Nell’Italia del tennis ultimamente si fa un così gran parlare dei programmi federali appositi per “svezzare” i tennisti azzurri dalla zona di conforto della terra rossa e sbloccare la loro scarsa attitudine con il veloce che pensare a una situazione completamente capovolta ha quasi un effetto straniante; eppure non c’è niente di così strano, chi per questioni climatiche e logistiche ha poche possibilità di giocare all’aperto sui campi in terra battuta quel tennis lo deve costruire ad hoc, magari anche in trasferta.
È il caso, ad esempio, dei giovani allievi della Jarkko Nieminen Tennis Academy di Helsinki che saranno impegnati in veri e propri seminari sui campi in terra del CT Bordighera e del Forum Sport Center di Roma. Non è un caso che il direttore tecnico dell’accademia voluta da Nieminen sia l’italiano Federico Ricci, già noto ai lettori di Spazio Tennis, e che abbiamo raggiunto proprio mentre era in viaggio tra Milano e Bordighera per iniziare questo focus.
“Non è la prima volta che organizziamo un tour del genere, ma è la prima volta che è così esteso” racconta Ricci “da quest’anno abbiamo un rapporto ufficiale con la federazione finlandese e anche con quella estone per le quali sviluppiamo il player development. Per cui in Italia lavoreremo con i ragazzi della nostra accademia e anche qualche prospetto concordato con le federazioni, una decina di ragazzi tra 15 e 21 anni con cui ci alleneremo a Bordighera e circa venticinque under-15 a Roma. A Bordighera sarà presente anche Jarkko per prepararsi a giocare a Montecarlo mentre alcuni dei ragazzi faranno la preparazione per i due tornei ITF junior che si giocheranno in Francia (il grade2 di Istres e il grade1 di Beaulieu sur mer n.d.r.). Visti questi impegni sarebbe stato impossibile aspettare l’inizio della stagione all’aperto che in Finlandia tra condizioni climatiche e preparazione dei campi non può mai iniziare prima di maggio, l’opzione di Bordighera ci ha concesso un’importante occasione per la programmazione e poi logisticamente siamo vicinissimi sia a Montecarlo che alla Francia per cui era davvero l’ideale”.
Alla JNTA con Ricci si allenano alcuni prospetti molto interessanti che non suoneranno nuovi ai lettori più attenti al panorama junior come il mancino classe 1997 Patrik Niklas-Salminen o il coetaneo Eero Vasa “sono entrambi intorno alla cinquantesima posizione del ranking juniores e stanno lottando per un posto in tabellone al Roland Garros per cui sono molto motivati”. Assieme a loro anche i gemelli estoni Mattias e Kristofer Siimar “e si aggiungerà al gruppo per i tornei anche un altro tennista estone del ’98, Kenneth Raisma, avrebbe potuto essere anche lui a Bordighera con noi ma poi ci sono state difficoltà di programmazione” precisa Ricci. Aggiunta al gruppo dei grandi, assieme a promettenti prospetti classe ’98 e ’99 come Emil Ruusuvuori, Aaro Pöllänen, Patrck Kaukovalta, in qualità di fuori quota la classe 2000 Anastasia Kulikova capace di aggiudicarsi tre tornei di livello grade 4 di fila in questo inizio di stagione e ormai proiettata verso tornei di livello più alto.
Il gruppo è piuttosto raccolto allo scopo di poter lavorare al meglio e con meticolosità, la confidenza con il gioco all’aperto e su superfici lente per chi è abituato a giocare indoor otto-nove mesi l’anno è difficile da acquisire come ci spiega Ricci: “Con i ragazzi più grandi naturalmente sarà più facile, alcuni di loro hanno già iniziato a viaggiare per tornei, veniamo proprio da una tournée in Sud America di tornei proprio su terra, e quindi hanno già un’idea più compiuta di quello che li aspetta. Il lavoro più duro sarà sicuramente quello di Roma con i più piccoli, non solo sul piano tecnico-tattico, ma anche mentale. La costruzione del punto sulla terra necessita di una pazienza che chi è abituato a giocare quasi sempre indoor non è detto abbia. Ma ribadisco che il fattore mentale è quello più importante perché una volta acquisita l’idea che non necessariamente un punto si può chiudere in due-tre colpi, le caratteristiche tecniche mutuate dal gioco sul veloce possono essere molto utili. Ad esempio per ragazzi come Niklas-Salminen o lo stesso Vasa che hanno una struttura fisica importante, una volta assimilato il fattore mentale, la terra potrebbe essere la superficie su cui poter fare meglio”.
Di sicuro la capacità di Niklas-Salminen sulla terra non risulterà nuova a chi ha seguito lo scorso Orange Bowl competizione durante la quale il ragazzo finlandese raggiunse gli ottavi di finale dopo aver superato un giocatore validissimo come il polacco Hubert Hurkacz prima di fermarsi di fronte ad Andrej Rublëv “ma il russo ormai è chiaramente di un’altra categoria” dice Ricci “anche se lui e Patrik (Niklas-Salminen ndr) si sono incrociati diverse volte nel circuito juniores e penso che Rublëv abbia rispetto di lui, cosa niente affatto scontata per un tipo così. Comunque il percorso è lungo e aperto è ognuno arriva quando arriva e bisogna sempre misurare la propria carriera proprio su se stessi”.
