di Roberto Bontempi
Roma, 17 maggio 2057
“Nonno, raccontami di quella volta al Foro, tanti anni fa…”
“Sono passati davvero tanti anni, piccolo mio, ma ricordo quel giorno come fosse ieri. Faceva caldo a Roma, un caldo terribile: il primo sole era sempre al Foro, a quei tempi. Era il 10 maggio 2007… Un mercoledì… Sul Campo centrale si affrontavano Roger Federer, numero uno del mondo da 170 settimane di fila, vincitore (fino a quel momento) di 10 Grandi Slam, uno dei più forti tennisti di tutti i tempi, e il nostro Filippo Volandri, onesto numero 1 d’Italia ormai da qualche anno. Ma, aspetta un attimo… Mi ricordo di aver scritto qualcosa subito dopo quella partita… Lascia che te lo legga… Sii paziente, non è molto lungo…
E’ vero. E’ tutto vero. Si dirà, io stesso l’ho pensato più volte durante il match, che Federer ha giocato la più brutta partita degli ultimi quattro anni: è vero. Si dirà che ha commesso la bellezza (?) di 44 errori gratuiti: è verissimo. Si dirà che sua maestà, «il re dei re», come l’aveva definito Volandri subito dopo la vittoriosa battaglia con Gasquet del giorno prima, non aveva troppa voglia e che è in un momento decisamente poco brillante: è stra-vero. La sapete una cosa: niente deve minimamente scalfire la soddisfazione, la gioia, il crogiuolo di emozioni che questa impresa straordinaria ha sorprendentemente fatto esplodere nel cuore degli appassionati italiani. Niente. E la gioia, per chi c’era, è stata incontenibile. Sapete, Volandri ha giocato il match perfetto perché, queste partite con questi mostri sacri è maledettamente difficile vincerle, anche quando i campioni non sono al massimo. Perché viene il braccino sul più bello, perché nel tennis, si sa, bastano due palle per cambiare il volto di una partita. A Volandri, in un assolato mercoledì 10 maggio 2007, sul centrale del Foro italico contro Roger Federer, questo non è successo. Lasciamo stare il primo set (un Federer che subisce tre break consecutivi credo non sia mai accaduto nemmeno in qualche gara under-12…), nel secondo Filippo ha giocato da giocatore vero: ha continuato ad aggredire lo svizzero come dal primo punto ed ha tenuto i propri turni di servizio con un’autorevolezza sbalorditiva. Federer, dopo il primo break ceduto, è salito alla battuta, ma Filippo, le cui incertezza nella messa in gioco sono diventate proverbiali, è rimasto attaccato al leone ferito in modo fantastico. La volontà, il cuore, le motivazioni messe in campo da Filippo resteranno impresse in modo indelebile nella memoria degli appassionati, come quel giro di campo in stile calcistico e tutto il pubblico ad applaudire e cantare a squarciagola. Abbiamo assistito ad un evento storico per il tennis italiano. Pensate che l’ultima volta che un tennista azzurro era riuscito a superare il primo della classe sul campo (Pozzi aveva battuto Agassi al Queen’s nel 2000 approfittando del ritiro del kid di Las Vegas in non perfette condizioni fisiche eppure in vantaggio) era stato nel 1976, (solo 31 anni fa…), quando Adriano Panatta superò Jimmy Connors. Io ancora non ero nato. Stavolta però, no. Stavolta… io c’ero”.
“Che bello, nonno, sembrava proprio di essere lì!”.
“Mi fa piacere, piccolo, che ti sia piaciuto. E… Sai una cosa? Anche se allora non c’era ancora nemmeno tua madre, sapevo che un giorno ti avrei raccontato questa bella storia. E non sai quanto sono contento che sia accaduto”.
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