L’intervista di oggi è da non perdere! Il nostro Fabio Colangelo ha intervistato uno dei personaggi del momento: il giamaicano Dustin Brown. Ogni tennista fa storia a sè, ma è quantomeno particolare leggere i racconti di chi, durante tutto l’inizio della sua carriera, non ha avuto un preparatore ateltico (chi ha visto Dustin dal vivo si dirà: non ne ha mai avuto bisogno!) né un allenatore che lo seguisse con lui in camper! Dustin, classe 1984, dopo una vita passata tra i futures di tutto il mondo, è riuscito a fare il salto di qualità, spingendosi fino al numero 130 Atp, grazie ad alcuni risultati sorprendenti; da sottolineare, in particolare, i quarti di finale raggiunti nel torneo Atp di Johannesburg, durante il quale ha superato l’ostico svizzero Marco Chiudinelli. Dal punto di vista tattico Brown, che come spiega Congy ha sempre giocato un po’ a caso, ha finalmente trovato la quadratura del cerchio. L’obiettivo, un tempo inarrivabile, di arrivare tra i Top-100, è ormai ad un passo.
di Fabio Colangelo
Allora Dustin, partiamo dal raccontare la tua storia che è piuttosto particolare….
“Sono nato in Germania da madre tedesca e padre giamaicano, dread anche lui come me. Ci tengo subito a precisare che i miei genitori sono delle persone straordinarie e che se nella vita sono riuscito a realizzare il mio sogno è solo grazie a loro. Sono cresciuto sotto l’influenza di due splendide culture ma completamente differenti e i miei genitori hanno sempre voluto che fosse così. Considera che, anche se pranziamo tutti e tre insieme, parlo un misto di inglese e slang jamaicano con papà, e tedesco con mia mamma. E’ sempre stato così e ne sono felice. Ho iniziato a giocare all’età di 5 anni in Germania e a 12 ci siamo trasferiti in Jamaica. All’inizio vivevo in un paesino in mezzo al nulla; ogni giorno era una gran fatica per raggiungere la capitale dove andavo a scuola e coltivavo la mia grandissima passione. E’ stato per via di questa mia infinita voglia di giocare a tennis che ci siamo trasferiti a Montego Bay dove le cose erano meno complicate….“
Spiegaci però come ti sei potuto allenare e come hai sviluppato il tuo gioco in un paese non proprio famoso per la sua tradizione tennistica.
“In effetti hai ragione; il tennis era, ed è tuttora, uno sport pressochè sconosciuto. Viviamo di atletica, cricket e football e quindi mi sono dovuto arrangiare con quello che trovavo. Non esistono come in Europa circoli con maestri e scuole tennis, quindi mi recavo dove trovavo dei campi e cercavo di giocare il più possibile con chi trovavo la in quel momento. Non ho mai ricevuto in quel periodo un regolare insegnamento. (ecco che si spiega aggiungo io il suo modo di giocare piuttosto casuale; ndr). Nonostante tutto, in quegli anni ho giocato e vinto praticamente tutti i pochissimi tornei che venivano organizzati e sono diventato il numero 1 del mio gruppo d’età.”
Immagino che a quel punto la federazione si sia “accorta di te” e ti abbia aiutato nella tua crescita.
“Macchè!! Non ho ricevuto nessun aiuto, a parte quello dei miei genitori che si sono impegnati fortemente per trovarmi dei fondi che mi permettessero di giocare. Avevo 17 anni e nessuna intenzione di mollare. Con un pò di fortuna sono riuscito a giocare qualche torneo junior, ho ottenuto discreti risultati (ha disputato sia Wimbledon che Us Open; ndr) e ho chiuso la mia breve ma importante carriera junior al numero 61.”
E poi cosa è successo?
