Nel lento incedere di un sabato mattina pre-pasquale, un fattore mi ha fatto sussultare sul divano del mio infinito riposo: a svariate centinaia di chilometri da dove mi ritrovavo, un giovane ragazzo nato quando io affrontavo la seconda Liceo, Corentin Moutet, si era appena aggiudicato il primo set dell’ennesimo future sardo al Forte Village di Santa Margherita di Pula, lasciando a secco un tennista che a questi livelli si era mostrato un dominatore come pochi, Gianluca Naso. 6-0. Già Moutet, rimembravo velocemente quando, durante un caduta influenzale risalente allo scorso dicembre, buttando l’occhio alle varie competizione ITF, nel mal celato tentativo di elogiare la scuola francese, rivelai al direttore Nizegorodcew come i transalpini usassero le competizioni di fine anno per testare i propri giovani. “Ci sono un sacco di ragazzi del 1998 impegnati questa settimana, in Repubblica Dominicana addirittura del 1999 Moutet.” “Alt, quello l’ho visto dal vivo, è fortissimo”. Ed eccoci qua, perché, non avesse subito il prorompente ritorno del suo avversario trapanese, Moutet sarebbe divenuto uno dei tre soli giocatori che, nel corso di questi diciassette anni in cui le competizioni future rappresentano la massima espressione, in termini quantitativi, del tennis mondiale, si sono aggiudicati un trofeo non ancora 16enni. E prima di lui i soli a riuscirci erano stati Richard Gasquet e Mario Ancic. Ed allora nasce una curiosità: quali sono stati i vincitori più precoci ad aggiudicarsi un titolo ITF? Ed è sempre stato questo un passaporto per la gloria?
Si è così scoperto che, abbastanza clamorosamente, sono esattamente cento i giocatori a fregiarsi di tale onore. Li andremo ora a suddividere per classi, per cercare di fare il punto della situazione.
Vincitori prima dei 16 anni di età.
Richard Gasquet è l’emblema del tennista precoce: da questo studio emerge come sia lui il giocatore più giovane ad essersi accalappiato un titolo ITF, a 15 anni e 9 mesi. In accordo con la teoria che lo ha voluto sin da subito fortissimo, il best ranking è stato segnato poco dopo il compimento del ventunesimo anno d’età, al numero 7, che è anche il piazzamento più alto raggiunto dal croato Mario Ancic, che ci ha però messo un anno in più per agguantare il medesimo risultato. Entrambe carriere da sottolineare per la loro precocità, anche se Ancic, a causa della mononucleosi, si è ritirato anzitempo, mentre Gasquet, a quasi 29 anni, è ancora attivo, sebbene appaia una fotocopia sbiadita di quel giocatore che sarebbe dovuto essere.
Gli altri top 10 tra i precoci
E’ abbastanza singolare che i restanti top-10 possano essere raggruppati in tre categoria:
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i fenomeni, come Novak Djokovic, Rafael Nadal e Andy Murray, attorno ai quali sciorinare numeri è inutile per definirne la grandezza;
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tre giovani promesse – Rublev, Duck-Hee Leee e Coric – il cui vero valore è ancora da scoprire, per quanto il croato difficilmente può non essere considerato già una validissima proposta;
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due tennisti che non hanno invece dato seguito alla proprie premesse. Jimmy Wang non ha trascorso più di 34 settimane tra i top-100, mentre Williams, dopo aver smesso per frequentare il college, sembrava destinato a ben altro rispetto a quanto sta manifestando in questi ultimi tempi, ma in accordo con la regola definita a priori, che tutti i giocatori nati dopo il 1.1.91 debbano rientrare nella categoria “da valutare”, lo vedete colorato in blu come i tre personaggi del punto precedente.
Le colorazioni hanno dunque un senso: in verde ci saranno quei tennisti che hanno comunque onorato una carriera positiva, mentre in nero quelli che, stando alle ambizioni, hanno fallito; in giallo i giocatori top ten oppure con un livello non molto lontano, in rosso i vincitori di Slam, in blu i tennisti ancora da valutare ed in bianco quelli per i quali un giudizio sarebbe legato ad eventi straordinari. Il numero che compare nella colonna “rank” si riferisce alla graduatoria di precocità.
I top 100 divisi per classe
Andremo ad indicare, per ciascuna classe d’età, quali sono stati i giocatori ad aver vinto un titolo future da under 18: siamo partiti dal 1980, dal momento che l’ITF ha varato questa tipologia di tornei a partire dal 1998, per cui per i 1979 sarebbe stato impossibile vincerne entro quel criterio d’età.
