di Marco Mazzoni
Sette mesi, anzi per l’esattezza 223 giorni. Tanto ha aspettato Rafael Nadal a tornare in campo dopo la sconfitta choc contro Rosol sul centrale di Wimbledon. Durante questo periodo si è scritto di tutto e di più su di lui. Sicuramente troppo, anche per colpa di una gestione non proprio perfetta della comunicazione da parte del suo clan, che con qualche contraddizione ha alimentato polemiche, e persino tetri sospetti. Mesi difficili, passati tra riposo, comparsate in eventi vari (sportivi e non) e tanta riabilitazione per recuperare dai problemi al ginocchio. Dell’immenso fiume d’inchiostro che ha segnato il periodo, dividendo i suoi tifosi e quelli che lo amano di meno in una sorta di guerra punica moderna, tutto il tennis ne avrebbe fatto volentieri a meno. Finalmente questa pagina bruttina del nostro sport è stata buttata nel cestino ieri sera, quando il “toro” di Manacor è tornato in campo, a far parlare la sua racchetta.
C’era tantissima curiosità, ovviamente, per questo grande rientro. Rafa è tornato in un evento piccolo, sulla fidata terra battuta, per assaggiare di nuovo le sensazioni di gioco e la partita, per provare a se stesso di essere guarito e di poter continuare a competere. E’ entrato in campo con lo sguardo quasi perso, e il suo incedere fin dal palleggio è stato per una volta leggero, senza emettere quella potenza e quel magnetismo che sempre l’ha contraddistinto. Di fronte a lui Del Bonis, argentino mancino di belle speranze arenato nel limbo tra grandi tornei ed eventi minori. Un’occasione storica per lui, provare a battere uno dei numeri 1 più forti del tennis moderno nel momento più difficile della carriera, appesantito da mesi di ruggine e dalla paura di un nuovo crack. L’inizio non è dei migliori per Nadal. Cortissimo nel palleggio, insicuro, incapace di imprimere alla palla quelle violentissime rotazioni che la rendono ingovernabile. Si muove con passo felpato, non scaricando la forza a terra sulla gamba malandata, non rientrando mai sul contropiede. Soprattutto non correndo come il “vero” Nadal, quello che azzannava ogni palla come se fosse l’ultima. Va sotto nel punteggio, il suo sguardo non è libero, come il suo braccio che mai lascia andare a tutta velocità. Poi arriva un gancio di dritto vincente, quindi un bel servizio, e anche un rovescio cross millimetrico a pizzicare la riga laterale. I punti iniziando a farsi lottati, le gambe sono più veloci, con i piedi di Rafa che adesso non accarezzano più la terra quasi titubanti, ma la calpestano con forza e decisione, cercando trazione e spinta dei giorni migliori. Anche il braccio ora va via veloce, e la palla diventa per magia tremendamente arrotata. Vincente.
Arriva la vittoria, ma il risultato è un dettaglio accessorio, perché Rafal lo attendiamo a ben altre sfide e contro avversari più consistenti. Quel che interessava era valutarne l’efficienza fisica e il gioco. Da una primissima partita non è possibile trarre certezze, ma proviamo a scrivere le sensazioni che ci ha dato, visto in tv, attendendo ampia verifica nei prossimi giorni e tornei; anche perché spesso problemi come quelli che ha subito possono tornare dopo una serie di match, accumulando stanchezza e usura di partite più lunghe, e dure, come quelle che andrà ad affrontare contro i top players.
Dopo le primissime fasi di studio, s’è scrollato di dosso le titubanze accumulate in tanto stop e la “macchina” Nadal pare aver ripreso la sua corsa. Un po’ arrugginita ma tutt’altro che rottamata. Nel finale di partita correva piuttosto bene, senza scaricare a terra quella potenza devastante a cui ci aveva abituato, ma con buona velocità ed agilità. Andrà verificato contro tennisti che gli proporranno scambi più serrati e palle più consistenti, ma fisicamente pare piuttosto pronto. C’era una curiosità quasi maniacale in merito al suo tono muscolare, visto che in tanti si ricordano il rientro a fine 2009 dopo lo stop estivo, quando in campo apparì piuttosto dimagrito, quasi smunto. Niente di tutto questo: Rafael sembra quello doc, tonico e asciutto. In forma.
La cosa più interessante è aver notato nel suo tennis qualche piccola novità tecnica. Intanto il servizio. Ha decisamente migliorato la fluidità dell’esecuzione, rendendola più rapida, senza quell’attimo di pausa a rompere il movimento quando la palla sta per terminare la fase di ascesa; pausa che interrompeva l’inerzia e lo costringeva ad uno strappo maggiore, perdendo quindi di forza e anche di precisione. Il gesto è più continuo, sfrutta al meglio tutta la catena di forze del corpo. Non è un caso che il servizio più forte dell’era moderna, quello di Sampras, era anche il più efficiente dal punto di vista biomeccanico, senza strappi e pause; tanto che Pete non solo era una sentenza alla battuta, ma in 15 anni di circuito non ha mai avuto un mezzo infortunio a spalla o schiena, nonostante chiedesse tantissimo alla battuta. Trovare un servizio più sicuro, forte e redditizio potrà essere l’asso nella manica di Nadal.
Inoltre nel match di ieri l’iberico ha usato più spesso del solito il back di rovescio, con un movimento anche ben eseguito, a spezzare il ritmo dello scambio e buttare lateralmente indietro il rivale, guadagnando campo. Una soluzione che soprattutto su terra battuta Nadal usava pochissimo, preferendo un colpo in topspin estremo per cacciare dietro l’avversario. Può darsi abbia scelto un maggior uso del back perché ancora insicuro nel suo “toppone” alla massima velocità, ma può essere una soluzione tecnico – tattica molto interessante, a migliorare il suo gioco.
Infine ha tentato più volte il winner di dritto lungolinea, con un movimento piuttosto piatto a cercare la massima velocità. E’ un’altra soluzione estremamente interessante, perché tatticamente sorprende l’avversario (che tende a spostarsi a sinistra per coprire il rovescio), accorcia gli scambi (diminuendo quindi lo stress fisico e articolare), e mette in mostra anche le sue capacità tecniche spesso sottovalutate. Un occhio meno esperto resta di stucco di fronte a tanta forza, potenza e consistenza, quando invece Nadal avrebbe mano per produrre vincenti quasi piatti. Una soluzione che genera anche spettacolo, quindi a maggior ragione benvenuta in un tennis troppo muscolare, ormai anchilosato su scambi continui alla ricerca dell’errore dell’avversario piuttosto che del vincente rischioso. Se il “nuovo” Nadal cercherà maggiormente il winner, sarà ancor più il benvenuto.
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