di Luca Brancher e Salvatore Greco
Non c’è nulla di più forte dell’amore di un genitore verso i propri figli. Spinto da questo fuoco, pochi anni dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, Eddie Herr – sì, proprio colui al quale è stato dedicato il torneo giovanile di cui vi abbiamo parlato in precedenza – comprese che non era giusto che i ragazzini, ed in particolare la figlia Suzanne, provetta tennista, faticassero a trovare manifestazioni dove mettersi alla prova, per cui organizzò una kermesse dove radunare tutti i migliori giovani d’America. Era il 1947, la competizione ebbe luogo sui campi di Flamingo Park, Miami, e col passare del tempo tale torneo prese sempre più piede, varcando i confini oceanici ed espandendosi in tutto il mondo. L’Orange Bowl, questo il nome del torneo, è a tutti gli effetti, dopo gli Slam, la competizione juniores più importante al mondo. O forse lo era.
A tal proposito, infatti, abbiamo contattato Fabio Della Vida, uno dei più noti e rinomati talent scout italiani, come dimostra la sua esperienza all’IMG, ma non solo. Della Vida, date le sue credenziali, conosce molto bene l’Orange Bowl. “Se devo essere onesto, il valore di questo torneo sta un po’ scemando, e le cause sono tra le più disparate. Inizialmente per una questione di calendario, con alternative più comode altrettanto allettanti, poi per i costi, ed infine per la crescita esponenziale dell’Australian Open. Non è un caso che sono rari gli australiani presenti in Florida: o vai all’Orange Bowl o vai in Australia, farli entrambi è sbagliato, soprattutto per la preparazione, che è difficilmente combinabile, e si finisce col rovinarsi la stagione, che è un po’ quello che è successo a Filippo Baldi 12 mesi fa. Un altro punto importante è la location: per più di 50 anni si è giocato a Flamingo Park, che è un centro vicino a South Beach, facilmente raggiungibile anche dai passanti o da semplici curiosi, l’insieme creava una bella atmosfera. Lo spostamento, avvenuto nel 1998, a Key Biscayne, dove si gioca il torneo pro’, ha allontanato la gente, le partite, che iniziano anche alle 8 di mattina, non invogliano i curiosi ad accorrere, anche perché alle 11 il programma potrebbe essere concluso. Dal 2011 il torneo ha sede fuori Miami, a Plantation, al Frank Veltri Tennis Center, struttura all’avanguardia, ma il fascino di un tempo è completamente evaporato, una volta era una sorta di Wimbledon per gli juniores, ora è una manifestazione come altre. D’altronde è il rischio che si incorre nel cambiare: per esempio il Bonfiglio, che è fedele alle origini, rimane molto popolare, anche e soprattutto all’estero.”
Sul discorso del cambio di sede c’è da fare un’importante e doverosa precisazione. Se il trasloco avvenuto alla fine dello scorso secolo era legato principalmente ad una volontà di servirsi di un centro più organizzato, la migrazione verso il Nord della Florida è frutto della volontà, emersa negli ultimi anni, di abituare i ragazzi statunitensi a misurarsi sulla terra battuta. Inizialmente nata come una manifestazione sulla terra verde americana, il passaggio a Key Biscayne l’aveva trasformata nell’ennesimo torneo su cemento, ma le ultime politiche federali hanno imposto il ritorno alle origini: il Flamingo Park, però, era divenuto vetusto e non più utilizzabile, per cui si è scelto di spostarsi ancora. “Niente può riportare l’atmosfera di un tempo, lì vicino c’era anche un ospedale psichiatrico, capitava che qualche paziente venisse a seguire le partite. Uno per 10 anni mi ha chiesto imperterrito da quale college venissi.”
