(Michael Llodra – Foto Nizegorodcew)
di Lorenzo Falco (Preparatore Atletico Fit di II Grado)
Cari appassionati lettori di Spazio Tennis, prende vita ufficialmente oggi, con la pubblicazione di questo articolo, il contenitore dedicato alla preparazione fisica specifica nel tennis.
Vi ringrazio per tutti i commenti che avete lasciato in occasione dell’articolo di presentazione.
Gli argomenti che svilupperò nel corso delle settimane verranno trattati con una logica e chiara progressione: prima mi occuperò degli argomenti generali (il modello prestativo, i mezzi di allenamento generali e speciali, l’ organizzazione di una seduta di allenamento, gli aspetti controversi e i suggerimenti per una corretta valutazione degli atleti in età giovanile), in seguito aprirò la discussione su precisi mezzi di allenamento (la resistenza specifica, gli esercizi di forza, l’impiego della palla zavorrata, le esercitazioni sugli appoggi tecnici, etc.).
Prima di entrare nel dettaglio dell’argomento oggetto di questo articolo, occorre premettere che lo stile di scrittura impiegato mira a creare un testo scorrevole, di facile lettura e di immediata comprensione anche per coloro che non hanno conoscenze di base sull’argomento.
I testi inoltre non saranno molto densi nè eccessivamente lunghi. E’ evidente che anche il più attento lettore si potrebbe perdere tra i copiosi e complessi paragrafi di un articolo confuso e macchinoso.
Al termine di ogni articolo sarà presente una bibliografia in cui sono citate le fonti da cui provengono le informazioni descritte nel testo.
TENNIS: IL MODELLO PRESTATIVO
Nel corso dei decenni, la metodologia dell’allenamento delle diverse discipline sportive si è evoluta in modo significativo.
Analizzando la prestazione atletica sviluppata durante la competizione si può giungere ad individuare un modello funzionale e un modello fisiologico.
Grazie alla creazione di questo paradigma si possono comprendere i fattori che caratterizzano la performance e dunque trarre importanti conseguenze applicative sul training.
L’obiettivo di questo articolo è molto chiaro: si desidera spiegare il modello prestativo del tennis; si vuole analizzare il modello fisiologico; si conclude con indicazioni molto utili a coloro che praticano il tennis in forma amatoriale.
Il modello funzionale del tennis
Per modello funzionale di uno sport si intende la descrizione analitica di quello che avviene di norma durante la competizione.
Per compiere tale descrizione ci si avvale di osservazioni dirette e di dati rilevati nell’analisi dei diversi aspetti della performance.
Il tennis può essere classificato come uno sport individuale (sebbene si pratichi anche in forma di doppio), di situazione (nonostante il colpo fondamentale più importante nel tennis sia il servizio, che risulta essere indipendente sia dall’avversario sia dalle condizioni ambientali).
E’ una disciplina di opposizione diretta, open skill e di tipo intermittente, con alternanza di brevi periodi di lavoro intenso e periodi di recupero, in gran parte fissati dal regolamento.
La durata media di una fase di gioco può essere fissata tra 4 e 8 s, con una grande variabilità dovuta alla superficie di gioco, al livello dei giocatori e alla tipologia dell’atleta.
In base al nuovo regolamento ITF viene stabilito un recupero di 20 s tra i punti, 90 s ogni due games e 120 s tra i set.
Durante ciascun punto, il tennista è chiamato a sostenere ripetuti sforzi sottomassimali, realizzati con spostamenti laterali continui (raramente frontali), ed eseguiti con sequenze di decelerazioni ed accelerazioni, scivolamenti rapidi, cambi di direzione e passi rapidi. Per ogni punto i cambi di direzione sono mediamente quattro.
Durante un match al meglio dei tre set, il tennista è chiamato a svolgere circa 300 – 500 sforzi di alta intensità con spostamenti che, per l’80 per cento dei casi, rimangono in un raggio di 2.5 metri dalla posizione di attesa.
La durata di un incontro può andare da meno di un’ora in incontri femminili, a più di quattro ore in match maschili di tornei di elevata qualificazione.
Il modello fisiologico
I dati forniti dall’analisi del modello prestativo consentono di tracciare le linee guida di quello che potrebbe essere il modello fisiologico alla base del gioco del tennis.
E’ utile riferirsi all’andamento di alcuni parametri come la frequenza cardiaca, le concentrazioni di lattato ematico e il massimo consumo di ossigeno.
