Di Giulio Gasparin photo by Tatiana CC BY-SA 2.0
(You can read the English version here)
Quando il 2015 stava volgendo al termine, Timea Babos si trovava appena fuori dalle prime 80 posizioni del mondo. Ad oggi, il rientro tra le prime 40 è prossimo e la race la vede tra le prime 20. Talentuosa doppista, la ventiduenne di Sopron, Ungheria, ha già vinto 10 titoli nel WTA tour in doppio, due dei quali in tornei di prestigio come quelli di Roma e Dubai, senza dimenticare la finale di Wimbledon giocata nel 2014 in coppia con Kristina Mladenovic contro le nostre Chichis. Giocatrice da fondo campo, capace di generare grande potenza con i proprio colpi, è anche in grado di mescolare le carte in tavola con variazioni in slice e ottime palle corte, per non parlare dell’uso delle qualità di doppiste a rete. I risultati di un’importante maturazione sono visibili agli occhi di tutti e sia il gioco espresso in campo che i risultati lo stanno riprovando.
In Italia, lei non è molto conosciuta, per cui potrebbe sorprendere il leggere di una ragazza gentile, affascinante e simpatica, capace di trasformare una conferenza stampa tardi la sera in una divertente chiacchierata piena di aneddoti divertenti.
“Per me è la prima volta che gioco a Stoccarda e sono arrivata davvero all’ultimo per via di una defezione,” ci ha raccontato con un sorriso rilassato mentre spiegava il motivo del suo arrivo la sera tarda: “Sapevo che avrei giocato il lunedì, ma sabato sera c’era la riunione della mia classe del liceo dopo 5 anni, non potevo mancare! Ovviamente ho continuato ad allenarmi e tutto, ma per via di questo impegno sono arrivata un po’ più tardi del solito, ma sapevo che sarebbe potuta essere una bella occasione e sono molto contenta di aver giocato il serale appena dopo la cerimonia di apertura!”
Il suo debutto è stato un ottimo match contro Sabine Lisicki, mentre nel match successivo si è dovuta arrendere da una Garbine Muguruza d’eccezione: “Sono venuta a Stoccarda solo con il mio preparatore e lui non era per nulla contento dei miei spostamenti! Io comunque sono felice di questo debutto, ovviamente c’è spazio per poter migliorare, dopotutto è passato quasi un anno dagli ultimi match sul rosso, a Parigi, e devo ritrovare il ritmo. Sono cresciuta sulla terra battuta e mi piace molto, ma penso che sia la superficie dove ho bisogno di più tempo per ritrovare il ritmo.”
Il riscontro di queste parole è quanto mai evidente guardando alla scorsa stagione, quando riuscì ad arrivare all’atto finale del torneo WTA di Marrakech, dove perse però per mano di Elina Svitolina. “Avevo iniziato bene, sì, ma poi è stata una stagione orribile sul rosso! Il fatto è che tutto l’anno penso di aver giocato meglio di quando dicessero i miei risultati. Purtroppo ho dovuto giocare tante qualificazioni, tipo 8 di fila ad inizio stagione, e poi dopo essermi qualificata spesso perdevo. Sostanzialmente ho vinto il doppio dei match che ho perso e comunque non sono salita nel ranking. Poi c’era anche il doppio e non era facile combinare i due, specialmente quando sei top 10 lì e 80 in singolo. Sulla terra poi, dopo la finale in Marocco, non ho più giocato a quel livello sulla terra, fino all’essere demolita da Angie, a Parigi. Per fortuna poi è finita e mi sono spostata sull’erba. Quest’anno però ho voglia di giocare sulla terra, arrivo da ottimi risultati e il mio ranking è più alto quindi so che potrò divertirmi senza pensare troppo ai punti.”
Le cose sono infatti cambiate rapidamente nel 2016, seppur non siano arrivate vittorie su grandi nomi, l’ungherese ha trovato una costanza di rendimento a lei fino ad ora sconosciuta, tanto da trovarsi 17a nella Road to Singapore. La ricetta? Duro lavoro ed allenamento mentale anche a lungo termine.
