(Foto tratta dal sito ufficiale della Federation Cup)
di Sergio Pastena
La canzone del titolo qualcuno la ricorderà direttamente, qualcun altro di sicuro la conoscerà: è un successo dei Rokes del 1966 nel quale il gruppo inglese, poco noto in patria ma decisamente in voga in Italia, chiedeva alla gente che colpa avessero loro se amavano portare i capelli lunghi.
Scomodiamo Shel Shapiro per descrivere la finale di Federation Cup appena archiviata, che ha portato all’Italia il quarto titolo nelle ultime otto edizioni a scapito di una Russia che era l’ombra di sé stessa. La storia è nota: la russe in teoria avrebbero potuto schierare le numero 18, 21, 24 e 25 della classifica mondiale (senza considerare la Sharapova) e invece hanno messo in campo le numero 12, 16, 19 e 25 del ranking nazionale. Tutto mentre la Vinci rinunciava a Sofia senza batter ciglio e la nostra squadra si presentava all’appuntamento compatta come un blocco di granito.
Pathos c’è stato, eccome, ma tutto nella prima partita: la Panova, prima singolarista difficilmente immaginabile, ha messo in campo l’anima e anche di più contro Robertina Vinci, a cui però proprio non andava giù l’idea di perdere il proprio singolare e così si è inventata una rimonta di quelle che travalicano l’epica. Quattro i match point annullati per timbrare l’8-6 al terzo che avrebbe steso tranquillamente una mandria di bisonti.
Per le tenere russe, infatti, è finita lì: si sono alternate in campo Khromacheva e Kleybanova, ma contro la Errani han racimolato 7 games totali. Il quarto punto è arrivato dal doppio Pennetta-Knapp, che hanno steso al terzo set Gasparyan e Khromacheva.
No, non ci piace vincere facile, può piacere soltanto ai cultori degli almanacchi quello. Il 3-2 al Belgio del 2006 resta impresso a fuoco nei ricordi certo più delle seguenti vittorie contro gli Stati Uniti e di questa contro la Russia. Tuttavia i fatti dicono che ci sono nazioni che questa competizione se la filano il giusto necessario e la cosa non è negabile: non è che gli Usa si presentino sempre in campo con le Williams, salvo quando c’è da ottenere un pass per le Olimpiadi (tra parentesi: buffonata che andrebbe abolita). Ebbene? Non è certo qualcosa di cui dispiacersi, è un motivo di vanto casomai. Ognuno scelga la sua strada, noi possiamo solo continuare ad essere orgogliosi di queste ragazze e degli anni d’oro che ci stanno regalando.
Ad ogni modo la notizia buona è che, dall’anno prossimo, la finale della Fed Cup si giocherà con qualche giorno di ritardo e non si andrà a sovrappore al Masterino. Sia lodata l’ITF, nonostante la prontezza di reazione tipica dei bradipi narcotizzati. Forse ci si è arrivati al concetto che non si può chiedere ai tennisti di rinunciare a dei premi per la gloria, visto che si parlerebbe di uno sport individuale.
A proposito di Masterino: a Sofia le russe han combinato pochino, solo la Pavlyuchenkova è arrivata in semifinale. Alla fine a vincere è stata la rumena Halep, che a questo punto ha il decimo posto nel mirino. Applausi ad una ragazza che, per la feroce voglia di emergere che aveva, non ha esitato a fare scelte forti nel corso della vita.
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