La conversazione che scivola su Rublëv, ormai lanciatissimo dopo la recente buona prova a Miami, ci permette di affrontare il delicatissimo argomento del passaggio dal tennis juniores al professionismo che Federico Ricci conosce bene e affronta ogni giorno nel suo lavoro. “Il passaggio dagli allori di una buona carriera juniores ai tornei Futures è brutale, soprattutto dal punto di vista psicologico. Con l’attuale alto livello del tennis giovanile e quello non altissimo dei tornei Futures visto quanti ce ne sono ogni settimana, un giocatore che a livello juniores gioca veramente bene non ha grossi problemi tecnici e può andare in scia -penso a Safiullin, uno per tutti- semmai i problemi arrivano quando si raggiunge il livello Challenger dove per un diciottenne è difficile competere anche proprio per una questione di fisico. Poi certo non ci sono solo i Safiullin e i Rublëv, ma anche chi dimostra da subito qualche problema già nei Futures. Ma sono problemi relativi se il giocatore è mentalmente pronto ad accettare che il percorso è lungo e che non bisogna avere fretta. Inoltre, e non è un fattore indifferente, i ragazzi da queste parti non sono molto abituati a lottare visto che qui è praticamente tutto dato, per cui possono venire meno le motivazioni. Diciamo che se è plausibile che un ragazzo sia spinto a lottare per conquistare un posto al Roland Garros è difficile che lo sia altrettanto per qualificarsi al tabellone principale di un torneo ITF in Tunisia. Questo sulla pazienza è un lavoro che facciamo sempre in accademia anche se certo nel quotidiano vengono fuori i problemi. Un ragazzo può dirti a parole di aver capito, ma poi si comporta nel modo esattamente opposto”.
Sulla necessità della pazienza e della cautela nel valutare i risultati juniores poi Ricci torna con molta nettezza: “Il periodo del passaggio pro’ è una sorta di selezione naturale dove per altro non necessariamente sopravvive chi gioca il tennis migliore, dico di non stressarsi e pensare al caso di uno come Golding che ha piantato la racchetta al chiodo a 21 anni. Non è raro il caso di giovani che emergono a livello juniores non tanto perché hanno capacità fenomenali, ma perché sono gli altri a perdere. Con i nostri ragazzi cerchiamo di approfittare di tutte le opportunità avendo sempre ben chiari gli obiettivi stagionali. Quest’anno ad esempio i più grandi avranno la possibilità di giocare molti tornei tra quelli juniores, quelli ITF pro’ per i quali hanno ottenuto già dei punti e magari sperare di ottenere wild card per tornei Challenger, già dall’anno prossimo però si potrà giocare meno sia perché aumenteranno i costi di viaggio, ma gli obiettivi di ranking e tornei nel primo anno da professionisti non devono essere prioritari, l’importante è giocare molto, apprendere e acquisire gioco. Altrimenti subentra la frustrazione. Il secondo anno poi credo sia il più difficile in assoluto, gli allori juniores sono già alle spalle e di fresco nella memoria c’è solo un anno passato a “remare”, può essere una fase molto difficile da gestire, specie se ci sono aspettative di un certo tipo. Per questo dico che in quella fase bisogna lavorare giorno per giorno e pensare alla stagione come si pensa a un match, se si va troppo lontano con il pensiero si finisce per fare male”.
In conclusione, visto quanto appare mirata e meritevole l’attenzione di Ricci alla crescita mentale oltre che meramente tennistica dei giovani, non è da poco sapere in che modo e con che risultati si possa fare questo lavoro in Finlandia dove vive ormai da qualche anno.
“Per fare un lavoro di qualità abbiamo deciso di mantenere un numero di ragazzi limitato, attualmente sono quindici e ci si può organizzare molto bene. La giornata tipo inizia prima che i ragazzi vadano a scuola, di solito un gruppo lavora dalle 7:30 alle 9:00 e un altro dalle 9:00 alle 10:30, poi vanno a scuola e dalle 14:30 fanno un’altra ora e mezza o due ore se organizziamo una partita di allenamento per poi concludere con il lavoro atletico, da un po’ di tempo lavoriamo anche con un ex giocatore di football americano specializzato sulla corsa per perfezionare scatti, stop, cambiamenti di direzione, insomma tutta la dinamica dellacorsa.
Sulla gestione dei tempi il sistema scolastico finlandese in questo senso ci viene molto incontro perché la frequenza non è un fattore determinante purché i ragazzi studino e abbiano buoni risultati, per cui viaggiare per tornei non è penalizzante da questo punto di vista. Inoltre noi siamo convenzionati con una particolare scuola che agevola i ragazzi che fanno sport permettendo loro questi orari “privilegiati” così noi non dobbiamo iniziare le sessioni di allenamento alle sei del mattino, cosa che farebbe male al bioritmo dei ragazzi che nell’età della crescita hanno bisogno di dormire il giusto. Dal punto di vista organizzativo invece, ora speriamo di potere acquistare almeno una quota della struttura che ci ospita per potere avere maggiore controllo anche su elementi come l’ampliamento della palestra e magari l’allestimento di un paio di campi in cemento all’aperto che sono un’esigenza anche per Jarkko per preparare l’estate americana”.
Non si può esulare, parlando con una persona impegnata nella formazione di giovani tennisti, dal discorso del rapporto con i genitori: “Non è mai un rapporto semplice, nel bene e nel male, nella mia esperienza ho notato che i genitori delle ragazze tendono a essere più coinvolti rispetto a quelli dei ragazzi ma comunque è chiaro che un rapporto c’è sempre e bisogna impegnarsi perché sia propositivo e utile, se coinvolti nel modo giusto i genitori diventano parte integrante del team per la crescita del ragazzo, se il rapporto diventa conflittuale il risultato è dannoso per tutti”.
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