di Luca Brancher
Lungimiranza. Come il titolo di una canzone degli Offlaga Disco Pax: primi giorni di ottobre di quest’anno, mi chiama un amico e mi rivolge una domanda a bruciapelo “Ehi, secondo te posso puntare pesante su Mahut contro De Schepper?”. Esito. Va sempre a finire così, per quanto io abbia chiarito il concetto che non mi va a genio di fornire dritte sul fronte scommesse, capita che qualcuno cerchi di estorcermi consigli in tal senso. Vabbè, ci rifletto un secondo, cosa sarà mai, ogni tanto posso pure venire meno al mio proposito e cercare di invertire quella beffarda tendenza secondo cui, nello stesso momento in cui dalla mia testa un pronostico passa attraverso la mia bocca e diviene di dominio pubblico, il giocatore da me citato non passerà, nei mesi a seguire, il momento più florido della propria carriera.
Riflessione, quindi. Mi focalizzo prima sull’eventuale vincente: Nicolas Mahut. Il francese, quest’anno, ha disputato una buonissima prova al Roland Garros, dove si è issato fino al terzo turno perdendo in quattro frazioni contro Roger Federer. Poi la sua stagione non è proseguita sugli stessi binari di quell’acuto tardo-primaverile, ma nonostante tutto aveva dimostrato di vincere le partite alla sua portata, marcando visita in rarissime occasioni. Poi la superficie rapida di Mons garantiva al transalpino di poter contare sulle proprie armi preferite, e dall’altra parte della rete, per quanto si stagliasse un tennista con la medesima predilezione per questo manto, si trovava un giocatore che invece aveva mostrato una chiara difficoltà nel periodo antecedente.
E poi Kenny De Schepper.. Kenny De Schepper, ma avete visto i risultati ottenuti in queste ultime settimane da Kenny De Schepper? E c’è bisogno di chiederselo? “Ma sì, giocati Mahut, vai tranquillo”.
Ebbene, per la prima volta in vita mia, un pronostico proposto via cavo telefonico non ha inciso negativamente tanto sul futuro dell’eventuale vincitore, poi sconfitto – oddio, in realtà non si può sapere, perché Mahut dopo quella partita non ha più messo piede su un campo da gioco di una competizione ufficiale, per cui sudo freddo – quanto positivamente sull’eventuale sconfitto, poi vincitore. Eggià, perché da quel momento la stella di Kenny De Schepper è tornata a brillare. A Mons, dove a livello di secondo turno quella partita era andata in atto, il francese si sarebbe aggiudicato il titolo, partendo dalle qualificazioni, in un torneo che senza cadere in un’iperbole potremmo equiparare ad un ATP 250 – basti pensare che in finale ha poi sconfitto Llodra, semifinalista a Bercy, dopo essere venuto a capo di un altro tennista esperto come Olivier Rochus. Non esausto dalle fatiche valloni, King Kenny, come é comunemente soprannominato, ha fatto rientro in patria, aggiudicandosi di slancio un’altra manifestazione del circuito challenger, quella di Rennes, mantenendo intonsa una statistica piuttosto indicativa sul suo stato di salute: 8 tie break disputati, 8 tie break vinti, mai più di 5 punti concessi agli avversari. La sua serie di partite vinte senza incappare in rovesci, giunta a quel punto a 13, si sarebbe fermata due unità più in su, quando a sorprenderlo, a Seoul, nei quarti di finale di un nuovo challenger, sarebbe stato il thai Danai Udomchoke, al termine di un terzo parziale che aveva visto il “nostro” avanti di un break. Un exploit significativo che ha riportato Terminator, così come è stato invece identificato dal collega irlandese James Cluskey, molto vicino ai primi 100 tennisti del ranking mondiale, ma nemmeno così inatteso, dal momento che la carriera di De Schepper, ad oggi, ha sempre fatto affidamento su periodi molto pregni di soddisfazioni, alternati ad altri nei quali le gioie sono state parche.
Figlio di un giocatore di squash belga, Kenny De Schepper è nato a Bordeaux nel 1987, entrando sin da subito nelle grazie della federazione francese, che decise di investire su di lui spedendolo nel centro d’addestramento per giovani speranze di Poitiers. Kenny era compagno di gioco di un coetaneo sempre proveniente dalla Francia Occidentale, vale a dire Jeremy Chardy. Nonostante questo apparentemente similare destino, le fortune dei due presero da subito direzioni ben diverse: si pensi, a tal proposito, che nel 2005, mentre Jeremy si laureava campione junior a Wimbledon, Kenny era alle prese con un dubbio amletico. Smettere o continuare. Eh sì, perché il De Schepper su cui la federazione francese inizialmente aveva puntato non era il Kenny che conosciamo noi, un lungagnone di oltre 200 centimetri che col suo servizio mancino e col suo dritto a chiudere riesce, soprattutto sulle superfici veloci, a far male ad ogni avversario. No, perché Kenny, quando stava a Poitiers, era un giocatore normodotato, prima di avere una crescita di 20 centimetri in una singola stagione che gli impose una seria riflessione. Oltre ai vari infortuni articolari che un tale cambiamento porta con sé, fu piuttosto chiaro che il tipo di gioco che faceva prima di crescere non era più applicabile a “certe altezze”, per cui, una volta tornato a vivere dalla famiglia, a Bordeaux, prima di decidere se era corretto avanzare ancora pretese da pro’, tentò l’azzardo: scnvolgere il suo stile di gioco. Il rovescio, suo punto debole, tuttora facilmente notabile, passò dalla presa bimane a quella ad una sola mano, apportando anche talune modifiche alla parte tattica. Più attacco, meno attesa, con quel dritto e quel servizio sarebbe stato più conveniente andarli a prendere i punti. Non è stato facile, cambiare, dopo tanti anni giocati in maniera così differente, ma Kenny ci ha messo tutto l’impegno del caso. I progressi sono arrivati quando il transalpino ha trovato maggiore fiducia nel suo gioco di volo – inutile produrre una gran mole di semi-vincenti se poi mai vai a prenderti il punto – ancora migliorabile, mentre, retaggio della precedente vita tennistica, nonostante le alte leve, il suo movimento di gambe non risulta così insufficiente.
