avessi giocato da sempre, non mancavo mai una palla!.”
I primi riscontri ranking e il pellegrinaggio nei College: “Sono stato il numero 1 del mio Paese in tutte le categorie Junior, eletto sportivo dell’anno in Antigua e mantenuto il comando della classifica anche una volta passato al tennis professionistico, quando ho ufficialmente iniziato a disputare i primi tornei. Putroppo dopo poco ho subito dovuto interrompere l’attività perm l’eccessivo costo delle trasferte, che ovviamente comprendevano volo aereo e spesa per l’hotel. Tutto questo mi procurava una grandissima pressione visto che non ero mai realmente concentrato sulla partita ma sull’obbligo di vincere per pagarmi poi i viaggi. Così dopo due anni ho deciso che la cosa migliore da fare per amore del tennis era quella di trasferirmi nei college americani, forte del fatto di essere il miglior rappresentante del mio paese. Negli Stati Uniti ho frequentato una piccola scuola in Tennessee per due anni e successivamente la Wichita State University in Kansas e la Missouri Valley Conference. Dopo essermi laureato ho ripreso la mia attività, ma con notevoli problemi”.
I grandi paradossi di un piccolo paese: “Nonostante il nostro sia un un paese decisamente piccolo (108 miglia quadrate) abbiamo sorprendentemente un elevato numero di promesse, come due Under 18 attualmente iscritti al college. Inoltre Antigua e Barbuda è da sempre meta turistica e quindi ogni villaggi e dotato di numerosi campi da tennis I problemi però derivano dalla totale mancanza di struttura e di aiuti verso chi è nella delicata situazione di passare definitivamente all’attività professionistica. Qualcosa, ai vertici, sembra stia cambiando grazie all’intervento del nuovo presidente Cordell Williams, fortemente convinto della necessità di far vivere ai giovani talenti la formativa esperienza dei college statunitensi. Tuttavia i grossi problemi vengono da una precedente cattiva gestione con l’ex presidente Elia Armstrong incapace di svolgere al meglio i suoi compiti, come ha dimostrato la sua pessima gestione dei fondi ITF nel 1997 che di fatto ci ha impedito di prendere parte alla Coppa Davis e alla Fed Cup. Io in prima persona ho pagato a caro prezzo questo disinteresse: non avevo nessuno che mi indirizzasse nella scelta e nel numero di tornei da disputare e anche quando ho intrapreso la strada del college ho dovuto sbrigare tutte le pratiche da solo”.
Il tennis, la sua visione in Antigua: “Qui il tennis, come in tantissimi altri Stati, è considerato uno sport per ricchi con la convinzione che se giochi non puoi avere bisogno di finanziamenti. Inoltre qui il tennis,a differenza del cricket o del calcio, non è considerato sport nazionale e quindi il governo non è disposto a concedere aiuti economici neanche. Piccoli miglioramenti si sono registrati con l’intervento economico del Comitato Olimpico Nazionale e con la decisione di introdurre il tennis nelle scuole, ma è normale che senza allenatori validi che stimolino quotidianamente l’interesse dei giovani, alla fine in ragazzi scelgano altre discipline. A me ad esempio è capitato di proporre un bilancio per una trasferta di quattro tornei in Perù dal costo totale di 5.000 dollari ma mi è stato riferito che la cifra era esagerata per un singolo tennista. Ho tentato una seconda volta per alcuni Futures in Grecia ma non ho più avuto risposta (non è uno scherzo!)”.
Kevin e il suo rapporto speciale con la Coppa Davis: “Nonostante tutti i problemi sono molto legato al mio paese e da sempre il mio sogno non era raggiungere gli Slam, ma giocare per la mia nazione in Coppa Davis. Purtroppo però il 2001 è stata l’ultima volta che il mio paese ha preso parte alla manifestazione. Al momento non abbiamo quattro giocatori sufficientemente talentuosi ed esperti per competere al massimo e così si è pensato di unire le forze delle isole caraibiche vicine, di modo da potersi proporre come Organizzazione degli Stati Caraibici Orientali”.
In conclusione un pensiero in generale di Kevin Gardner:” Credo che in questo sport debbano cambiare tantissime cose a cominciare dalla mentalità. Si deve capire che il tennis non è semplicemente un hobby ma una professione al pari di un avvocato o di un medico, con gli stesso sacrifici e lo stesso duro lavoro per raggiungere obiettivi concreti. Inoltre penso che il Governo debba investire molto di più in questo sport e soprattutto affidare incarichi a personalità meritevoli e fidate, in grado di gestire al meglio le risorse che ci vengono concesse”.