E’ necessario, prima che sia troppo tardi, riferire di un’importante distinzione tra cosa si intende per Orange Bowl, che riguarda tutti i cambiamenti sopra riportati ed è la competizione con maggiore appeal internazionale, e cosa per Junior Orange Bowl. Il primo organizza i tornei under 16 ed under 18, mentre il secondo si concentra sugli under 12 ed under 14, che invece hanno mantenuto la loro base a Coral Gables e dintorni, così come in origine. Gli albi d’oro di queste manifestazioni sono pieni di giocatori che hanno poi riempito le prime pagine dei giornali specialistici, a partire da Andy Murray e Bernard Tomic (under 12 maschile), per continuare con Magdalena Maleeva, Tatiana Golovin (under 12 femminile), Charlie Passarell, Tommy Haas (under 14 maschile), Chris Evert, Justine Henin (under 14 femminile), Jim Courier, Bjorn Borg (under 16 maschile), Hana Mandlikova, Mary Joe Fernandez (under 16 femminile), fino a Roger Federer, Ivan Lendl (under 18 maschile), Elena Dementieva e Vera Zvonareva (under 18 femminile).
Non ci sono per la verità molti italiani nell’albo d’oro. Corrado Barazzuti, nel 1971 riuscì a centrare il successo nella categoria degli under 18, bissato a 14 anni di distanza da Claudio Pistolesi, mentre negli under 16 il titolo di Raffaella Reggi del 1981 è stato succeduto da due giocatori che poi non hanno evidentemente mantenuto le attese, Emanuela Sangiorgi (1992) e Dario Sciortino (1995, rimontando nientepopodimeno che Marat Safin). L’unica vittoria nello Junior è ascrivibile infine a Francesca Bentivoglio, under 14, nell’anno 1991: ad alcuni di questi giocatori dedicheremo nei prossimi giorni un articolo a parte. Sempre Della Vida ci conferma l’importanza e la validità di questo genere di competizioni, anche per i nostri connazionali. “Al netto di tutti problemi già evidenziati, resta un’esperienza validissima, perché ti ritrovi a giocare in un ambiente in cui prevale la praticità, e devi venirne fuori da solo. L’arbitraggio è di pessima qualità: ricordo che un anno due ragazzi stavano giocando, avevano iniziato da poco e si misero a litigare, fino a quando giunse il giudice arbitro, domandando quale fosse il punteggio. Entrambi ritenevano di essere avanti 4-1, per cui l’arbitro fece ripartire la contesa dal punteggio di 1 pari, e questo voleva dire che uno aveva rubato all’altro tre giochi! E’ una palestra di vita, ti devi arrangiare, infatti quello che io contesto ai nostri ragazzi è che vengono cresciuti nella bambagia, mentre lo sport è una giungla per chi vuole arrivare. Fognini quest’anno poteva entrare nei 10, ma più che attaccare la posizione si è limitato a cercare di mantenere quella ottenuta.”
Il tratto saliente di un torneo come questo sono le tante storie che s’incrociano, le tante partite a cui assisti, e che puoi dire di aver visto, anticipando e precorrendo i tempi. “L’anno in cui Diego Nargiso dominò Wimbledon juniores, venne a Miami convinto di potersi ben comportare, ed era lecito attenderselo. Doveva giocare con un americano, mai sentito apparentemente, ma dopo mezz’ora me lo ritrovai fuori dal campo, cupo in volto, perché aveva perso 6-0 6-1. Restai basito, solo poi scoprii che il giocatore con cui aveva perso era Jim Courier. Una cosa analoga capitò a Fabio Melegari, sconfitto da Sergi Bruguera.” Sono situazioni che possono capitare, ed un tempo, in cui le informazioni circolavano in maniera meno diffusa, erano all’ordine del giorno. Oggi è più dura, tutto è schedato, così come i controlli sono più serrati. “Erano anche più blande le modalità d’accesso. Ricordo che un giornalista di Sports Illustrated intervistò un ragazzo alla vigilia e gli chiese se avrebbe partecipato, sentendosi rispondere affermativamente. Il giorno in cui vennero diffusi i tabelloni, però, non lo trovò, ma fu ancora maggiore la sua sorpresa quando lo vide sul campo: si era iscritto come tennista haitiano, poichè uno degli obiettivi, per gli organizzatori, era essere rappresentati da più nazioni possibili e, questo escamotage, nonostante una classifica nazionale di tutto rispetto, gli evitò ogni ulteriore problema d’accesso. Ora questo non succede più.”