Il suo ritorno convinto sulle scene avvenne “solo” nel 2010, quando prese parte a buona parte dei tornei ITF organizzati nella sua Francia: disputandosi buona parte di questi su campi indoor, King Kenny seppe subito mettersi in mostra e far valere il suo gioco, tanto che nel giro di 12 mesi riuscì, seppur di poco, a sfondare la barriera dei Top 500 del ranking ATP. A coronare la sua stagione, un’inattesa finale negli “Assoluti” francesi di fine anno, che portò, per la prima volta, almeno in patria, il nome di De Schepper sulla bocca di buona parte degli appassionati. Una stagione positiva riguardo alla quale Kenny però mostrò da subito una remora “mi manca ancora un titolo” sentenziò, piuttosto a sorpresa, nel tardo autunno del 2010 il nuovo eletto del coach Jean Christophe Dupont.
Detto fatto. All’alba della stagione 2011, nei pressi di Glasgow, alla sua prima apparizione sul circuito internazionale dell’anno, De Schepper seppe regalarsi il primo titolo in carriera, bel viatico per una nuova stagione tutta in scalata. A Marzo, a Quimper, giunse anche la prima finale a livello challenger, dove si arrese solo al tie break del terzo parziale al più esperto connazionale David Guez. Niente male, se consideriamo che quella bretone era la prima manifestazione del circuito secondario dell’ATP a cui Kenny prendeva parte in main draw, peraltro dopo qualificazione. Altri risultati positivi permettevano a De Schepper di essere già eleggibile per le qualificazioni dei tornei del Grande Slam e, dopo il prevedibile passo falso parigino, Kenny si guadagnava l’accesso al tabellone principale di Wimbledon, il torneo dei sogni di ogni ragazzino: conquistarlo dopo che 18 mesi prima non eri nemmeno compreso tra i circa 2.000 giocatori che settimanalmente vanno a formare il ranking mondiale era un segnale che la consacrazione, per il francese, stava materializzandosi. Un pizzico di delusione si sarà manifestata sul volto del protagonista di quest’articolo quando, avanti di due set contro il piccolo belga Olivier Rochus, si è visto rimontare in maniera piuttosto netta. D’altronde era la sua prima esperienza sulla distanza “lunga” ed un tennista esperto come il belga non si lascia intimorire da uno svantaggio che per molti potrebbe apparire come irrecuperabile. Sulla scia di questo risultato De Schepper avrebbe ottenuto il primo titolo challenger, a Pozoblanco, con campo partecipanti di tutto rispetto, ed una nuova finale, a Recanati, contro il connazionale Fabrice Martin, dove sarebbe stato nuovamente superato al tie break del terzo set.
La classifica, a quel punto, vedeva Kenny ampiamente tra i top-150 ATP, posizione ideale per tentare l’attacco all’ultima soglia che separa un giocatore dal tennis che conta: i primi 100 del mondo. Ebbene, proprio a questo punto, qualcosa si è inceppato nell’ingranaggio fino a quel punto perfetto, e, anche a causa di qualche acciacco, De Schepper infilava una serie di sconfitte che bruscamente lo riportarono sulla terra. Sarebbero stati mesi senza acuti, settimane senza che il suo tennis fosse quello noto. Fino alla fine del benedetto/maledetto 2011, a fronte di 11 tornei disputati, De Schepper vinse un solo match, contro il non irresistibile Dimitar Kutrovsky, a Istanbul, e l’inizio del 2012, dopo il fuoco fatuo di Noumea, si dipanava sullo stesso canovaccio, fino all’avvento della stagione sull’erba.
Come se riassaporare i profumi della superficie che un anno prima lo aveva visto per la prima volta sedersi al tavolo dei grandi avesse risvegliato gli istinti primordiali del tennis di King Kenny, ecco che tra il Queens e Wimbledon, tra qualificazioni e main draw, il francese mise assieme qualcosa come 7 vittorie, grazie alle quali inserì un nuovo titolo nel suo palmares: primo turno Slam superato. La sua vittima, piuttosto arrendevole peraltro, fu il teutonico Matthias Bachinger, che poco fece per sbarrargli la strada che lo portò dritto dritto nelle fauci di David Ferrer, che dopo un set lottato trovò le misure per disinnescare il gigante di Bordeaux. Sempre in onore di questa “rivisitazione” del 2011, anche la sua apparizione a Recanati non fu così deprecabile, pur subendo nuovamente l’onta della sconfitta dal compagno di “colori” Fabrice Martin, questa volta in semifinale. Nonostante questa parentesi positiva, però, il destino di De Schepper era nuovamente di sofferenza, fino all’epilogo post match contro Nicolas Mahut che già avete avuto modo di conoscere. E quest’articolo non vuole assolutamente essere una giustificazione del perché in quella tarda mattinata di inizio ottobre consigliai di puntare su Mahut anziché sul tutt’altro che in forma De Schepper.
Io ho perso un amico, ma la Francia ha trovato un altro tennista, pronto ad essere competitivo negli ATP: triste ammetterlo, ma ce n’era davvero bisogno? La Francia ha ben più giocatori di quanti amici io non abbia mai avuto..
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