1980
Luis Horna può a buon titolo essere considerato un giocatore che ha ottenuto una buonissima carriera: oltre 6 anni da top-100, 3 titoli ATP, uno Slam in doppio, Roland Garros 2008, assieme a Pablo Cuevas, una sorta di garanzia per il suo Perù, mentre Jerome Haehnel non è stato esattamente una freccia nell’arco della federazione francese, nonostante un titolo ATP a Metz e lo scalpo di Agassi al Roland Garros. E poco altro, troppo poco.
1981
Se dovessimo giocare a “trova l’intruso”, verrebbe facile indicare Lovro Zovko: croato, è l’unico dei quattro a non essere stato in grado di elevarsi dal circuito ITF, dove ha ottenuto sei trofei. Ho indicato in bianco invece Andreas Vinciguerra, perché rispetto a quello che sarebbe potuto essere – top-100 a 18 anni, prima dei 21 già il primo ed unico titolo ATP, a Copenaghen – lo svedese ha sicuramente fallito, anche se le cause sono da attribuire quasi ed esclusivamente ai malanni fisici. Il belga Olivier Rochus è uno di quei giocatori che viene additato come esempio, poiché nonostante un fisico “normale” ha saputo recitare una parte da comprimario nel circuito ATP, con picchi sicuramente superiori rispetto al russo di Vladivostok Igor Kunitsyn, il cui unico acuto risale all’ottobre del 2008, col titolo moscovita: c’è però da dire che la bilancia del talento e della velocità d’esecuzione pendeva tutta a favore del ragazzo di Namur. Il migliore dell’annata è certamente Feliciano Lopez, simbolo di longevità dal momento che il suo best ranking risale proprio a questi giorni, elemento che si aggiunge al fatto di come sia un top-100 ininterrottamente dall’estate di 13 anni fa. Federer? Ha giocato davvero poco a livello future, altrimenti…
1982
C’è un terzetto di tennisti capaci di issarsi fino alla top-10: l’argentino David Nalbandian, vincitore del Master 2005, che vi è rimasto per 200 settimane, l’iberico Tommy Robredo, che all’attivo ha un titolo 1000, Amburgo, oltre ad altri 11 vittorie nel circuito maggiore, ed il russo Mikhail Youzhny, capace di raggiungere due semifinali agli U.S. Open (2006 e 2010); per loro il primo alloro è arrivato a 17 anni da poco compiuti. Molto buone anche le carriere di José Acasuso e Dmitry Tursunov, che casualmente condividono il best ranking, ma il russo è avanti nel computo dei tornei vinti, mentre l’unico ad aver fallito l’approdo nel tennis che conta è stato lo sloveno Andrej Kracman.
1983
Altro giocatore alla Feliciano Lopez è Gilles Muller:> mancino, votato all’attacco e assolutamente longevo, dal momento che pure il suo best ranking è datato 2015. Per lui una carriera con alti e bassi, tra vittorie eccellenti negli Slam – Nadal e Roddick tra gli altri – e ricadute causate da una spalla malconcia. Poco fortunato con la salute anche Jan Hajek, che ha saputo ritagliarsi il suo spazio, in maniera particolare sulla terra battuta, dove è stato un consueto dominatore della stagione estiva nei challenger.
1984
E’ singolare come nel 1984 siano presenti due tennisti, classificati entrambi per più di un anno nei top-10, che non hanno vissuto il loro periodo d’oro contemporaneamente: prima è scoccata l’ora di Robin Soderling, due finali al Roland Garros e 10 titoli ATP, fermato da una fastidiosa mononucleosi mentre dalla Serbia emergeva, in colpevole ritardo, Janko Tipsarevic, che ha raggiunto l’ottava posizione della graduatoria mondiale prima di venire fermato da un tumore benigno al piede. Ed è altrettanto singolare che gli altri due coscritti in grado di vincere un titolo non ancora diciottenni, Alex Bogdanovic e Todd Reid, abbiano avuto un best ranking quasi analogo, ma nessuno dei due è stato capace di passare almeno una settimana da top-100.