In base all’osservazione delle variazioni di tali parametri si potranno costruire validi piani di allenamento.
Bisogna qui con necessità affermare che è molto riduttivo spiegare la prestazione di un atleta a partire da una sola variabile. Le grandezze atletiche lavorano in parallelo, sono concatenate e hanno confini molto sfumati.
E’ funzionale dunque verificare l’andamento dei parametri ma è assai ottimistico stilare un programma di condizionamento funzionale basandosi su poche grandezze.
la frequenza cardiaca. Le statistiche di rilevamento concludono che in un incontro di tennis la frequenza cardiaca media si aggira intorno ai 143 – 151 battiti al minuto. Questi dati tuttavia sono incompleti e non forniscono un’informazione chiara e utile.
Occorre infatti conoscere le frequenze cardiache massime degli atleti.
Se due atleti con frequenza massima di 195 e di 175 battiti rispettivamente, durante un’esercitazione, raggiungono una frequenza media di 150 battiti, il primo atleta avrà lavorato al 77 %, mentre l’altro al 97 % del proprio massimo. I due atleti hanno sollecitato il loro organismo in maniera differente.
Si pone poi il problema, comune a molti sport: l’indagine della frequenza cardiaca massima.
I test da campo sono affidabili, le formule statistiche meno. La motivazione dell’atleta a eseguire il test è molto determinante.
All’allenatore e al preparatore fisico interessa dunque conoscere a quale percentuale della frequenza cardiaca massima l’atleta si è espresso in alcune fasi del match.
le concentrazioni di lattato ematico. Durante gli scambi particolarmente intensi e prolungati, o quando gli sforzi si sommano, con recupero incompleto, anche il meccanismo anaerobico lattacido interviene per fornire energia al sistema atletico.
Il contributo lattacido non è assente.
I valori elevati di lattato tuttavia sono da considerarsi molto rari, riferiti a scambi prolungati in punti consecutivi, tra giocatori di elevata qualificazione, con uno stile di gioco difensivo/controffensivo, durante match professionistici giocati prevalentemente su terra. Si può concludere che il lavoro atletico a quantità considerevoli di lattato ematico non è una condizione allenante da ricercare nel tennista.
il consumo di ossigeno. Tutta l’energia fornita inizialmente attraverso meccanismi anaerobici contribuisce a creare il debito di ossigeno. Al termine del lavoro ad alta intensità il sistema aerobico, tramite l’aumento degli indici respiratori, va a ripagare, almeno in parte, il debito contratto in precedenza. In questa fase agiscono i sistemi tampone, si risintetizza il creatinfosfato e si elimina buona parte del lattato, secondo il meccanismo del semipagamento. Da queste osservazioni si può dedurre che una grande potenza aerobica consentirebbe al tennista di recuperare più rapidamente e di esprimersi per elevati livelli durante l’incontro.
Il massimo consumo di ossigeno misurato in giocatori di livello nazionale ed internazionale è decisamente maggiore rispetto ai giocatori di interesse regionale o di club.
Il massimo consumo di ossigeno in ambito fisiologico è strettamente dipendente dalla gittata cardiaca massima (quantità di sangue espulsa dal ventricolo nell’intervallo di tempo, data dal prodotto tra la gittata sistolica e la frequenza cardiaca) e dalla differenza artero – venosa massima (ovvero la capacità del sistema muscolare e periferico di estrarre l’ossigeno dal sangue arterioso).
L’intervento dei sistemi energetici
L’analisi e la comprensione del modello funzionale e del modello fisiologico consentono di affrontare con maggiore precisione le dinamiche di intervento dei diversi meccanismi energetici.
I meccanismi che consentono di fornire energia necessaria al lavoro muscolare non intervengono in serie ma in parallelo.
E’ assolutamente errato affermare che un sistema lavora in forma indipendente dagli altri.
A seconda del tipo di superficie e di giocatore, si hanno periodi di lavoro con connotazioni più esplosive (servizio e volée) o più resistenti (scambi prolungati); ad essi segue sempre un recupero che, nella maggioranza dei casi è di durata prestabilita.
Questa considerazione rende complicata la trattazione precisa dell’intervento dei meccanismi energetici nel gioco del tennis in cui, inoltre, la componente tecnica – strategica – tattica risulta essere prevalente.
Il tennista ideale, dal punto di vista metabolico dovrebbe possedere grandi doti anaerobiche (alattacide, ma in parte anche lattacide) per fornire energia nel breve, e importanti qualità aerobiche per consentire il massimo recupero nei 20 s a sua disposizione e contribuire alla fornitura di energia in momenti di intensità media.
