di Luca Brancher
“As happens sometimes, a moment settled and hovered and remained for much more than a moment. And sound stopped and movement stopped for much, much more than a moment.” J. Steinbeck
Ci sono momenti nella carriera di un tennista che resteranno scolpiti per sempre nella memoria: non solo nella loro, anche in quella dei propri tifosi. La prima vittoria da professionista, il primo torneo portato a casa, il primo scalpo di un certo valore e, perché no, la prima apparizione in un Grande Slam. Per tutti i tifosi di Andrea Stoppini, quindi, la giornata di sabato 17 gennaio 2009 assumerà un significato particolare, perché proprio in questa data, quando in Italia erano quasi le sette del mattino, il tennista trentino ha trovato la sua prima qualificazione in un torneo del Grande Slam, all’ottavo tentativo, il secondo in Australia.
E’ alquanto difficile scrivere di Andrea Stoppini senza ricadere nella consueta stereotipazione che vuole il nostro tennista non aver raccolto quanto il suo braccio avrebbe meritato, nel corso degli anni: discorsi che spesso finiscono col designare la vittoria su Andre Agassi – immagino nota ai più – come un apice, che in realtà apice tennistico non è stato. Perché, nel corso della sua carriera, Stoppini ha saputo costruire, passo dopo passo, un proprio percorso, che gli ha consentito di avere quella qualità che, prima, gli mancava: la continuità. La caratteristica principale, quella necessaria per scalare il ranking, quella che non può mancare, se si vuole attingere pienamente dal proprio repertorio.
I primi segnali di un’acquisita continuità erano giunti la scorsa estate, durante la consueta trasferta americana: la finale ad Aptos (vittorie su giocatori come Bogdanovic, Amritraj e Jenkins, prima di arrendersi a Kim), i quarti a Lexington (si fermò davanti a uno scatenato Dev Varman), le qualificazioni a Cincinnati (eliminando Clement) e a Los Angeles (battuti Yim e Vemic) – dove poi ha saputo sfruttare il trend positivo superando anche un turno nel tabellone principale, contro Igor Kunitsyn – erano un’autentica svolta per un tennista capace sì di impressionare, ma con risultati alterni e discontinui.
Non è un caso che, proprio al termine di quel mese d’oro, l’azzurro ha colto il suo best ranking, numero 213. Ma al di là dei numeri, che possono sì sottolineare i progressi, ma non riescono a cogliere appieno quello che c’è dietro, era proprio l’acquisita sicurezza e la capacità di vincere con una certa continuità match su match, che lo collocava in una nuova dimensione, sconosciuta fino a quel momento:
per questo motivo, la vittoria su Agassi non deve essere vista come l’unico high-light della carriera dell’azzurro.
Come già detto, per Andrea, si trattava dell’ottava presenza in un tabellone di qualificazione dello Slam, ed era per la seconda volta al turno decisivo, dopo Parigi 2005, in cui vinse due belle partite contro Giovanni Lapentti e Michael Berrer, prima di cedere abbastanza nettamente ad un caldo Robin Vik. Questa volta il trentino ha saputo regolare con disarmante facilità l’elvetico Stephane Bohli e il croato Antonio Veic, mentre un po’ di fatica ha fatto nel superare il tedesco Simon Stadler, ma, fatica o no, in quest’occasione, la qualificazione è andata in porto: altro sintomo di continuità.
Non rovinerà il momento, poi, il sorteggio nel tabellone principale, che tra le tante possibilità ha riservato a Stoppini il terzo giocatore al mondo, nonché detentore del titolo, Novak Djokovic: di certo, le possibilità sono ridotte al lumicino – pur volendo essere positivi – ma le sensazioni che potrà finalmente vivere lunedì pomeriggio, sul campo centrale di Melbourne Park, potrebbero tramutarsi in stimoli per raggiungere nuove vette tennistiche. Alla faccia di chi dice che un’atleta, prossimo ai 29 anni, non può più regalarsi, e regalarci, grandi emozioni.
Perché la sfida con Djokovic, in uno scenario così prestigioso, potrebbe essere uno di quei momenti, che seppur limitati nel tempo, possono lasciarti dentro un’emozione, una sensazione che potrà incidere positivamente per molto, molto più di un momento. E allora, prima che il momento finisca, goditelo, Andrea.
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