di Luca Brancher
C’erano una volta i ragazzi dell’87, ma non stiamo parlando di Djokovic, Murray e sodali. I ragazzi dell’87, quelli di una volta, avevano nomi, provenienze e fattezze diverse, dal momento che, come da refrain, non sono sempre i migliori da giovani ad emergere da grandi. C’era un tedesco, si chiamava Aljoscha, proprio come il più piccolo dei Karamazov, ma di cognome faceva Thron, che in lingua alemanna significa trono, a cui, però, lui ha deciso di abdicare non dando seguito alle premesse e ai furori dell’età giovanile. E c’era anche Lukas Lacko, slovacco, modi principeschi e tennis che faceva sospirare a Bratislava e dintorni, città a cui era confluito partendo dalla nativa Piestany. Lukas, in effetti, è uno di quei giocatori da “amore a prima vista”, perché a tennis sa giocare, ha uno stile classico e molto pulito, forse un po’ troppo leggero, ma che fa sorgere quasi immediatamente un quesito: “Perché no?” Perché non pensarlo un giorno grande, come grande era stato da piccolo?
Rileggere la storia, senza alcun intento revisionistico, ha in effetti ragion d’essere, quando questo esercizio porta ad illustrarci la motivazione per cui quanto sopra auspicato potrà difficilmente diventare realtà. Gli alti e bassi che finora hanno contraddistinto la carriera di questo ragazzo che solo il 3 novembre compirà 25 anni sono sintomo di un talento che, nonostante il passare del tempo, continua a rimanere grezzo. Bello, sì, ma fortunatamente non autoreferenziale quanto lo può essere il suo coetaneo Mischa Zverev, sebbene come lui sia affetto da crisi di sfiducia che lo hanno portato a rimettere in discussione a più riprese quanto acquisito.
L’anno della sua prima esplosione fu il 2007: a gennaio si celebrò l’alba delle sue buone intenzioni con l’esordio in uno Slam pro’, da qualificato, in terra australiana, ideale preludio ad una stagione che lo ha visto scalare posizioni su posizioni, frequentando in maniera primaria il circuito challenger, in cui, a ideale ciliegina sulla torta, conquistò il primo titolo a Kolding, in Danimarca, sul finire di 12 mesi dal segno largamente positivo. I top-100, già allora, erano piuttosto vicini e sembravano un traguardo che si sarebbe concretizzato di lì a poco. Così non sarebbe stato, perché il 2008 di Lukas sarebbe divenuto un vero e proprio calvario, con frequenti sconfitte, talune perfino imbarazzanti, che lo avrebbero visto ridiscendere negli Inferi della graduatoria mondiale.
E così a Lukas spettava di ripartire ancora una volta dal “via”. Il 2009 si apriva con una larga e vasta campagna “futures” in cui toccava diverse località europee, tra Gran Bretagna, Croazia e Russia, dove comunque portava a casa vittorie su vittorie: ci sarebbe pure mancato altro. Il passo tornava spedito, come se fosse stato provvisoriamente soggiogato dalla “maledizione degli anni pari”. La rincorsa verso i top-100, questa volta, giungeva a compimento, quando lo slovacco, a seguito del successo nel challenger autunnale di Seul, effettuava il suo primo accesso: scusate i due anni di ritardo, si sarà dovuto giustificare coi suoi fans.
Da quel momento Lukas acquisiva lo status di tennista da ATP, e il suo 2010, finalmente, seguiva in maniera pedissequa il calendario dei più grandi. Ne conseguì una stagione che lo vide raggiungere la 60esima posizione della graduatoria ATP, suo attuale best ranking, anche grazie, ma non solo, a cinque quarti di finale in altrettante competizioni, che attualmente restano il suo miglior risultato a questo livello: Chennai, Zagabria, Memphis, Halle, Atlanta. Curioso che a batterlo in tre occasioni sia stato Philipp Petzschner, tennista esteticamente meno rilevante del “nostro”, ma dal talento indiscutibile. La vera discontinuità al potere, perché, suo malgrado, Lacko sembrava a quel punto aver raggiunto una sorta di “pace dei sensi”, con risultati, medi, ma in serie. Prima di una nuova crisi, apertasi a New York. Il sorteggio, proibitivo, contro Andy Murray, non sarebbe stato il primo, né l’ultimo k.o. che Lukas avrebbe subito, su grandi palcoscenici, da giocatori classificati ai primissimi posti della graduatoria. A Melbourne, sempre in quell’anno, al secondo turno aveva pagato dazio a Rafa Nadal, mentre nella successiva edizione dell’Open australe, un Lacko ormai in disarmo avrebbe fatto da spettatore non pagante nel turno inaugurale, di un cammino tutt’altro che trionfale, di Roger Federer.
Non una data qualsiasi, quella che coincideva con la conclusione dell’edizione 2011 del primo Slam, perché sanciva l’uscita dolorosa dello slovacco dai top-100: ed ancora una volta altre partite perse in serie, altri rovesci inattesi, a rimarcare come, quando al ragazzo di Bratislava viene meno la fiducia, iniziano periodi che poco hanno da spartire con quelli in cui emanava quella luce di cui molti, anni addietro, si erano nutriti.
Complici un paio di vittorie nei challenger nella seconda parte dell’anno (Izmir e nella sua Bratislava) e qualche altra bella performance, la stagione non era completamente da buttare, ma rimaneva comunque ben lungi dall’essere preludio a quanto il buon Lukas sarebbe stato in grado di combinare a Melbourne in questi giorni. Reduce da un’infruttuosa trasferta a Doha, Lacko ha ritrovato in Australia la retta via, perché dopo un cammino di qualificazione superato in maniera brillante (11 giochi persi in 6 set), lo slovacco si è preso il lusso di recuperate due set ad una vecchia volpe del circuito come Ivan Ljubicic e di lasciare al palo l’eterna stella nascente del firmamento a stelle e strisce, Donald Young, lo stesso avversario che, meno di cinque mesi fa, lo aveva seccamente eliminato al primo turno di Flushing Meadows.
Per non farsi mancare niente, Lukas è ora atteso da uno scontro ai limiti del possibile contro Rafa Nadal, che non sta chiaramente attraversando il miglior momento della sua carriera, ma che resta un avversario non alla portata di un tennista ancora troppo incostante come lo slovacco. Anche se andrebbe ricordato un fatto fondamentale: nel tutt’altro che indimenticabile 2011, il tennista iberico ha subito ben 3 set 6-0, una rarità per un giocatore dotato di un animus pugnandi come il maiorchino. I due più recenti da top-players come Roger Federer (Masters) e Andy Murray (Tokyo), ma il primo fu operato proprio da Lacko, negli ottavi di finale del torneo di Doha. Lukas non riuscì ad aggiudicarsi la contesa, ma lasciare a 0 Rafa Nadal è un segnale importante di quello che questo ragazzo può essere in grado di fare. E chissà che prima o poi non arrivi il suo momento..
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