La parabola di Agnieszka

di Giovanni Cola

I cultori, ancora più che i tifosi, di Agnieszka Radwanska ormai si sono abituati ad essere delusi, proprio sul più bello, dalla propria beniamina. Perchè, diciamoci la verità, sostenere Aga assomiglia ad un vero e proprio atto di fede. E’ vero che si trova stabilmente tra le top 10 da diversi anni, altrettanto vero che ha recentemente migliorato la potenza dei suoi colpi e l’intensità del suo gioco ma la sensazione è che fallisca sempre l’appuntamento che conta. Metaforicamente, si può dire che sbagli dei rigori a porta vuota.

Un esempio calzante della sua “sindrome”, in scala minore, può essere sicuramente quello della finale di Stanford in cui la polacca ha sprecato una miriade di occasioni per conquistare il titolo, prima di cedere il passo alla sua avversaria, una Cibulkova prontissima a concretizzare gli assist che le erano stati forniti.

Quello che però davvero manca al palmares dell’attuale n.4 del mondo per farla diventare una campionessa a tutto tondo è ovviamente un titolo dello Slam. Un obiettivo al quale la Radwanska punta dichiaratamente già da tempo. In tanti, a tal proposito, hanno sostenuto che la finale di Wimbledon 2012 non fosse realmente alla sua portata, nonostante abbia provato ad impensierire una Serena straripante in quei Championships.

La vera chance, a detta dei suoi supporters ma anche di qualche detrattore, è stata invece quella di quest’anno. Per i motivi più disparati, tutte le big erano state eliminate prematuramente e Aga cosa combina? Perde 9-7 al terzo in semifinale contro la Lisicki dopo essere stata avanti di un break nel set decisivo. Sarebbe potuto essere il “turning point” della sua carriera. Ma purtroppo la polacca, a pochi metri dal traguardo, si è sciolta come neve al sole. Tanto che ha iniziato a farsi sempre più strada l’ipotesi che i suoi veri limiti non siano tecnici ma prettamente psicologici.

Di certo il tempo gioca a suo favore, ha solo 24 anni e ha già potuto maturare una solida esperienza sul circuito dove è tra le protagoniste dalla fine del 2008. Sappiamo tuttavia come nel tennis femminile il ricambio ai vertici sia molto repentino rispetto a quello maschile, tante giocatrici emergenti scalpitano dalle retrovie e, nonostante la longevità si sia allungata, è davvero complicato riuscire a rimanere al top senza riuscire a marcare un autentico punto di svolta.

Personalmente credo comunque che Aga possa beneficiare nel medio termine anche dell’onda lunga derivante dall’ “effetto Polonia”. L’esplosione di Janowicz può indubbiamente dare motivazioni e una marcia in più a tutto il movimento. Non va dimenticato infatti che dopo l’exploit di Wimbledon, la Radwanska, lo stesso Jerzy e Lukacs Kubot sono stati ricevuti in pompa magna addirittura dal presidente della Repubblica a Varsavia.

Azzardo un pronostico e dico che nella Us Open Series sul cemento la giocatrice di Cracovia si rivelerà un osso duro per tutte. Urge a breve quel salto di qualità che da lei ci attendiamo ormai da tempo.

In compenso, nelle ultime settimane, Agnieszka ha avuto una bella gatta da pelare in patria. Un suo servizio fotografico senza veli per la rivista Espn ha scatenato un putiferio nella cattolicissima Polonia. Mi trovavo a quelle latitudini proprio quando è scoppiato il caso e vi assicuro che i giornali locali hanno dato ampio spazio alla vicenda. Quegli scatti le sono costati pure l’espulsione da un gruppo di giovani cattolici di cui lei faceva parte, essendone una sorta di madrina. Una “scomunica” che ha avuto l’effetto di revocarle il ruolo di ambasciatrice. Per fortuna qualche voce fuori dal coro si è levata: “E’ una bella ragazza, snella e capace – si legge nel tweet di un politico del partito conservatore – voi che la criticate, siete forse gelosi?”.
Mai cinguettìo potè dirsi più azzeccato.

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