di Alessandro Nizegorodcew
Il 25 ottobre del 2008 ero a casa, al computer, con Msn aperto (si, a quel tempo ancora si usava, ora facebook ha fagocitato tutto). Parlavo con Flavio Cipolla, che in quel momento era in un qualche torneo asiatico. Non sapevo ancora nulla della morte di Federico Luzzi. Chiacchieravo del più e del meno con “Cipo” quando lui si accorse che non avevo idea di cosa fosse successo. Conoscevo abbastanza bene Federico, ci eravamo incontrati decine e decine di volte in giro per tornei, non eravamo amici ma c’era stima reciproca e si scherzava sempre del più o del meno. “Sai cosa è successo a Luzzi?”, a quella domanda mi si gelò il sangue.
Non sapevo, non ci volevo credere, lo avevo visto pochi giorni prima al Parioli, quando in un match di Serie A aveva superato in tre duri set il campano Accardo. Non era il miglior Luzzi, questo era certo, in uno dei momenti più duri della sua carriera. “Che vita mediano” mi disse uscendo da quel campo. Come dar torto ad un ragazzo che aveva vissuto tanti momenti esaltanti nella sua vita tennistica e che si ritrovava a lottare contro (con tutto il rispetto possibile) Alessandro Accardo.
Ricordo come fosse oggi il fantastico match con Arazi al Foro Italico (ancor più di quello con Clement, anch’esso fantastico), ricordo una vittoria a Roma nelle qualificazioni contro Vliegen, che fece innamorare di Federico tutti i presenti. Ricordo una passante sotto le gambe incrociato stretto contro Coria a Melbourne e un pallonetto vincente in tweener contro Gaudio sul centrale di Buenos Aires. Ricordo le “luzzate”, tante, infinite “luzzate”. Ricordo il pugno (sacrosanto) a Koellerer. Ricordo Sanguinetti disintegrare una racchetta in un match di Serie A dopo un passante stretto di diritto di imbarazzante bellezza di Federico. Alla fine di quel match mi aveva fermato e mi aveva detto “Oh, ma hai visto che ho fatto?!” Sapeva benissimo che l’avevo vista, quella “luzzata”, e che ne avrei scritto nel mio articolo giornaliero. Ricordo la rabbia di Federico nell’affrontare Puerta, dopo due squalifiche per doping, in un challenger italiano, vincendo di grinta e talento e l’incazzatura per quell’assurda squalifica dovuto al caso scommesse. Ricordo un match a Todi, al rientro, contro uno spagnolo che sciolse clamorosamente. “Torno da una squalifica per scommesse e vinco contro uno che se l’è venduta, è il colmo”, sapeva sempre essere pungente e allo stesso tempo brillante. Ricordo anche tante litigate in campo, una proprio in Umbria, contro il suo amico Marco Crugnola. Perché, diciamoci la verità, in campo Luzzi era un bel rompipalle.
Oggi è il giorno per ricordare Federico Luzzi, a 5 anni dalla sua prematura morte. Oggi è il giorno per scrivere un articolo, per abbracciare mamma Paola, tutti i suoi parenti e la Fede Lux. Ma ogni giorno, in un modo o nell’altro, Federico Luzzi sa essere presente e il suo ricordo non svanirà mai.
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