di Giacomo Bertolini
LA LISTA D’ATTESA, CAPITOLO PRIMO: MELANIE OUDIN
Tutta al femminile la nuova rubrica di SpazioTennis che va presentando una categoria particolarmente delicata nel circuito Wta, quella in cui sono inevitabilmente finite tutte quelle giocatrici prematuramente esplose sui campi da tennis con risultati eccellenti ma incapaci di tenere a lungo un ritmo soddisfacente, deludendo in molti casi le aspettative. Giocatrici “ritardatarie” al successo, giocatrici dall’indiscusso talento, giocatrici, in molti casi giovanissime, che hanno accarezzato subito trionfi insperati per poi conoscere inattesi flop e cocenti batoste nel ranking. Giocatrici, forse, semplicemente troppo fragili per eredità così importanti. La lista d’attesa è lunga, questa settimana cominciamo a fare ordine con il primo profilo tutto americano, quello di Melanie Oudin.
Ok, va bene, ammetto che la metafora dell’altalena nel tennis per indicare un rendimento estreamente discontinuo sia ormai decisamente inflazionata e, inoltre, persino banale se si considera che questa giocatrice quando ha cominciato a fare sul serio era poco più che una bambina. Ma ripercorrendo tappa dopo tappa la travagliata carriera della bambina prodigio Usa Melanie Oudin bisogna constatare che ben pochi paragoni risultino essere così azzeccati quanto la fantomatica “Altalena”, quell’ideale andamento di risultati capace di farti toccare altissime punte in tornei chiave per poi farti piombare negli anfratti dei dimenticati appuntamenti Itf.
Bambina prodigio la Oudin, già detto ma devo ripetermi in quanto la “bambolina” di Marietta classe 1991 non aveva affatto perso tempo a ritagliarsi un posto tra le grandi speranza a stelle e strisce: i primi confronti Juniores le danno ragione, anche se era mancato l’acuto nei quattro appuntamenti Slam, ma è con l’entrata nel circuito professionistico che il nuovo nome del tennis americano vede finalmente decollare la sua carriera.
Il circuito Itf la consacra come protagonista di primo livello, quello Wta (a suon di wild card) le fa muovere, con successo, i primi passi. A fine 2008 la Oudin è una tennista già capace di raggiungere i quarti di finale nel Wta di Quebec City e di progedire visibilmente nel ranking, candidandosi a essere una delle vere mine vaganti della stagione avvenire.
Gli appassionati americani la aspettano, lei si fa trovare pronta.
E’ partita ufficialmente per la giovane Melanie la stagione del boom tanto atteso dagli scopritori di giovani talenti: la Oudin stecca gli Australian Open ma, dopo un dominio nel circuito Itf, stravolge tutti i pronostici a Wimbledon dove, da qualificata, rovina la festa a Shvedova e Bammer prima di far gridare all’impresa contro l’ex numero 1 Jankovic.
La parabola vincente della 18enne Oudin adesso ha tutte le caratteristiche della conferma definitiva e non più quelle della favola, della rivelazione di un singolo torneo.
Gli appassionati americani tornano ad aspettarla, lei troverà il modo migliore per ripagarli.
La scatenata Oudin vuole il colpaccio in casa, la vetrina offerta dagli US Open si rivelerà lo scenario perfetto. Melanie, in punta di piedi, sbaraglia tutta la nuova e vecchia guardia russa: Pavlyuchenkova, Dementieva, Sharapova e Petrova finiscono al tappeto, Melanie è per la prima volta ai quarti in uno Slam, Melanie c’è…eccome!. La giovane statunitense si consegna al delirio newyorkese; con quel suo atteggiamento cortese ma tenace allo stesso tempo incarna perfettamente la figura della sportiva ideale, è giovane, determinata, una figura fresca e piena di talento. Una principessina, con al seguito il baby-fidanzato, che fa impazzire l’America alle prese con un inevitabile ricambio dopo il ritiro della Davemport, il grosso punto interrogativo targato sorelle Williams e un’esplosione di fatto mai avvenuta della Mattek.
Gli Usa ci credono ed esaltano la Oudin come atleta del momento; la Oudin, che dopo i quarti casalinghi chiuderà dignitosamente la sua stagione, accetta la sfida.