In quali acque naviga il tennis juniores negli Stati Uniti, di questi tempi ? La situazione si può riassumere con un unico termine, vale a dire confusionaria. Inevitabile, all’indomani delle dimissioni a ciel sereno di Patrick McEnroe, in concomitanza con gli ultimi U.S. Open, come se l’ennesima delusione nello Slam di casa avesse un peso inaccettabile per i vertici federali. Giampaolo Mauti, direttore tecnico alla Ricki Macci Tennis Academy, ci dà un parere che soltanto chi vede le cose da vicino può esprimere. “Quando fai un giro al Centro Federale ti sembra di camminare nel deserto, tanto che non è per nulla esagerato affermare che ci siano più tecnici che giocatori: anche Madison Keys ha recentemente lasciato la struttura, affidandosi ad un coach privato (forse Davenport), seguendo pochi mesi dopo l’esempio di Melanie Oudin. Nonostante tutto stanno costruendo un centro di proporzioni estese ad Orlando, convinti che la situazione possa mutare, anche se a mio parere le risorse economiche non andrebbero sperperate in queste operazioni architettoniche, bensì investite direttamente sui ragazzi”.
Comunque sia gli Stati Uniti possono guardare ai tabelloni dell’imminente torneo con un po’ di ottimismo, specialmente per le categorie più alte.
I tabelloni under – 18
Come abbiamo già visto per l’Eddie Herr anche all’Orange Bowl la categoria under-18 vanta nomi che già producono qualche eco su palcoscenici più alti.
Nel maschile spicca lo zarevič Andrej Rublev che ha firmato già il suo esordio in un torneo ATP, il 250 di Mosca, perdendo senza sfigurare da Sam Groth. A livello giovanile viene dalla finale nel grade 1 dello Yucatan dove ha ceduto il titolo all’americano Taylor Fritz, ma una partita sbagliata non è una valida indicazione sul suo stato di forma e sul suo valore tecnico. Sulla terra della Florida parte da favorito e testa di serie n. 1 per quello che sarà per lui, verosimilmente, il congedo dal circuito juniores.
A contendergli il titolo ci sarà sicuramente l’americano di origini russe Stefan Kozlov. Cosa non si è detto di questo sedicenne incredibilmente talentuoso? Nel 2014 ha raggiunto persino una finale Challenger a Sacramento prima di perdere dal troppo più esperto Sam Querrey e ha esordito nel circuito ATP a Valencia dove ha perso subito da Martin Klizan. A livello juniores quest’anno (e non solo) ha mancato l’appuntamento con la vittoria denotando forse il contraltare al suo tennis tecnicamente perfetto, ovvero quel pizzico di cinismo agonistico che serve per arrivare in alto. A riprova di ciò nel circuito giovanile quest’anno ha perso la finale degli Australian Open di categoria dall’altro promettente talento Alexander Zverev e quella di Wimbledon da Noah Rubin. Piccola curiosità: torna all’Orange Bowl da vicecampione in carica, anche lì lo scorso dicembre perse in finale dal francese Francis Tiafoe.
Fuori da questa accoppiata di campioncini ci saranno anche il coreano Chung e l’americano Mmoh di cui avevamo parlato nel precedente articolo sull’Eddie Herr e anche un altro interessante americano, il classe 1997 Taylor Fritz capace di vincere il torneo grade 1 dello Yucatan ai danni del succitato Rublev e un mese fa il grade A di Osaka.
La entry list femminile è pressoché la fotocopia di quella presidiata dalle leonesse che già in occasione dell’Eddie Herr avevamo segnalato come favorite assolute, vale a dire la cinese Xu, l’americana CiCi Bellis e la russa Anna Kalinskaja, oltre alle ungheresi Fanni Stollar e Dalma Galfi, che Spazio Tennis ha intervistato di recente.
I tabelloni under – 16
A guidare la acceptance list dei ragazzi under-16, a sorpresa, un tennista norvegese: Casper Ruud (nella foto), classe 1998, nel 2014 ha conquistato l’Estonian Junior Open, grade 4 su terra, è arrivato in finale alla Bytom Cup, un grade 3 polacco sempre su terra battuta e ha raggiunto le semifinali nel grade2 di Plovdiv partendo dalle qualificazioni. Giocatore in crescita e che sulla terra gioca bene, potrebbe essere un serio candidato a creare problemi alla corazzata USTA, “capitanata” da Mwendwa Mbithi, classe 1998 con un curriculum che vanta, nel 2014, un grade5 su terra conquistato in Kenya a febbraio e il Junkanoo Bowl, torneo grade4 su duro che si tiene alle Bahamas. Terzo posto in entry list per Benjamin Sigouin, canadese classe 1999, che ha vinto la Queretaro Cup, grade 4 messicano sul cemento, ma che negli ultimi tornei giocati ha racimolato varie eliminazioni al primo turno.