Il sistema ATP – PCr – Mioglobina
Durante ogni punto l’energia viene inizialmente ottenuta, oltre che dall’ATP precostituito, attraverso la degradazione della fosfocreatina e in parte dall’ossigeno ceduto a livello locale dalla mioglobina. Occorre approndire l’interazione tra i vari sistemi energetici.
Di forte interesse è lo studio del rapporto tra produzione di energia nei periodi di sforzo ripetuto e processi di rigenerazione nel recupero.
In fase di sforzi massimali il sistema ATP – PCr – MIOGLOBINA è in grado di fornire energia per pochi secondi (5-6 s). In uno sport di natura intermittente risulta importante poter disporre della massima efficienza possibile per questo meccanismo, al fine di reiterare momenti di gioco ad impegno elevato, senza che la qualità cali in modo sensibile.
E’ essenziale ottimizzare al massimo le componenti del recupero.
Uno dei fattori che occorre considerare è il tasso di risintesi della fosfocreatina.
Il tempo di semirisintesi, ovvero il tempo necessario a ricostituire la metà di ciò che si è consumato è compreso tra 25 e 30 s.
Questo tempo risulta essere significativamente minore in atleti allenati negli sprint con valori medi di 22,5 secondi.
Il tempo di recupero a disposizione tra i punti non è sempre sufficiente per ricostruire la fosfocreatina utilizzata ma, grazie ad opportune scelte del preparatore fisico e del tecnico in campo, è possibile allenare il meccanismo che può aiutare la percentuale di risintesi della fosfocreatina.
Il meccanismo anaerobico lattacido
Se il recupero del sistema della fosfocreatina dovesse risultare incompleto, è possibile che, in uno scambio particolarmente lungo, in situazioni di grande intensità in successione, possa intervenire il meccanismo lattacido. Queste situazioni di gara non sono molto frequenti e dipendono dal tipo di gara, dalla tattica e dal valore dei giocatori coinvolti.
Il meccanismo aerobico
Il ruolo rivestito dal meccanismo aerobico nel recupero tra un punto e l’altro è fondamentale. La pratica sul campo suggerisce che un giocatore con un meccanismo aerobico efficiente è più abile a recuperare tra i punti, ma anche tra i match e tra i tornei, rispetto ad un altro con un meccanismo non altrettanto performante.
Occorre segnalare i numerosi studi che mostrano che l’apporto e la disponibilità di ossigeno non costituiscono un fattore limitante la prestazione, come invece potrebbe essere per i meccanismi di estrazione e di utilizzo dell’ossigeno a livello muscolare.
Quando si procede dunque alla stesura di programmi di preparazione fisica è assolutamente vietato sbagliare il target fisiologico dell’allenamento. Per compiere questo bisogna unire l’esperienza sul campo con l’analisi della letteratura scientifica più recente.
Il dispendio energetico
Un altro fattore metabolico che riveste una considerevole importanza, soprattutto nell’ottica salutistica e nel controllo del peso corporeo è il consumo calorico.
Questo aspetto è molto valutato da coloro che praticano il tennis in forma amatoriale, dilettantistica e ricreativa.
Questo gruppo di persone è attratto dalla pratica sportiva con una precisa ricerca della forma atletica generale e un attento controllo della massa grassa.
Ogni sportivo dilettante tende a sopravvalutare il consumo energetico del proprio sport. Questo errore nella corretta valutazione del dispendio è determinante perchè il soggetto tende a sovraalimentarsi al termine della gara o dell’allenamento.
E’ evidente dunque che crollano gli obiettivi salutistici che sono alla base di una corretta pratica sportiva in campo ricreativo e dilettantistico.
La tabella sottostante illustra il consumo energetico, in termini di calorie per un’ora di gioco effettivo, reale, in relazione al peso corporeo.
IL TENNIS AMATORIALE DI CLUB: COME AFFRONTARLO
(Foto Nizegorodcew)
Il tennis, come già affermato, è uno sport intermittente.
E’ difficile stimare correttamente il dispendio energetico a causa delle pause continue intervallate ad azioni veloci ed esplosive.
Si può tuttavia distinguere un tennis ricreativo, giocato prevalentemente da fermo, con poca mobilità e rari spostamenti vigorosi, da un tennis agonistico, praticato con una buona tecnica, in cui è facile osservare un impegno di gioco abbastanza sostenuto.
