di Marco Mazzoni
La stagione tennistica è al rush finale. Il Master 1000 di Bercy assegnerà questa settimana gli ultimissimi posti per le ATP Finals, ultimo torneo dell’anno che scatterà a Londra lunedì prossimo. Inizia quindi anche il momento dei bilanci sulla stagione, sui vari tennisti e sui movimenti.
Che il tennis maschile USA sia in crisi è evidentissimo, e non da oggi. Non un tennista americano è nei top10, e gli ultimi che ci sono arrivati (Fish e Isner) sono stati ottimi giocatori di passaggio, quasi un premio alla loro buonissima carriera, ma niente di più.
Analizzare la crisi del gigante americano è cosa complessa, che magari affronteremo più avanti in un contributo più approfondito. Gli USA sono stati leader incontrastati del tennis mondiale dall’era Open all’ultimo lustro, eccetto il momento di passaggio tra la generazione di McEnroe e Connors e quella incredibile di Courier, Sampras, Agassi e Chang. Poi è iniziata una lenta, inesorabile, discesa. Non vincono un torneo dello Slam maschile dallo US Open 2003, quando fu Roddick ad alzare nel cielo di NYC la coppa. Poi solo finali (Agassi e Roddick), ed una erosione continua, che sarà difficile arginare a brevissimo poiché i vari giovani che stanno uscendo (Harrison, Sock, Kudla, ecc.) non sembrano avere i requisiti per “spaccare”. Tanto che in molti aspettano Kozlov, ma ancora troppo giovane (classe 1998) per essere giudicato più di una speranza.
Tra i vari dati sulla crisi del movimento maschile USA, uno curioso e che forse in pochi hanno notato è proprio sulle presenze di “yankee” al Master ATP. Dalla sua prima edizione andata in scena nel 1970 ad oggi, solo in 4 occasioni nessun americano ha preso parte al grande evento di fine stagione. Questo è successo nel 1986 (appunto il “momento” di passaggio di cui dicevo sopra); nel 2009, quando però Roddick si era qualificato ma non scese in campo per problemi fisici; nel 2012 e quest’anno. Quindi la tendenza è veramente al ribasso, segno evidente di come il tennis maschile Usa sia davvero ai minimi storici. Tutto fa pensare che anche nel 2014 la storia si ripeterà, e chissà ancora per quanto. Se Serena Williams ha appena chiuso una delle migliori stagioni tennistiche di sempre vincendo il Master femminile, e dietro di lei c’è fermento tra le ragazze americane, non si può certo dire altrettanto per i suoi connazionali.
Gli Stati Uniti restano la nazione che vanta più vittorie al Master: 11 su 43 edizioni disputate, grazie a Stan Smith (1 successo, il primissimo nel 1970); Connors (solo 1 titolo per Jimbo nel 1977); McEnroe (3 vittorie: 1978, 1983 e 1984); Agassi (1990); e Pete Sampras (5 successi: 1991, 1994, 1996, 1997 e 1999). Oltre alle vittorie, anche 13 presenze in finale, con campioni come Ashe, Gerulaitis, Courier, Chang e James Blake, che con la sua finale persa contro Federer nel 2006 è stato l’ultimo americano ad arrivare all’atto conclusivo.
Paiono secoli, ma era solo il 1999 quando il Master ATP fu deciso da una finale tutta a stelle e strisce, con Sampras che sconfisse Agassi, gustosa ciliegina ad una stagione molto vincente per il tennis USA. Anche nel 1991 e 1978 la finale del Master fu tutta americana, e nel 1985 ben 5 tennisti sugli 8 qualificati erano americani! Fu il record assoluto per la manifestazione, nelle edizioni con 8 tennisti in campo. Record che appare un miraggio lontanissimo per il movimento americano, ma che probabilmente sarà impossibile da superare per tutti.
Leggi anche:
- None Found