di Giulio Gasparin
È una bella giornata a Barnstaple, Inghilterra. La tempesta è passata e pure un timido arcobaleno saluta il nuovo giorno mentre mi faccio strada verso il Tarka Tennis Centre. Sono un po’ nervoso dato che a breve intervisterò una delle rivelazioni di questo 2013, la ventitreenne americana Alison Riske.
La ragazza di Pittsburgh ha raggiunto il quarto turno agli US Open, ma soprattutto si prospetta come una delle possibili outsider ai prossimi Australian Open, dato il gioco aggressivo eppure ordinato che la contraddistingue.
Un sorriso dolce e sincero mi invita a sedere e ad unirmi al pranzo pre-allenamento.
Il sorriso è quello di Alison Riske. Non è solo il look da tipica collegiale americana, bionda e simpatica, c’è qualcosa in più, qualcosa che ti incanta e ti fa simpatizzare per lei.
La sua è stata una stagione eccezionale, come mai prima, in cui ha scalato oltre 120 posizioni nel ranking WTA, raggiungendo il numero 57 al mondo. Ciononostante, il suo atteggiamento è pacato e faccio fatica a capire chi tra noi due sia più eccitato da questa intervista.
“È stato un anno veramente buono per me, un po’ come me lo aspettavo da tempo,” dice con calma, ma poi si lascia andare ad una gioia più evidente: “non è stato niente di assurdo, cioè, ho giocato il mio gioco e le cose hanno cominciato a funzionare. Però è stato emozionante, direi che il 2013 lo ricorderò per sempre!”
Le ricordo però che seppure per lei non sia stato nulla di assurdo, molti fan del tennis sono rimasti basiti dalla performance con cui ha demolito Petra Kvitova agli US Open, ottenendo la prima vittoria contro una top 10 con un sonoro 6-3 6-0.
Quando le suggerisco che probabilmente sarebbe stato difficile credere a chiunque le avesse anticipato questo risultato in Gennaio, lei con tranquillità mi smentisce: “Alla fine, questa è la base del tennis, devi credere che queste cose possano succedere, altrimenti non dovresti nemmeno provarci. Quindi, come ho detto, non è stato nulla di assurdo, cioè, lei è una top 10, ma alla fine chiunque può battere chiunque in una data giornata, quindi alla fine devi solo concentrarti su te stessa.”
La sua voce dipinge un misto di umiltà e sicurezza e ancora una volta non posso che essere affascinato dal suo atteggiamento e carisma, anche se quello che più di tutto mi lascia senza parole è il suo essere estremamente determinata come tennista, eppure alla mano come ragazza fuori dal campo.
“Sono tornata ad allenarmi con il mio coach Yves Boulais la scorsa stagione, quindi ormai è più di un anno, e lui riesce a infondermi molta più fiducia in me stessa e da quando ho cominciato a credere in me, noto la differenza.” Poi continua spiegandomi come ci siano riusciti: “Sai, ora, anche se una settimana non gioco bene, so che posso fare meglio la settimana successiva, o quella dopo ancora…alla fine è questo ad aver fatto la differenza.”
Lei è molto loquace e seppure presto dovrà andare ad allenarsi, non ha fretta. Il suo sorriso sincero è una costante, il che rende la conversazione ancora più piacevole, ma non appena le suggerisco l’idea di finalmente rappresentare la sua nazione in Fed Cup, magari l’anno prossimo contro l’Italia, noto nella sua voce una nuova tonalità: l’orgoglio. Direi che senza esitazione Alison si sente orgogliosa di essere americana.
“Non sono sicura di essere convocata. Sarebbe un grandissimo onore per me, ma ci sono tante altre ottime giocatrici americane e quindi non si può sapere che cosa accadrà. Però se mi chiamassero, certamente sarei più che felice di rappresentare la mia nazione!”
Ed effettivamente, di competizione nel team America ce n’è. Molte ragazze stanno cercando di emergere alle spalle della numero uno Serena Williams. Ma Alison pensa che questa rivalità interna non sia che un beneficio, dato che alla fine sono tutte parte di un bel gruppo.
“Siamo tutte ottime amiche. Per esempio Melanie Oudin (ex number 31 al mondo, ad oggi scivolata al 129) è una delle mie migliori amiche, ma vado molto d’accordo con tutte le altre americane. Madison Keys (numero 38) è un’altra ottima amica…è un bellissimo gruppo e ci aiutiamo tutte, perché alla fine siamo qua fuori assieme e assieme rappresentiamo gli Stati Uniti e questo è qualcosa di molto speciale.”
È evidente la naturalezza nel modo in cui si esprime, priva di qualunque traccia di PR e frasi di rito. Quindi quando le chiedo quali sono i piani per le settimane a venire, si lascia andare ad un liberatorio: “Basta per questa stagione! Dopo questa settimana me ne vado in vacanza per due settimane, non so dove ne me ne preoccupo particolarmente. Ovunque va bene, purché non ci sia un campo da tennis!”
“Ma non fraintendermi, sono motivatissima per la nuova stagione. Ogni volta che c’è uno Slam alle porte è una nuova emozione, quindi è ancor più bello iniziare la stagione in Australia, è uno slam che adoro, inutile dire che non vedo l’ora.”
Eppure ancora una volta è evidente come la sua attenzione ricada più sul suo gioco e quindi sul miglioramento, anzi che sul risultato: “Penserò solo a giocare il mio tennis, restare aggressiva e credere in me stessa, sapendo che tutto può succedere.”
Ovviamente il suo programma per il 2014 sarà completamente diverso dagli anni passati, non essendo mai stata così in alto nel ranking. Subito Alison si dimostra eccitata all’idea, ma sorprendentemente mi spiega come sia convinta che di fondo non ci sia molta differenza tra gli ITF e i WTA, o comunque molta meno di quanto uno si aspetti.
“Non c’è un divario così grande tra i due, anzi, è una linea molto sottile quella che li divide. Più o meno chiunque qui [negli ITF] può giocare bene e quindi non puoi mai essere certa del risultato. Non importa se sei numero 5 o 500, tutti sanno giocare a tennis, perciò devi sempre portare in campo il tuo miglior gioco, ogni giorno.”
Presto colgo un altro aspetto fondamentale della personalità di Alison, qualcosa che può sembrare scontato, ma che di certo non lo è nel mondo dello sport professionistico: lei ama perdutamente quello che fa.
“Amo veramente tutto nel tennis. Certo, ci sono anche momenti difficili, ma devi comunque rimanere ottimista, perché fa parte del gioco. Questo è lo sport, non puoi sempre vincere, quindi devi trovare le cose che ami e portarle sempre con te, perché queste sono le cose che ti aiuteranno ad uscire dai momenti duri.”
Sono particolarmente ispirato da queste sue ultime parole, tant’è che me le annoto immediatamente, mentre le dico quanta verità ci sia in esse, perché per quanto semplici, sono la chiave per il successo. O più importante ancora, il modo per non perdere la passione in quello che fai.
Nuovamente lei si dimostra timida e sorride imbarazzata, proprio prima di salutarmi invitandomi ad un nuovo incontro in futuro.
È ora di allenarsi per lei.
Il mio suggerimento ai fan del tennis è quello di tenere questa ragazza sott’occhio, perché non è detto che a Melbourne non possa ripetere quanto fatto agli US Open. Sicuramente, lei il gioco ce l’ha.
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