di Alessandro Nizegorodcew
Oggi è il 25 ottobre. Sono passati esattamente quattro anni da quel 25 ottobre del 2008, giorno dell’improvvisa morte di Federico Luzzi. Per una lunga serie di motivi sono molto legato a Federico, sia dal punto di vista professionale che di semplice, ma accanito, tifoso di tennis. Ciò che segue è una serie di ricordi, di immagini, di momenti vissuti con Federico, guardando un suo match o riflettendo sulla sua persona di tennista e uomo. Ricordi sparsi, senza un vero e proprio filo conduttore, se non Federico Luzzi…
Ricordo benissimo quel 25 ottobre. Stavo parlando su Msn con Flavio Cipolla, che stava disputando dei tornei (se non erro) in Asia. Non sapevo nulla di ciò che stava accadendo a Luzzi. Flavio mi spiega tutto e mi lascia letteralmente senza parole. Chiamo subito Nicola Corrente, mio cugino nonché collaboratore di Spazio Tennis e compagno di mille trasferte al seguito di Luzzi. Anche lui, ovviamente, senza parole.
E pensare che una settimana prima, proprio con Nicola, lo avevano seguito in Serie A al TC Parioli contro Accardo. Federico aveva vinto in tre set dopo una lunga battaglia. Una partita emozionante, anche se obiettivamente non giocata da benissimo da Luzzi. Conoscevo Federico da anni ed avevo parlato di tennis con lui tante volte. Non so perché si fidasse così tanto di me, ma vedevo nei suoi occhi che mi aveva preso in simpatia. Spesso durante alcuni match nei challenger, se vi era una palla dubbia ed io ero lì, mi guardava per sapere come l’avessi vista. E si fidava, sempre. Come in quel match, contro Accardo. All’uscita dal campo mi sono avvicinato per dargli un bel “cinque” e ricordo ancora la sua frase “Che vita da mediano”, come a dire “Non mi riesco a risollevare, non riesco a tornare quello di prima, quel giocatore che so di essere e in quella classifica che so di poter valere”.
Federico Luzzi era un innamorato del tennis. Ma soprattutto era un innamorata dello show, in tutti i sensi. Ricordo un altro match di Serie A, sempre al TC Parioli, contro Davide Sanguinetti. Vittoria di Federico in due set e un paio di passanti stretti dei suoi, le cosiddette “luzzate”. Il pubblico presente? Io, Corrente e altri 3-4 soci. A fine match vado da Federico e gli faccio: “Oh, quei due strettoni, che spettacolo!” E lui, spalancando gli occhi e con un sorriso contagioso: “Hai visto che ho fatto?!” Una “luzzata” diventa ufficialmente una “luzzata” solo se ad assistere al colpo c’è qualcuno e in quel caso eravamo io e Nicola, che avevamo dato vita alla condivisione di un colpo sublime. Luzzi era un animale da grandi stadi e grandi palcoscenici.
Senza tornare indietro alle imprese del Foro Italico con Arazi e Clement, o al match di Davis con Liukko, vorrei ricordare la sfida al primo turno di qualificazioni di Roma contro Kriston Vliegen. Una partita indimenticabile, mille “numeri”, pubblico romano letteralmente impazzito. Amici che avevo portato al torneo, per la prima volta di fronte ad un match di tennis, sono da quel giorno diventati appassionati e tifosi di Federico ed in generale di questo splendido sport. Il rapporto col pubblico era quanto di più bello Federico riuscisse a creare, a prescindere dal risultato finale. Non si poteva non fare il tifo, era impossibile non emozionarsi.
Dicevo del mio rapporto con Federico. Come ho scritto e detto tante volte, non ho la presunzione di dire che eravamo amici, perché l’amicizia è un’altra cosa, è un qualcosa di più profondo. Ma c’era una grandissima stima reciproca, e di questo son certo.
In uno dei tornei post-assurda-squalifica-scommesse, precisamente a Todi, incontro Federico nella Hall dell’albergo che ospitava sia i giocatori che i giornalisti (ovvero solamente il sottoscritto e Nicola Corrente). Luzzi si alza e con un sorriso a 50 denti mi viene incontro salutandomi e abbracciandomi. Poche parole, quelle giuste, mai banali. Tanto che Nicola subito dopo si avvicina e mi dice: “Ormai Luzzi ti saluta come se fossi il suo migliore amico”. Non ci avevo fatto caso ma in effetti era così. Quando una persona, che ti conosce comunque poco, prova fiducia nei tuoi confronti e tu provi fiducia nei suoi, significa che in qualche modo si è andati oltre. Si è arrivati a “capire” e a “sentire” l’altra persona per vie traverse e non tradizionali. Magari solo sensazioni a pelle, magari una frase, forse una singola parola messa nel posto e nel modo in cui l’avresti messa tu.
Federico Luzzi è morto il 25 ottobre del 2008, aveva 28 anni e un talento tennistico smisurato. Il re delle “luzzate” io non lo dimenticherò mai, anzi, lo ricorderò per sempre…
Le mie parole sono finite, anche se potrei scrivere pagine su pagine. Adesso tocca a voi. Vorrei leggere i vostri ricordi, perché la memoria è il miglior modo per tenere in vita le persone a cui abbiamo voluto bene.
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