di Sergio Pastena
Tranquilli, non parlo di Isner: non sono monomaniaco. Il gigante di Greensboro c’entra solo per via dei dibattiti seguiti alle dolci parole che ho avuto per lui. La domanda stavolta è: cos’è il servizio? E che peso ha nello spettacolo? Nei commenti al pezzo su Simon ho scritto (citando Scanzi) che Long John senza battuta non sarebbe stato nei 50. Poi, però, mi son detto: “Ma lo stesso ragionamento si può fare per tutti!”. Voglio dire…
- Ferrer senza la sua abilità difensiva non sarebbe arrivato dove è arrivato
- Wawrinka senza il rovescio la Top Ten l’avrebbe sognata di notte
- Del Potro senza il diritto non sarebbe un’alternativa credibile ai Fab Four
E via dicendo. Eppure… mettiamo che una persona scriva:
“Se Murray non fosse così efficace alla risposta non sarebbe quello che è”
Come minimo gli ribatterebbero: “E allora? Vuol dire che è bravo!”. Invece la stessa frase, riferita al servizio, è decisamente più diffusa e meno “discussa”, basta sbirciare nei forum per rendersene conto. Ma il servizio è un colpo importantissimo, e costruirlo è spesso più difficile che impostare buoni fondamentali! Perché questo razzismo nei confronti della battuta?
Vi dico la mia (invitando al dibattito) in modo da spiegare anche l’avversione che ho verso il servizio tout court. Per me la battuta è un colpo da fermo che può cristalizzare lo spettacolo: l’ho sempre paragonato al calcio di rigore o al tiro libero. Nel calcio succede lo stesso: se una squadra vince ai rigori la sensazione è di aver perso tirando una monetina e si dice “Comunque i rigori bisogna saperli tirare”, con quel “comunque” che sa di giustificazione. Ma andiamo con ordine.
Punto 1: il servizio aiuta lo spettacolo… ma può anche ucciderlo
Nella vita mi occupo di marketing e, per deformazione professionale, tendo a correlare il successo di uno sport alla sua spettacolarità. Chi guarda il tennis, così come il calcio o il basket, lo fa perché si diverte. Se fosse noioso girerebbero meno soldi e la cosa avrebbe ripercussioni sul numero dei praticanti. Tanti potenziali campioni, magari, non diventerebbero tali perché non hanno mai avuto l’occasione di prendere una racchetta in mano.
In questo senso, per rendere gradevole il gioco, bisogna garantire una certa continuità dello spettacolo. E’ un concetto noto: nel calcio hanno impedito al portiere di prendere i passaggi quando si son resi conto che il gioco era troppo spezzettato. La pallavolo è passata al rally point system quando si è capito che gli schiacciatori erano diventati talmente efficaci da far durare secoli le partite col cambio palla.
Per il servizio, ad opinione di chi scrive, è la stessa cosa: un game di battuta chiuso con due aces e due servizi vincenti mi lascia una sensazione di vuoto. Senza tornare su Isner, cito l’ultimo set di una partita del Challenger di Sarajevo, vinta da Cacic contro Martin col punteggio di 6-7 7-6 7-6. Il francese, inferiore a livello di palleggio, è arrivato fino alla fine sparando 26 aces e una caterva di vincenti. Nell’ultimo tie-break è bastato un minibreak di Cacic per consegnare la meritata vittoria al serbo, visto che Martin era incapace a rimettere una risposta decente in campo. Per inciso: non conosco Martin, che l’anno scorso ha pur sempre vinto a Recanati, ma so che se lo spettacolo fosse sempre quello non seguirei il tennis.
Il primo punto da considerare, quindi, è che il servizio contribuisce allo spettacolo ma può anche svilirlo. Ovvio che un punto decisivo chiuso con un ace può trasmettere grandi emozioni, ma trenta in un match ne trasmettono assai meno.
Punto 2: il servizio è difficile da formare, ma si gestisce più facilmente
Il secondo punto riguarda la gestione del colpo a regime: se formare una buona battuta è difficile come impostare un diritto, le condizioni in cui si gioca il servizio sono più stabili che negli altri fondamentali. Il servizio si gioca da fermo e un giocatore allenato riproduce migliaia di volte lo stesso gesto con la differenza di particolari minimi. Il diritto o il rovescio, invece, hanno tantissime declinazioni: ci si può trovare a giocare una palla alta o bassa, in corsa o da fermo, spinta o senza peso. Una serie lunghissima di variabili.
Certo, anche il servizio si può giocare in vari modi, ma le condizioni di base non variano: se non ci si mette di mezzo il vento un kick centrale è un kick centrale, punto. I piedi sono nella stessa posizione, il lancio è ad altezza simile, il punto di impatto è costante, l’area di battuta è alla stessa distanza ed ha la stessa grandezza. Prendiamo invece un diritto: se la palla rimbalza a due metri a seconda di superficie, direzione, velocità e rotazione impressa alla palla ci si trova a gestire un colpo diverso.
La stessa logica del calcio di rigore: la palla è sempre sul dischetto, la porta è larga uguale e la distanza è undici metri. E’ per questo che i rigori vengono ritenuti una lotteria: bisogna essere bravi a tirarli, avere sangue freddo, così come ci vuole freddezza ad annullare un match point con una prima. Il gesto, però, è sempre quello. Anche il servizio di un bombardiere ogni volta è un penalty, come ben sanno i malcapitati che, di fronte al Karlovic di turno, si tuffano da un lato sperando che sia quello giusto.
Punto 3: il servizio limita la tattica
Infine c’è un terzo punto, collegato al secondo: immaginate una partita di basket dove ogni azione inizia con un tiro libero e si gioca solo se il cestista sbaglia. Sarebbe una bella rottura, giusto? Nel tennis è così ed è essenziale che l’efficacia di quel colpo non oltrepassi un certo limite, altrimenti non si giocherebbe più. Anche il giocatore più sprovveduto, se incontra Nando Gonzalez, gli giocherà sul rovescio per non vedersi arrivare un comò in faccia. Contro il servizio, invece, nulla si può: un game sì e uno no devi beccartelo e, anche se l’avversario sa fare solo quello, rischi di trovarti al tie-break e di perdere la partita. Le contromisure tattiche sono nulle. Un bel vantaggio, non trovate?
Per i motivi citati, pur riconoscendo piena dignità alla battuta, non riesco a considerare un giocatore che si basa esclusivamente sul servizio allo stesso modo degli altri. Se un tennista ha solo la battuta ed è privo di altri punti di forza, per me è un pessimo tennista indipendentemente dai risultati che ottenga, così come un cestista bravissimo nei liberi ma capace di tirare solo da fermo non può essere considerato un buon giocatore di basket.
Chiudo con una domanda. Nella storia del tennis i super-battitori tra i primi venti al mondo sono sempre stati uno, massimo due. Tuttalpiù, nel 2002, c’erano Roddick, Ivanisevic, Rusedski e Ljubicic nei 40. Poi c’è sempre stato equilibrio e i vari Johansson, Karlovic, Isner e compagnia hanno avuto i loro picchi in periodi diversi. Facciamo però l’ipotesi che, tra vent’anni, ci si ritrovi con 7-8 bombardieri tra i primi venti che arrivano regolarmente nelle ultime giornate degli Slam.
A quel punto, in coscienza, direste ancora “Ci può stare”? Oppure l’elemento di “variabilità” che oggi è un tennista power serve diventerebbe un pericolo da combattere e ci troveremmo con gente che vuole restringere l’area di servizio o abolire le prime? O magari, perché no, mettere un autovelox e multare i servizi oltre i 200 km/h…
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