(Cosimo Napolitano con il figlio Stefano)
di Fabio Colangelo
Conosco Cosimo Napolitano da moltissimi anni, in quanto maestro “storico” di uno dei miei più cari amici (Nicolò Cotto ndr), e pur sapendo che il mio giudizio potrebbe essere un po’ di parte a causa della stima che nutro nei suoi confronti, mi sento di poter affermare che è uno di quei personaggi che, a mio modestissimo parere, fanno più che bene al nostro sport. Tecnico competente, umile, con una passione smisurata per il tennis e con la grandissima qualità di dire sempre le cose in faccia. La sincerità è merce rara al giorno d’oggi, non solo nel nostro mondo. Da qualche anno si sta dedicando anima e corpo alla crescita tennistica di suo figlio Stefano (recente finalista nella Junior Davis Cup U16, ma già numero 100 del ranking Under 18) con un unico grande obiettivo.
COSIMO RACCONTA AI LETTORI DI SPAZIO TENNIS LA TUA STORIA NEL MONDO DEL TENNIS CHE TI HA PORTATO ORA A SEGUIRE A TEMPO PIENO TUO FIGLIO STEFANO.
Ho giocato a tennis a livelli non eccezionali, sono stato prima categoria quando questa però era allargata a 48 giocatori, ho conquistato qualche punto Atp, ma a 23 anni ho deciso di smettere per diventare maestro di tennis. Ho iniziato a Biella, partendo dalla scuola SAT, per poi crescere pian piano con un’agonistica prima formata solo dai miei ragazzi e poi anche da ragazzi che venivano da altri circoli. Ho continuato questo percorso allenando anche nel frattempo alcuni giocatori giunti intorno al 600-700 posto del ranking Atp. Purtroppo in quegli anni la dirigenza del circolo (I Faggi di Biella ndr) ha avuto qualche difficoltà, ed allora ho deciso di farmi carico della gestione di questa struttura che è piuttosto impegnativa ma che fortunatamente continua ad andare avanti. In questi anni siamo partiti con l’organizzare la tappa di un satellite fino ad arrivare ad essere nominati per due volte miglior challenger del mondo dall’Atp. Un anno il nostro 100000$ (organizzato per ben otto anni ndr) è riuscito ad avere ben 17 giocatori nei primi 100, un record di cui vado molto fiero. Ora invece ho la grande fortuna di seguire mio figlio Stefano che mi ha dato e mi da tutt’ora un entusiasmo indescrivibile.
COME E’ NATO IL VOSTRO “RAPPORTO PROFESSIONALE” E QUALI SONO STATI GLI SVILUPPI?
E’ avvenuto tutto in maniera molto naturale. In quanto maestro e direttore del circolo, avevo i miei figli sempre qui con me poiché ritenevo con mia moglie che farli crescere in un ambiente sportivo fosse la soluzione migliore. Stefano passava le giornate qui, ha iniziato con la SAT due volte a settimana, e ho voluto che fosse seguito da un altro maestro. Era giusto che imparasse a “prendere ordini” anche da altri, e soprattutto che fosse lui a chiedermi di giocare. All’età di 10 anni ha iniziato a chiedermi con insistenza di giocare perché gli piaceva moltissimo ed abbiamo iniziato ad integrare il suo bisettimanale con i sabati e le domeniche in cui lui era sempre e comunque qui al circolo. Da quel momento abbiamo iniziato a lavorare insieme e abbiamo deciso di comune accordo con la famiglia, che ci appoggia e sostiene sempre, di iniziare questo progetto insieme. Nei primi anni ho preferito che giocasse pochi tornei, soprattutto in Italia. L’ho portato spesso all’estero, sia per allenarsi che per confrontarsi con quelli che a mio avviso erano i più bravi, e dai quali c’era da imparare. Ora siamo molto contenti di quanto fatto, perché ritengo che Stefano abbia acquisito anche un’ottima educazione sportiva. E’ cosi che siamo arrivati pian piano e con molta tranquillità ad oggi.
DAL TUO PUNTO DI VISTA. COM’E’ ALLENARE IL PROPRIO FIGLIO? AVETE AVUTO DIFFICOLTA’ IN QUESTO RAPPORTO SICURAMENTE NON FACILE?
Ti confesso che nel momento in cui ho iniziato a lavorare con Stefano ho dovuto fare cento passi indietro. Lui era, ed è il protagonista di questo progetto nel quale il mio ruolo di maestro è quello di aiutarlo nella crescita tecnica e di fare da filtro in un ambiente che non è tutto rose e fiori, e come padre, insieme a mia moglie, è quello di assecondare il suo sogno. Tutto quello che chiedo è il massimo impegno in quello che fa. Nessuno stress, nessuna fretta, ma non possiamo prescindere da quello. Non abbiamo avuto grandi difficoltà in quanto lui non ha mai dato importanza al fatto che il papà non sia stato un gran giocatore, o che fosse maestro e presidente di un circolo. Abbiamo sempre lavorato in serenità spesso con l’aiuto di persone che potevano aiutarci a crescere.
A CHI TI RIFERISCI E COSA INTENDI?