Interessante la presenza di Mattias Siimar, metà della coppia di gemelli Siimar che ben impressiona nel mondo del doppio juniores. A settembre ha ottenuto una interessante finale nel grade2 di Praga, torneo durante il quale ha superato anche gli azzurri Tinelli e Roberto.
Andando al femminile sembra strano parlare di una nuova Zarina Diyas quando quella in carica ha ancora solo 21 anni, ma difficile presentare diversamente la prima classificata nella entry list Gozal Ainitdinova, kazaka classe 1998, che quest’anno ha conquistato un grade5 in Qatar, su cemento, e la settimana successiva ha mancato il bis solo in finale nell’edizione dello stesso torneo in Qatar ma a livello grade 4. Ha raggiunto un’altra finale di livello a ottobre in un torneo grade3 in Malesia. Segue l’interessante classe 1998 peruviana Camila Vargas Gomez, per lei nessun trofeo quest’anno, ma una buona continuità di risultati su terra soprattutto nella prima parte di stagione con la semifinale nel grade2 di La Paz in Bolivia e i quarti di finale in Argentina, sempre in un grade2. La prima delle padrone di casa è la numero 187 del ranking juniores Helen Altick, per lei un titolo in un grade4 sul veloce a El Salvador e i quarti di finale raggiunti a Castricum nei Paesi Bassi in un torneo di livello grade 2 su terra battuta.
I tabelloni under – 14
Yshai Oliel (nella foto), che già vanta una buona posizione nel ranking europeo di categoria, è il tennista su cui, in questi giorni, si posano gli occhi degli appassionati, tutto “per colpa” dell’ottima prestazione fornita all’Eddie Herr, dove, presentatosi al via del torneo degli Under 18, ha superato le qualificazioni e si è arreso al secondo turno al cospetto della testa di serie numero 7, il coreano Oh. Tra gli altri spiccano, diversamente dal già citato torneo prologo, alcuni tra i migliori prospetti Tennis Europe come il serbo Miladinovic, numero 6 del ranking TE under 14, o il britannico Jake Hersey numero 9 della medesima classifica. Attesi anche il russo Noskin (numero 5 del ranking) già presente all’Eddie Herr, i due polacchi Michalski (11) e Dudek (14), quest’ultimo particolarmente tenuto in conto dalla federtennis polacca, ed il britannico Jake Draper (16). Fuori ranking, ma meritevole d’attenzione, l’australiano Anthony Pobyrin. Tra i ragazzi azzurri, guidati dai tecnici accompagnatori Giovanni Paolisso e Paolo Girella, il dirigente FIT Roberto Commentucci ci ha indicato come nomi interessanti quelli di Riccardo Perin, Federico Arnaboldi (cugino del più famoso Andrea) e Alessio De Bernardis, campione in carica del nostrano Lemon Bowl per la categoria under-14.
Per le ragazze guidano il carro delle favorite le due giovani tenniste russe rispettivamente numero 1 e 2 del ranking Tennis Europe di categoria, Anastasia Potapova e Olesja Pervushina. Per quanto riguarda il tennis azzurro la promettente allieva dell’IMG academy Alejandra Ruffini partirà solo dalle qualificazioni, mentre dal mondo FIT sempre con il prezioso aiuto di Commentucci, segnaliamo la presenza di Federica Cocciaretto (classe 2001), Costanza Traversi (classe 2000) e Federica Rossi (classe 2001) che quest’anno ha conquistato il Longines Future Tennis conosciuto erroneamente come “Roland Garros under 13”.