1985
Di tutti i giocatori compresi in questo articolo, Tomas Berdych, tra i giallo-cromati, è di certo il più forte, per cui evito ulteriori commenti, dal momento che sono ben note le sue qualità, così come quelle del suo coetaneo Marcos Baghdatis, che con un fisico solido avrebbe potuto ottenere di più, e di Nicolas Almagro, che i problemi invece li ha sempre avuti nell’attitudine mentale. Nonostante un fisico che non l’ha mai aiutato, l’israeliano Dudi Sela ha saputo issarsi ad un certo punto addirittura nei top-30, mentre i risultati di Wayne Odesnik, per quanto discreti, vengono meno davanti ai suoi comportamenti davvero poco virtuosi. Il messicano Daniel Garza, infine, non si è mai applicato allo sport professionistico al fine di diventare un tennista consolidato.
1986
Curioso come nel poker del 1986 appaia Bartolome Salva-Vidal, grande amico nonché conterraneo, di Rafa Nadal, oramai da tempo ritiratosi e mai davvero in grado di mettersi in luce ai piani alti. Stona abbastanza il suo nome se paragonato non solo a quello di Gael Monfils, che, infortuni a parte, ha messo bene in chiaro come il suo tennis possa valere quello dei top-10, ma anche di Marcel Granollers, che in maniera quasi insospettabile è riuscito a costruirsi una solida classifica da top-50, con ben quattro titoli ATP all’attivo, e di Grega Zemlja, frenato anche lui nell’ultimo biennio da una salute labile, ma capace prima, a piccoli passi, di issarsi fino alla posizione numero 43 del ranking.
1987
I quattro giocatori di questa classe sono stati capaci di passare almeno una settimana in top-50, ma le loro evoluzioni sono state ben differenti: Lukas Lacko fatica a diventare tennista da ATP a tutto tondo, per cui è spesso costretto a scendere a disputare i challenger – ma i suoi quattro anni da top-100 gli hanno evitato la coloratura di nero – Andrey Golubev è costretto ugualmente a scendere di categoria, ma ha colpi più pesanti ed un titolo in saccoccia (Amburgo 2009), mentre Santiago Giraldo è davvero salito di livello col passare del tempo. Niente di quanto detto nega però di definire Fabio Fognini, al lordo dei suoi alti e bassi, il giocatore più forte da quelli emersi dal 1987.
1988
Arrivano dalla classe 1988 ben due tennisti vincitori di Slam, perlopiù in entrambi i casi trattasi del medesimo, lo U.S. Open: Juan Martin Del Potro, campione un lustro prima rispetto a Marin Cilic. E pensare che, quando i due si misero per la prima volta in luce, sembravano non allo stesso livello del russo Evgeni Korolev, il cugino di Anna Kournikova, incapace prima di mantenere le promesse dopo il fulgido esordio, poi arresosi anzitempo ai propri infortuni (per questo è di bianco cromato). Classe comunque florida, se è possibile elencare anche due altri giocatori molto amati dal pubblico, come Ernests Gulbis e Alexandr Dolgopolov, dal tennis brillante e vario, col quale potrebbero da un momento all’altro assumere il titolo imperituro di top-10, mentre sta meritando grande rispetto, ultimamente, anche il francese Adrian Mannarino, complici alcuni successi di buon lignaggio. Non pervenuti, infine, l’indiano Sanam Singh e il nipponico Yuichi Sugita.
1989
Anche qui vale un discorso fatto prima: in età giovanile Donald Youngera imparagonabile a qualsiasi giocatore suo coetaneo, compreso Kei Nishikori, per aspettative e nelle previsioni, ma, come è noto, il tutto è naufragato ancora prima di cominciare, per cui il suo dimensionamento come top-100, ormai top-50 quasi stabile, è tutto meno che deprecabile, ma di certo non confrontabile alla top-5, gli otto titoli ATP e la finale Slam dello stesso giapponese, ormai al rango dei primissimi. Assolutamente lontano l’ex-australiano, ora britannico, Brydan Klein, mai più salito agli onori cronache dopo quel bruttissimo caso di razzismo risalente al 2009.
1990
E’ ancora prematuro stilare la lista dei bocciati, però ci sono dei dati di fatto evidenti: Marius Copil, Gastao Elias, Jonathan Eysseric e Uladzimir Ignatik, nell’anno in cui compiranno 26 anni, non hanno ancora passato una settimana nella top-100 ATP. Ed in particolare il francese e il bielorusso sono quelli ad aver accumulato il ritardo maggiore, nonostante un passato glorioso da juniores: difficilmente riescono ad imporsi a livello challenger! Il più vicino alla redenzione pare essere il portoghese Elias, apparso però troppo discontinuo, mentre il rumeno Copil non riesce a trovare valide alternative al suo potente servizio per insidiare posizioni di classifica di un certo rispetto. Meglio di loro ha sicuramente fatto Ricardas Berankis, anche se il fisico minuto non aiuta il lituano ad esprimere quel tennis che lo aveva issato al numero 1 tra gli under 18. David Goffin e Jerzy Janowicz sono indubbiamente i due prospect più interessanti, con vette da top-20 e soprattutto un tennis, per quanto differente, che potrebbe permettere loro di entrare nella top-10, traguardo attualmente però ancora troppo lontano: il polacco dovrebbe prima togliersi lo sfizio di aggiudicarsi il primo titolo ATP, il belga, di contro evitare, di entrare in periodi di sfiducia.
