di Sergio Pastena
Siamo alle solite. Mania di onnipotenza conclamata, direi.
Rafael Nadal, dopo aver perso da Verdasco sprecando un vantaggio di 5-2 nel terzo, ha annunciato in conferenza stampa che non tornerà più a Madrid se non cambierà la superficie, aggiungendo che secondo lui la colpa è della terra blu.
La psicologia insegna che spesso, in maniera errata, si mettono in relazione di causa-effetto eventi che sono solo contemporanei. Tradotto: non si può essere sicuri che sia colpa del colorante. Tanto per dirne una, potrebbero aver sbagliato qualcosa nell’approntare i campi: basta mettere troppa o poca terra ed i risultati cambiano radicalmente (l’ha ipotizzato anche Rafa, prima di incolpare il colore). Insomma, una risposta la dovrà dare Tiriac, perché la superficie è innegabilmente più scivolosa del solito e i giocatori in questi giorni perdevano continuamente gli appoggi. Ma veniamo a Nadal.
Atto primo
Ricordate l’articolo sulle time violations nel quale paragonavamo Nadal al Marchese del Grillo? Si parlava della scena in cui il Marchese, liberato dopo una retata in virtù della sua nobiltà, dice ai poveracci arrestati “Mi dispiace, ma io sò io e voi non siete un cazzo”. Ecco, il succo del discorso era che Nadal sa di violare le regole sul tempo e lo fa perché è consapevole del fatto che nessuno gli darà mai un warning, nè tanto meno un penalty point. Questo era il primo atto, ma ieri Nadal ha recitato insieme il secondo e il terzo, concludendo la sua commedia dell’arroganza.
Atto secondo
Chiariamoci: lamentarsi ci sta e in questo caso è sacrosanto, anche se è singolare che a farlo sia proprio il re della “terba” di Wimbledon. Più lento va bene, più veloce no? Ma, si sa, ognuno tira l’acqua al suo mulino. Quello che non ci sta, però, è fare una sparata pubblica, nel giorno di una partita buttata via, minacciando di non tornare più.
Chiudete gli occhi e immaginate se queste parole le avesse pronunciate, che ne so, Santiago Giraldo. Come minimo sarebbe apparso Tiriac vestito da chitarrista gitano cantando “Ohi ohi che dolor, che dolor, che dolor!”. Intanto sul sito del torneo avrebbero messo un bel comunicato: “Ciao Santiago, attento a non dimenticare nulla eh!”.
Con Nadal, per giunta in Spagna, questo non si può fare perché lui è la principale attrazione del torneo: Rafa lo sa e tenta di approfittare di questo ruolo per arrogarsi maggiori diritti rispetto agli altri giocatori. Nel caso specifico cerca di forzare la scelta della superficie, cosa inconcepibile per un singolo atleta fosse anche Gesù Cristo sceso in terra in tenuta da tennis. Fin qui, però, siamo ancora nell’arroganza “implicita”. Sì, perché formalmente sono gli arbitri che non sanzionano le time violations e nel caso di Madrid tocca comunque a Tiriac decidere. Insomma, chi di dovere ha i mezzi per opporsi.
Atto terzo
Il terzo atto, però, è il più insopportabile perché Nadal, ansioso di far vedere al mondo quanto ce l’ha lungo, l’ha fatta fuori dal vaso. Ho letto un bel po’ di nadalisti in giro scrivere “Vabbè, ma adesso uno non ha neanche il diritto di giocare dove vuole?”. Esatto, signori, non ce l’ha. L’Atp 1000 di Madrid è obbligatorio come tutti i tornei da mille punti salvo Monte Carlo: chi ha la classifica deve giocarlo, punto. Sono le regole, valgono per tutti, non è che nel regolamento ci sia scritto “Fanno eccezione i mancini di Manacor che sparano palle con più di mille rotazioni al nanosecondo”. Con la riforma del 2009, anzi, sono state stabilite sanzioni che arrivano alla sospensione per chi non è infortunato e salta uno di questi tornei.
Questa regola è stata gestita sempre in modo flessibile: ogni tanto c’è il big che salta un torneo perché è troppo stanco e presenta un certificato nel quale si parla di “affaticamento muscolare” o cose simili. L’Atp chiude un occhio, a patto che non ci siano troppe eccezioni. Non è bello, ma fa parte del “si fa ma non si dice” e vale per tutti, tennisti di prima o seconda fascia che siano.
Quello che non è mai capitato, però, è che qualcuno annunciasse un anno prima la sua assenza in un Atp 1000 (salvo dietrofront di Tiriac). Il messaggio che passa è ben diverso, per la precisione è: “Anche se è obbligatorio, su questa terra io non ci gioco e tanti saluti alle regole”. Complimenti.
Postilla
Prima che i nadalisti si precipitino a dire “Eh, ma ha ragione, si scivola” ripeto il concetto: la sua uscita sarebbe stata inammissibile anche se a Madrid gli avessero fatto trovare il campo cosparso di chiodi. In questi casi deve essere l’associazione dei giocatori, casomai, a organizzare un boicottaggio, non il singolo: tanti si sono lamentati, ma avete sentito qualcuno a parte Rafa minacciare di disertare il torneo?
Domanda: caro Rafa, se nel 2013 decidessi di marcare visita, ci metterai la faccia e ti beccherai le eventuali sanzioni oppure salterà fuori un certificato “casuale”? O addirittura in cuor tuo sei convinto che te la faranno passare liscia senza conseguenze perché “Tu sei tu e gli altri non sono un cazzo”? Il bello è che non lo escluderei nemmeno: quanto è piccolo e insulso un management che per non contraddire la “gallina dalle uova d’oro” asseconda certi atteggiamenti…
Dite che penso a male? Vero, ma spesso ci si azzecca: quello che l’ha detto ne ha seppelliti un bel po’…
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