“In questo caso devo ammettere di essere stato molto fortunato, poichè, nel 2002, mentre stavo chiudendo il mio percorso junior, un ex giocatore jamaicano di coppa Davis, Richard Russel, ha organizzato una serie di 22 tornei futures nel mio paese, grazie ai quali sono riuscito a muovere i miei primi passi nel mondo del tennis professionistico senza dover sostenere alcuna spesa! Grazie ai buoni risultati ottenuti in quei tornei, nel 2003 ho anche disputato i miei primi match di coppa Davis e ho continuato l’attività professionistica sempre grazie ai 10.000$ di casa (scesi però a 12 come numero) e a tre futures giocati a marzo nel caldo Canada!”
Ricordo però che dal 2004 i tornei in Jamaica furono cancellati, visto che volevo giocarli dopo gli splendidi racconti ricevuti sul tuo paese dai fortunati che vi avevano giocato in quei due anni. Come hai fatto a quel punto?
“Quello fu probabilmente il momento chiave della mia carriera. Come ricordi tu, smisero di organizzare tornei e quindi chiesi alla federazione un aiuto per poter continuare a vivere il mio sogno e a giocare a tennis. Nessuno si interessò alla mia causa, sembrarono non ascoltarmi nemmeno, per cui rinunciai a giocare la coppa Davis e venni di fatto ripudiato dalla federazione. Considera che fino a due mesi fa non veniva data nessuna notizia di me e dei miei risultati. E’ solo da poche settimane che si inizia a parlare di me in Jamaica, ma solo grazie a una nuova generazione di reporter più seri dei precedenti, non certo grazie alla federazione che mi pubblicizza! A quel punto i miei genitori fecero l’ennesimo sforzo per aiutarmi e mi comprarono un camper in Europa, col quale, come ben sai, ho girato per anni. (Lo ricordo benissimo! Quando arrivavi a un torneo e vedevi un camper targato Germania nel parcheggio del circolo, capivi che c’era Dustin al torneo! ndr) I primi tempi furono molto duri, non avevo sponsor, circoli per i quali giocare a squadre, i miei avevano esaurito le risorse per aiutarmi. Potevo permettermi un torneo solo se quanto guadagnato la settimana precedente mi permetteva di sostenere le spese.”
Però ce l’hai fatta….
“Fortunatamente si! Ho tenuto duro e soprattutto da maggio dello scorso anno, dopo aver raggiunto, dalle qualificazioni, la finale del challenger di Baden Baden, c’è stata una vera e propria svolta nella mia carriera. Mi sono potuto permettere di giocare tornei che prima non potevo disputare, ho iniziato a giocare e battere giocatori sempre più forti. La mia fiducia cresceva sempre di più e di conseguenza il mio livello di gioco. Da quel torneo ho disputato altre quattro finali a livello challenger vincendone una, e dopo una “vita di futures” mi sono ritrovato numero 144 a fine anno.”
C’è un giocatore al quale ti sei ispirato o che ti piace particolarmente?
“Mi è sempre piaciuto Marat Safin. Sia per il suo modo di giocare, sia per il fatto che avevo saputo che anche lui ebbe parecchie difficoltà simili alle mie per poter crescere e raggiungere i suoi obiettivi. Questo mi ha sempre aiutato e dato molta forza in tutti quei momenti in cui le cose non andavano per il meglio.”
Dustin chiuderei con la classica domanda sui programmi futuri e sui tuoi obiettivi per questa stagione.
“Dopo il torneo di Bergamo giocherò il ricco challenger di Belgrado e successivamente mi recherò negli Stati Uniti per giocare Indian Wells e Key Biscaine. Dopo di che stavo pensando di giocare dei Challenger tra il centro e sud America ma devo ancora decidere. Il mio primo obiettivo è raggiungere i primi 100 in tempo per poter giocare Wimbledon senza dover passare attraverso le qualificazioni.”
Grazie mille Dustin, gentile e disponibile come sempre! Spero tu possa raggiungere il tuo obiettivo quanto prima perchè te lo meriti!
“Figurati Fabio, grazie a te e un saluto a tutti gli appassionati italiani, che mi hanno sempre sostenuto nei miei numerosi tornei nel tuo paese!“
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