Io mi reputo una persona ed un tecnico normalissimo, ma ho buoni amici in questo mondo che hanno fatto tanto, mi riferisco a Piatti, Sartori, Pistolesi e anche altri. Gli ho spesso chiesto consigli, li facevo giocare con Stefano, cercavo di imparare il più possibile. Avevo iniziato da poco con mio figlio, e ricordo che una volta Piatti mi disse prima di tutto di allenare le motivazioni. Io cerco di farlo ancora adesso, come testimonia la nostra partecipazione agli Us Open junior. Più che una trasferta tecnica è stata un’ubriacatura di emozioni. Stare a contatto con i giocatori, allenarsi con loro, è stata un’esperienza importantissima. Sempre lavorando tanto e con dedizione, quello non deve mancare mai.
COME VEDI IL GRUPPO 95-96 DI CUI TUO FIGLIO FA PARTE E SU CUI SONO RIPOSTE TANTE SPERANZE PER IL FUTURO DEL NOSTRO TENNIS?
A mio avviso siamo pieni di giovani interessanti, non solo quelli i quattro di cui si parla maggiormente (Quinzi, Donati e Baldi oltre al figlio ndr). Non faccio nomi per non dimenticarmi qualcuno ma credo che in tanti possano avere un’ottima carriera da professionisti. Alcuni sicuramente sono dei “predestinati”, mentre gli altri tra cui mio figlio devono raggiungere l’obiettivo attraverso il duro lavoro. Non ho problemi a dirlo, e non mi sarei messo in gioco se non ne fossi convinto, ma sono sicuro che Stefano coronerà il suo sogno. I risultati che stanno ottenendo ora per quanto mi riguarda non contano niente. Sono importanti come allenamento delle motivazioni, perché in una coppa Davis junior giochi in uno stadio gremito e vieni trattato come “uno vero”, ma il tennis che conta arriveranno a giocarlo tra 4-5 anni se lo avranno meritato.
OGGI (napolitano ha perso al primo turno del future di Biella 46 76 64 contro Richard Becker 690 Atp) STEFANO HA DIMOSTRATO DI POTER GIA’ COMPETERE A LIVELLO FUTURES. COME INTENDI PROGRAMMARLO DOPO CHE AVRA’ ALLE SPALLE UN ALTRO INVERNO DI ALLENAMENTO E CRESCITA?
Inizio col dirti che sono quasi contento che oggi abbia perso. So quanto avrebbe fatto piacere conquistare il primo punto in casa, ma questa sconfitta gli darà sicuramente ulteriori motivazioni nel lavoro quotidiano. Non ci interessa prendere 3-4 punti in un anno, l’obiettivo è quello, quando sarà pronto, di farne 50-60 per poter uscire al più presto dai futures. Ora l’importante è allenarsi e crescere fisicamente per i prossimi 2-3 anni. L’anno prossimo giocherà gli slam junior più altri 4 tornei di grado 1 o A e poi una quindicina tra futures e qualificazioni challenger.
SONO DUE ANNI CHE SVOLGI LA PREPARAZIONE INVERNALE A TIRRENIA. CI VUOI DIRE COSA NE PENSI DEL CENTRO E COSA ANDREBBE MIGLIORATO?
Personalmente credo che Tirrenia in Italia sia il posto ideale per allenarsi. C’è tutto quello di cui un giocatore ha bisogno, un preparatore validissimo come Pino Carnovale col quale spero Stefano continuerà a lavorare. Altre figure professionali di primo livello. Ci vuole sicuramente più motivazione da parte di tutti per fare le cose sempre meglio, ma non credo ci sia bisogno di andare da nessun altra parte ad allenarsi, e non lo dico perché ce l’ho con qualcuno. Quello che a mio avviso manca è uno o più “super-allenatori” che aiutino nella formazione e nella crescita i tecnici. Studiare alla scuola di formazione è sicuramente utile, ma poi ci vuole chi ti insegna sul campo come si fa questo mestiere. Sono favorevole all’arrivo di tutti questi ex giocatori, ma anche loro hanno bisogno di una guida, poiché aver giocato bene a tennis è un grandissimo vantaggio e può dare tanto ai ragazzi, ma non implica che uno appena smesso sia già un grande allenatore.
COSIMO PER CONCLUDERE UN PASSO INDIETRO ALLA TUA “CARRIERA” DA DIRETTORE DEL TORNEO. CHI TI AVEVA IMPRESSIONATO ANCHE SE SCONOSCIUTO E CHI TI HA INVECE DELUSO SE COSI SI PUO’ DIRE?
Ho avuto la fortuna di avere sempre un torneo di altissimo livello, Ferrer, Youzhny, Canas e tantissimi altri che ora non ricordo. Come sai, ho sempre dato i miei inviti ai giovani italiani, ma una delle pochissime eccezioni l’ho fatta per Del Potro. Quando vedi un ragazzo a 16 anni quasi due metri, magro come un chiodo, tirare a quella velocità con quella facilità e muoversi anche piuttosto bene capisci che c’è qualcosa di speciale. E mi ha fatto molto piacere quest’anno a New York che lui sia venuto a salutarmi, dopo che non lo vedevo da quel torneo, e che si sia offerto di giocare con Stefano. Questo fa capire di che pasta sono fatti i veri campioni. Non posso dire invece che qualcuno ha tradito le mie aspettative perché chi fa una carriera da 30-40 del mondo a mio avviso è comunque un fenomeno. Qualcuno forse facendo scelte diverse avrebbe potuto fare meglio ma rimangono comunque dei giocatori di tutto rispetto.
COSIMO GRAZIE PER LA TUA DISPONIBILITA’ E IN BOCCA AL LUPO PER TUTTO.
Grazie mille a te, è stato un piacere e un saluto a tutti i lettori di Spazio Tennis.
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