Tabelloni under – 12
Anche in questo caso la lista dei giocatori presenti è più ricca, dal punto di vista “europeo”, rispetto all’Eddie Herr, con le presenza del francese Arthur Cazaux, degli inglesi Arthur Fery – piccolo e veloce – e del suo opposto Benjamin Heynold – molto alto e dalla palla pesante – dell’iberico Angel Guerrero Melgar, del serbo Viktor Jovic, unico reduce dalll’esperienza di Bradenton, del norvegese Felix Nordby e dell’elvetico Jeffrey von den Schulenburg, che sarà accompagnato dal fratello Henry, al via nel torneo riservato ai ragazzi con meno di 14 anni. C’è un nome che spicca nell’infinita lista di partecipanti al tabellone under 12 femminile, ed è quello di Daria Frayman (nella foto), quest’anno a segno in quasi ogni torneo a cui ha preso parte, tra cui la prestigiosa manifestazione di Auray di inizio primavera, e già capace di vincere anche nella categoria superiore. Tra le poche avversarie a riuscire a batterla, in occasione della competizione di Porto San Giorgio, la britannica Holly Miriam Fischer, che difenderà la bandiera della Regina Elisabetta assieme ad altre promesse d’oltre Manica, Emma Raducanu e Indianna Spink. La Frayman, d’altro canto, potrà contare sulle capacità della sua occasionale compagna di doppio, Alina Charaeva. Altre interessanti ragazze europee sono la ceca Kristyna Lavickova, la slovena Ziva Falkner, dal fisico statuario e la mano di velluto. Buona in prospettiva l’olandese Julie Belgravier, anche se ha scarsa confidenza con la vittoria, mentre suscitano curiosità le presenze della maltese Helene Pellicano – cresciuta da Bob Brett – e della “piccola Hingis”, vale a dire la giapponese Himari Sato. Qualunque sia la fine prospettata di questo Orange Bowl le valutazioni saranno certamente diverse per ogni categoria. Difficile davvero pensare a risultati da leggere come tali per le categorie dei più giovani, come ci aveva già detto Giampaolo Mauti è più che plausibile che un ragazzino di quell’età sia in grado di dominare un torneo e uscire al primo turno a quello appena successivo.
Il discorso si fa senz’altro più interessante per le categorie maggiori, con gli under-16 che generalmente restano il meno possibile in quella fascia e appena sentono di averne i mezzi vanno a giocare da under-18 e questi ultimi che invece stanno vivendo probabilmente gli ultimi anni nella culla di bambagia che è il mondo juniores. Non è realistico che giocatori come Rublev o Kozlov trascineranno oltre la propria carriera nel circuito giovanile ancora per molto dopo aver esordito tra i grandi anche ad alti livelli. Congedarsi dal mondo junior attraverso l’Orange Bowl, magari con la vittoria del trofeo, è sicuramente affascinante e ci permette di riflettere sull’eterna questione del delicato passaggio al professionismo. Lo sa bene Kamil Majchrzak, il tennista polacco che l’anno scorso conquistò l’Eddie Herr under 18 e che ora, a distanza di dodici mesi esatti da quel successo, suda in mezzo alla polvere di un Future argentino. Il passaggio dalle soddisfazioni e le gioie di tornei vinti su palcoscenici brillanti come l’Eddie Herr o l’Orange Bowl alle sconfitte tirate su campi anonimi contro trentenni incattiviti è quanto di più significativamente duro il nostro sport prevede come crudele rito di iniziazione e al contempo di selezione naturale per i giovani che ambiscono alla carriera pro’.
Probabilmente c’è un errore di fondo che consiste nel cedimento a logiche “mediatiche” quando si predilige per i giovani una stagione con tanti tornei quasi quanto quelli dei professionisti e povera, a confronto, nello spazio lasciato alla preparazione atletica. Non è un caso poi che ci troviamo spesso e volentieri a commentare i ragazzi ai primi scambi nei circuiti maggiori elencandone i successi juniores e al contempo valutandone la gracilità fisica, basti pensare ai suddetti Majchrzak e Rublev oltre al già “grande” Aleksander Zverev. Non sta a noi lanciare stucchevoli allarmi o improbabili appelli alle istituzioni che governano il tennis mondiale, di certo vedere un ragazzo o una ragazza sulla terra dorata della Florida sollevare la coppa colma di arance con le spalle un po’ più larghe anche se con qualche torneo in meno in palmares ce lo fa immaginare più sereno ad affrontare un match con sei spettatori in un palasport kazako diviso in due campi con un telone. Perché in quei casi forse non basta un Orange Bowl a scacciare le tenebre.
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