di Daniele Sforza
Anno 2002. Siamo al termine del torneo di Wimbledon Junior e la finale vede confrontarsi due tenniste della stessa nazione, le russe Vera Dushevina e Maria Sharapova. A vincere sarà Dushevina, con il punteggio di 46 61 62 ma come sappiamo, senza nulla togliere alla sua carriera, Maria Sharapova vivrà una carriera ben diversa e di ben maggiore successo.
Nei successivi 12 anni, solo due tenniste russe hanno raggiunto la finale dei Championships: Anna Chakvetadze e Irina Kromacheva. Ma quest’anno, sul campo 1 e sull’erba del torneo più famoso al mondo, si ripete lo scenario del 2002, si affrontano Sofya Zhuk, classe ’99, e Anna Blinkova, classe ’98. A prevalere sarà proprio la prima, più giovane di un anno e autrice di una prestazione di ottimo livello, vissuta però con diversi brividi.
Brividi si, perché sembrava essere facile il compito per Sofya (o Sonja, se la conoscete meglio e magari siete russofoni) che in un attimo si era portata avanti sul 4-0 sfruttando i mille errori della sua avversaria, che, suo malgrado, non riusciva a smaltire la tensione per quello che poteva essere il match della vita e soprattutto non riusciva a servire nel modo migliore (erano già 4 i doppi falli e poche le prime in campo dopo appena due turni di servizio). Da quel momento il match cambiava, con la Blinkova che otteneva il break e serviva bene (1 ace e 2 servizi vincenti) nel quinto gioco, salvando due palle break e chiudendo con un rovescio vincente su cui la Zhuk ha anche chiamato “Hawk Eye”, andando a sbagliare poichè la pallina toccava la riga di mezzo millimetro.
Il match a questo punto sembra indirizzato verso la Blinkova che trovava soluzioni pazzesche con il dritto e anche con il rovescio (risposta vincente su una prima all’incrocio delle righe) sul 5-3 30-30 servizio Zhuk; poi altre due risposte sui piedi della Zhuk a regalare il contro break. Le due ragazze dell’est da questo momento tengono i servizi fino al 6-5, servizio Blinkova che regala, con una palla corta (l’unica del match) un doppio fallo e un dritto sbagliato di molto, il set all’avversaria.
Così come era iniziato il primo set, continua il secondo, con la Zhuk che non si ferma lì e si porta in pochi minuti sul 4-1 40-15* ma, sul più bello, comincia a sbagliare sempre più regalando di fatto il game e qualche speranza alla Blinkova che si porta 30-30 sul servizio della Zhuk. Quest’ultima ne esce grazie a due risposte steccate dalla sua avversaria e sente sempre più avvicinarsi il titolo, arrivando a solo un game dalla vittoria.
Fatta? Macchè, la Blinkova rientra ancora nel game successivo annullando un match point con servizio e dritto. Poi Sofya, chiamata a servire per il match, regala con un doppio fallo il break alla sua avversaria che si porta sul 5-4* 15-40*. Ma è ancora nel momento decisivo che la russa più “anziana”, se così si può definire, scompare dal campo, subendo invece una Zhuk che gioca probabilmente il game della vita (un paio di scambi di almeno 15-20 colpi di bella fattura) e chiude al terzo match point, scoppiando in lacrime.
Predestinata? Molto probabilmente sarà così, perché è impossibile non notare una somiglianza (tanto che in Russia ormai viene citata solo così, ancor più dopo questa vittoria) con Maria Sharapova, sua giocatrice preferita tra le altre cose. Bel volto, bionda, fisico da modella e un gioco fantastico e piacevole da vedere.
È soprattutto quel rovescio bimane a far male, senza nulla togliere al buon servizio, agevolato da un’altezza sicuramente non da 15enne che probabilmente aumenterà ancora nel tempo. Di certo, lavorando bene come sta facendo alla Justine Henin Tennis Academy, sotto la supervisione di Olivier Jeunehomme, uno che ha portato in finale ai Championship anche Irina Khromacheva, le cose non potranno che andare sempre meglio. Vincitrice della maggior parte dei tornei che ogni giovane under 12-14-16 può vincere, il nome di Sofya gira nelle menti dei più appassionati da tantissimo tempo ma quest’anno, se così si può dire, aveva deluso le aspettative. Dopo il trionfo, nel circuito professionistico all’età di 13 anni e 10 mesi (senza lasciare un set peraltro) nel torneo kazako di Shymkent da 10.000$ c’era stato un periodo di appannamento nel circuito junior che l’aveva vista uscire al primo turno per ben due volte, per mano della nostra Jessica Pieri (a Santa Croce e al Bonfiglio) e al Roland Garros al secondo turno, per mano “ dell’enfant prodige” Bellis.
E così come a Shymkent era arrivato il successo senza perdere un set, lo stesso è stato oggi quando è arrivato il successo nel tempio del tennis. Un cammino perentorio che ha visto la ragazza di Mosca battere le migliori junior (Robillard Millette, Stollar, Potapova che magari le ruberà la scena tra un paio di anni, Kuzmova e oggi Blinkova) senza lasciare mai un set e arrivando solo per una volta al long set (nel secondo set contro la canadese Robillard-Millette).
Poco importa se i genitori hanno speso tantissimo per la figlia (si parla anche di 100 mila euro l’anno, visto che non hanno avuto nessun aiuto dalla federazione russa), lei, scegliendo il tennis (doveva scegliere tra la ginnastica artistica), ha già ben ripagato il tutto e ora deve confermarsi a livello Pro.
E poco importa se Zhuk, traducendolo, significa scarafaggio. Non sarà di certo questo a fermare Sofya, proiettata verso palcoscenici ancora più grandi e con il sogno di emulare Maria Sharapova. Chiederle di trionfare, così come aveva fatto lei a soli 17 anni nel 2004, nel torneo Pro è troppo, specie con le difficoltà che hanno ora gli junior ma, chissà, se rispetterà le aspettative, il successo potrebbe arrivare con soli 2-3 anni in più.
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