(Stefano Napolitano – Foto Nizegorodcew)
di Alessandro Nizegorodcew e Giacomo Bertolini
Parla ai microfono di Spazio Tennis la promessa azzurra Stefano Napolitano, biellese classe 1995 incontrato sui campi del Rai Open.
Come giudichi il tuo torneo?
“Devo dire che sono tutte partite di ottimo livello. In singolare ho giocato con Meffert che a 32 anni sta giocando il suo miglior tennis della carriera, facendo anche l’anno scorso il best ranking al numero 160 Atp. E’ stata una partita strana, io sono partito lento e contratto e faticavo a prendere punti di riferimento anche se poi, specialmente dopo il break nel secondo set, sono riuscito a metterlo in difficoltà. Per quanto riguarda invece le palle break avute mi rimprovero solo l’ultima con il mio errore con la risposta di rovescio dopo un ace e un servizio vincente, mentre in doppio abbiamo perso al secondo turno dopo aver giocato un bel match eliminando al primo le teste di serie numero 4 Ignatik/Kovacs”. E’ un bel modo per confrontarsi, anche in allenamento, con tennisti di grande livello, diversamente da quanto accade ad esempio in Challenger sperduti in Sud America che, vista la chiusura dei tabelloni a 500, somigliano molto di più a tornei Futures. Dovendo poi, e inevitabilmente, alzare il tuo livello di gioco, salgono le motivazioni e la determinazione, sfruttabili anche nei circuiti Futures e Junior.”
Come giudichi il tuo livello, anche dopo il match con Schoorel a Vercelli?
“Schoorel mi ha messo in difficoltà anche perchè lui, essenso un ex top 100, fa viaggiare la palla in maniera diversa, e si vede, anche se sono soddisfatto per aver comunque trovato i giusti meccanismi per arrivare al tie break. Alla fine a livello Future molto dipende anche da questi match: quando li porti a casa capisci di essere arrivato a una svolta che poi serve ovviamente anche per il ranking e per tutti gli altri aspetti.”
Qual è il termometro del tuo gioco?
“Direi il servizio. Essendo 1.95 non posso certamente scambiare più di tanto e quindi punto molto su quello, anche se sto lavorando molto sull’elasticità e la mobilità in campo. A proposito di questo devo dire che noto già dei miglioramenti e considerando che l’età media dei top 100 è 27 anni e che i giovani emergenti in classifica ne hanno 21 circa, penso di avere ancora diversi anni per miglirarmi ancora.”
Sei uno dei quattro giovani più interessanti, come gestisci questa pressione?
“E’ vero che siamo quattro ma è anche vero che l’attenzione è particolarmente accentuata su uno (Quinzi; ndr). Ammetto che questa situazione non mi dispiace anche perchè non è semplice lavorare sotto pressione e avere mille occhi addosso. Al di là di questo credo che avere quattro giovani di questo livello sia molto importante anche perchè abbiamo tutti caratteristiche diverse. Il fatto poi di vedere miglioramenti e risultati dagli altri ti spinge a lavorare ancora di più per cercare nuovi stimoli in un clima di sana competizione.”
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