Ed eccoci arrivati allo snodo, all’incagliamento, a quel momento critico in cui un’atleta-scommessa giunta al best ranking alla piazza numero 31 va incontro alle prme responsabilità, ai primi punti pesanti da difendere, alle pressioni dettate dall’essere da outsider di lusso a favorita d’obbligo… e finisce per perdersi, o quasi.
La stagione 2010 della Oudin, quella appunto dell’approdo quasi scontato nelle 20, si rivelerà un fiasco su molti fronti: la nuova portabandiera del tennis Usa non va oltre una semifinale e un quarto Wta, si perde di nuovo all’Australian Open e al Roland Garros, viene clamorosamente bocciata alla prova del nove a Londra e New York.
L’altalena Oudin non regala più scossoni, unica gioia lo scalpo di Francesca Schiavone raccolto nella finale di Fed Cup vinta dall’Italia a San Diego, con una Melanie “old-style” superiore 63 61. L’ascesa rapida e fulminante della Oudin si arresta, la classifica ne risente pesantemente, ma tutto farebbe pensare semplicemente a unn’annata storta, il 2011 sarà senza ombra di dubbio l’anno del riscatto e del rilancio definitivo.
L’ormai ex variabile impazzita del tennis americano non riesce a risollevarsi: il circuito Wta non le sorride, gli Slam tornano stregati, lo spettro del mondo Itf e dei suoi punti-facili-galvanizzanti torna a incombere. E così sarà, Melanie raccoglie poco e niente, esce inaspettatamente dalle prime 100, i pochi stimoli che infiammano il suo potente gioco finiscono per incanalarsi nel doppio misto che la vede tornare reginetta a Flushing Meadows in coppia con Jack Sock. Troppo poco.
Melanie Oudin adesso è sostanzialmente nella “terra di nessuno”. Se prima era lei a portare aria fresca nel panorama americano della racchetta, adesso le varie Stephens, Wandeweghe, McHale, Falconi, Gibbs, Min e Lepchenko (solo per citare le migliori), hanno finito per oscurarla e occupare un rispettabile posto nella classifica Wta.
Il giovane mosaico dei futuri talenti Usa si infittisce, lei, che ne era la capostipite, retrocede.
Il nuovo ciclo cominciato a inizio anno per la Oudin è di fatto partito da zero. Una classifica disastrata che la vede ingiustamente fuori dalle prime 400 grida vendetta, Melanie, a piccoli passi, prova ad salvare il salvabile.
Le prime luci arrivano dall’adesso vitale circuito Itf, gli organizzatori di Parigi le regalano un’incorraggiante wild card, la terra rossa che contraddistingue il torneo le concede un secondo turno accettabile. La stagione prosegue senza infamia e senza lode fino a quando l’altalena mentale, fisica e molto spesso dettata anche dalla sorte, decide di rimettere in carreggiata la carriera della campionessa in erba Oudin che, ancora a secco nel cirucito Wta, coglie incredibilemente la prima vera soddisfazione in un rocambolesco torneo di Birmingham (erba) dove, in una finale tra “disperate” con Jelena Jankovic, arriva per Mel il primo trofeo da mettere in bacheca.
La Oudin, in buona sostanza, è ancora ferma sul centralino di Birmingham. Il torneo infatti non ha apportato grossi cambiamenti nel gioco e nel rendimento della statunitense che dopo aver colto la chance inglese non è più riuscita a bissare neanche lontanamente la perfetta settimana dell”Aegon Classic”.
Si inceppa spesso la” macchina da guerra Oudin”, va a scatti, vive di guizzi improvvisi e colpi di reni inattesi, ma non si è bruciata, per niente, e il ritorno al sorriso nella breve parentesi pre-Wimbledon lo ha domostrato a pieno.
L’altalena della Oudin continua a dondolare, l’augurio però è che si fermi il prima possibile, o meglio che questa giovane forza made in Usa dall’innegabile talento ritrovi il coraggio e la determinazione apprezzata in passato per scendervi definitivamente.
Shake it out Melanie!, l’anagrafe, se non altro, è ancora (abbondantemente) dalla tua parte!.