NATI DOPO IL 1991
In questo elenco sono compresi tennisti ampiamente nei top-50, come Kyrgios e Vesely, ma altresì giocatori che si stanno mettendo in luce in queste settimane, come per esempio il coreano Duck Hee Lee, che resta il più giovane giocatore ad aver disputato una finale futures, a 15 anni e 6 mesi.
Tuttavia, volendo tenere fede alle colorazioni apportate, che restano una cosa soggettiva dell’autore dell’articolo, se escludiamo dunque i 2 bianchi (causa infortunio) ed i 43 blu (perché è ancora troppo presto per definirne il reale valore), dei restanti 55, abbiamo ben 23 tennisti con carriere da primissimi (42%, rossi+gialli), 16 con onestissimi decorsi (29%, verdi) e 16 che hanno raggiunto risultati minimi (29%, neri). Emerge da questo elenco l’ecumenicità del tennis, con Spagna, Francia e Stati Uniti, nazioni maggiormente rappresentate, con 9 atleti, mentre l’Italia vanta Fognini e Quinzi.
Top 50 al 6 Aprile 2015
Dall’aggiornamento della graduatoria del 6 Aprile, salta agli occhi un dato: dei giocatori presenti nella top-50, ben 23 erano presenti nell’elenco dei “100 vincitori Under 18”, mentre altri 13 tennisti hanno vinto un torneo ITF prima dei 19 anni; infine ci sono i casi tipo Roger Federer, per cui all’epoca non c’era una stagione futurecosì piena da potervi prendere parte – essendo ancora agli albori – oppure Bernard Tomic, presto emerso, ma tra i più giovani finalisti in queste competizioni (prima dei 16 anni).
E’ piuttosto evidente, dunque, quanto sia attendibile vincere da molto giovani negli ITF, sebbene vi sia da tenere in considerazione una variabile, vale a dire il numero di manifestazioni, e la conseguente qualità.
(il numero del 2015 è fermo a giugno, per cui ci si attende che alla fine dell’anno siano in linea con quelli del 2014)
Rispetto ad inizio millennio, il numero, ed i conseguenti possibili vincitori, sono triplicati, per cui aggiudicarsi una competizione ad inizio anni 2000 era certamente più difficile di ora, sebbene vale un altro appunto, ovvero l’aumento della competitività di base, che ha in un certo qual senso fatto lievitare il livello medio. Questi accorgimenti sono molto utili laddove valutassimo la lista dei giocatori “in blu”: il fatto che Lee risulti il tennista che, in assoluto, ha fatto finale da più giovane, come già precisato, non significa automaticamente che su di lui vi siano attese da futuro top ten certo, sebbene sia un dato statistico da valutare, per quanto un Kyrgios, con tre anni di più, dia in un certo qual senso maggiori garanzie, ma anche un Rublev oppure un Tiafoe, mentre per quanto concerne Dimitrov, l’unico dubbio è, appunto, se riuscirà, prima o poi, a vincere uno Slam.
Per quanto dunque sia considerato “tennis minore”, il circuito ITF sa dare precise indicazioni su quale potrà essere il futuro andamento dei tornei importanti, soprattutto in un tennis sempre più fisico, dove i casi Wilander, Becker e Chang, vincitori Slam a 17 anni, sono da considerare esperienze più vicine alla fantascienza che non allo sport. Prima o poi tutti passano di qui, non è detto che tutti esplodano, ma è altresì difficile che chi diventa grande, non abbia prima vinto qualcosa a queste latitudini. Ed anche i casi Benjamin Becker e Isner, apparentemente vincitori “troppo tardi”, hanno la loro spiegazione nell’aver affrontato un percorso scolastico che ha permesso loro di diventare pro’ solo più avanti con l’età.
Non considerare il tennis minore vale a dire non considerare il tennis del futuro.
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