“Penso che i miei ultimi risultati siano il risultato del lavoro che ho messo assieme negli ultimi due anni, diciamo da Indian Wells 2014, quando ho cambiato coach, ma ho ancora preso un preparatore atletico e ho cominciato a lavorare duramente su entrambi i lati. Non è facile fare lo step necessario quando singolare e doppio hanno due classifiche così diverse, perché tante volte avrei voluto giocare due tornei diversi. Quest’anno ho quindi deciso di cambiare un po’ le cose e pensare alla mia carriera in singolare, trascurando un po’ il doppio e per ora direi che sta ripagando. Nell’off-season ci siamo concentrati più sulle cose fondamentali, lavorando soprattutto sui miei colpi più forti, così che migliorandoli possa nascondere meglio le mie debolezze. Penso che comunque, in generale, io sia una grande lavoratrice, tutti nel tour lo sanno, io sono sempre in campo ad allenarmi. Poi penso che ora riesca a divertirmi di più in campo, a gestire meglio la pressione. A novembre ho iniziato a lavorare con un team di psicologi sportivi e questo mi sta aiutando molto. Poi penso anche che, come è naturale che sia, sto maturando, per cui direi che è proprio una combinazione di tutte queste cose.”
Essendo Stoccarda la città delle automobili in terra tedesca, abbiamo investigato le abilità di pilota della tennista ungherese, realizzando immediatamente che lei ne è una conoscitrice: “Direi che sono un’ottima pilota. Sai, a casa, quando arriva la Formula 1… insomma dai, l’Ungheria è piccola e tutti si conoscono e poi sono l’unica tennista, questo qualche porta la apre! Poi mi piace un sacco guidare e l’avere come sponsor Mazda non è male. Quest’estate uscirà la nuova MX5 cabrio e sarò la loro test driver!”
La passione per le macchine però ha portato anche qualche multa: “Qualcuna sì… ma per fortuna le mandano alla Mazda e non al mio indirizzo di casa, quindi tutto ok!”
Giusto prima di salutarci c’è stato ancora il tempo per un ultima perla, il racconto di un viaggio molto difficile per un torneo in Cina: “Oh Signore! C’era un WTA da $125.000 a Suzhou, ma quello che non sapevo, e molte altre ragazze come me e i loro allenatori, era che ci sono due Suzhou in Cina e non lontanissimi l’un dall’altro. Poi non c’è un aeroporto lì, così sono dovuta volare su Shanghai e da lì prendere il treno ad alta velocità, che ci mette circa quattro ore… sì ed è la soluzione migliore. Solo che nessuno parlava inglese in aeroporto, quindi ho preso il treno sbagliato e sono arrivata non alla Suzhou che volevo assieme ad altre 14 giocatrici! La cosa divertente è che non ne ero al corrente, l’ho scoperto quando ho chiamato il desk del torneo e loro mi dicevano di essere fuori dalla stazione, ma ovviamente non erano lì. Alla fine abbiamo capito di essere in due Suzhou diverse… Aggiungiamo anche il fatto che la mia valigia non era arrivata, per cui mentre io andavo alla Suzhou giusta, il mio coach andava a prendere la mia valigia in aeroporto…”
“Quando sono arrivata alla sede del torneo c’erano 41°C con il 76% di umidità… io non ho mai giocato con un cappellino e gli occhiali, ma lì ho dovuto, con tanto di doppio polsino e io non sudo mai!” Ha poi raccontato facendo delle brevi pause per riprendersi dalle risate: “Ovviamente né io né il mio fisio ci torneremo mai! E poi l’ice-bath… l’acqua era marrone! Una cosa terribile, per cui ho detto ‘Fede, l’acqua è marrone!’, lei mi ha risposto che il tester dava l’acqua pulita, ma io le continuato a dire ‘ma è marrone!’ per cui sì, a Suzhou non mi vedranno più!”
Leggi anche:
- None Found