Il tennis è uno sport praticato da moltissime persone in ambito amatoriale nei club tennistici.
La maggior parte dei soggetti che lo praticano desidera controllare la propria salute sportiva, mantenersi in forma e rallentare gli effetti dell’invecchiamento.
Il tennis è utile alla salute di chi lo pratica se si tengono in considerazione una serie di variabili. Non basta infatti praticarlo spesso, in modo incostante, per ottenere benefici salutistici accettabili.
la frequenza. la disponibilità del campo e dell’avversario possono limitare molto un piano di allenamento decente.
Qualunque sport salutisticamente accettabile non può essere praticato a sprazzi.
il livello e l’intensità di gioco. se è basso, è veramente difficile che serva a qualcosa perché si passa la maggior parte del tempo a raccogliere le palline a terra. Questa affermazione si può verificare controllando la tabella del dispendio calorico.
Chi pratica un agonismo avanzato commette pochi errori, gioca con attenzione e prolunga lo scambio. Per questi motivi spende molto e ottiene benefici.
lo stile di gioco. in campo amatoriale molti tennisti sopperiscono con la tecnica alle carenze atletiche, cioè “corrono” veramente poco; altri sono convinti che la forza sia l’arma vincente e finiscono per potenziarsi oltre misura. I primi in genere non sono nemmeno motivati ad affiancare il tennis con altre attività più allenanti (come la corsa); i secondi, a causa dello sviluppo di grandi masse muscolari, sono comunque penalizzati ogniqualvolta si tratti di eseguire allenamenti alternativi aerobici di resistenza o anche semplicemente anaerobici prolungati (non a caso sono quei tennisti che dopo uno scambio lungo e intenso hanno i muscoli pieni di acido lattico, un fiatone terribile e perdono lucidità). Lo stile di gioco più salutistico è quello che unisce tecnica e forza resistente, come si trova in molti (ma non in tutti) grandi giocatori.
l’impegno agonistico. anche se praticato a livello amatoriale, c’è una grande differenza fra chi fa gare e chi si limita a giocare con gli amici, anche se lo fa spesso. Negli agonisti è ben presente il concetto di allenamento e la conoscenza di validi mezzi allenanti complementari al tennis. La preparazione atletica dell’agonista parallela alla pratica del tennis consente, anche con 4-5 ore settimanali sul campo, di avere potenzialmente un discreto allenamento. L’amatore che si diverte giocando senza aggiungere altre attività dovrebbe arrivare almeno a 8-10 ore per avere un carico di lavoro salutisticamente valido.
la coordinazione. alcuni sottolineano l’importanza della coordinazione, dell’attenzione e della concentrazione che nel tennis devono essere massime. Paradossalmente si deve dire che sono qualità che servono molto di più in età avanzata che da ragazzi o da adulti. Pensiamo al ping pong o agli scacchi, dove praticamente lo sforzo fisico è assente: per un ventenne hanno una valenza salutistica minima, mentre per un sessantenne consentono di preservare molte e importanti funzioni nervose e neuromuscolari.
Conclusioni
Come molti altri sport (calcio in primis), il tennis ha una valenza salutistica tanto maggiore quanto più è praticato a livello professionistico, mentre a livello amatoriale può essere solo concepito come addizionale (a fini ludici, quindi non integrativo) a un programma atletico più performante.
Se il soggetto desidera praticare il tennis con finalità salutistiche valide ha due possibilità : svolgere 10 ore di allenamenti settimanali sul campo (difficili da gestire per chi è impegnato in altre occupazioni lavorative e spesso riesce a giocare nei ritagli di tempo) oppure abbinare sapientemente il tennis, praticato per 4 ore settimanali sul campo, ad una attività di corsa generale aerobica e anaerobica specifiche per 2 – 3 ore settimanali.
Se un amatore ha il tempo ridotto per allenarsi è inutile, dunque, che sprechi ore in palestra per potenziarsi. E’ opportuno che impegni il proprio fisico per attività atletiche dispendiose, efficaci e salutisticamente valide.
(Lorenzo Falco)
Bibliografia
1. AA.VV. Modello prestativo e preparazione nel gioco del tennis, SDS n. 74/2007, Calzetti e Mariucci, Perugia.
2. Albanesi R., www.albanesi.it nella sezione Attività salutistica sportiva
3. Kovacs M.S., Applied physiology of tennis performance, Br. J. Sport Med, 2006 p. 381-386
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